Prossimo capitolo, il processo per mafia a Palermo

Prossimo capitolo, il processo per mafia a Palermo Prossimo capitolo, il processo per mafia a Palermo Il giudice Ingroia: la sentenza di Perugia smentisce il luogo comune che i potenti sono sempre assolti LI rio Abbate corrispondente da PALERMO La notizia che arriva a Palermo dall'aula della Corte d'Assise d'Appello di Perugia «deve essere ancora metabolizzata» dai magistrati che hanno indagato e poi processato per associazione mafiosa il senatore a vita Giulio Andreotti. La condanna a 24 anni dell'ex presidente del Consiglio riaccende i riflettori sul dibattimento di secondo grado che si svolge a Palermo e che in questi mesi si è trascinato, in silenzio, in una piccola aula del primo piano del palazzo di giustizia, dove lo spazio riservato al pubblico è rimasto sempre deserto. La nuova valutazione delle prove fatte dai giudici perugini potrebbero avere dei riflessi sul processo d'appello in cui Andreotti è indicato come un referente politico di Cosa nostra e per il quale nell'ottobre del 1999 è stato assolto. Nelle due inchieste (la prima per mafia, l'altra per omicidio) i magistrati hanno utilizzato gli stessi collaboratori di giustizia, come Tommaso Buscetta e Salvatore Cancemi, sulla cui attendibilità i giudici sembrano non aver mai avuto dubbi. Erano incerti, invece, i riscontri alle loro dichiarazioni. E proprio.su questi punti si basavanoJe due sentenze di assoluzione di primo grado. Se una di essa adesso è stata ribaltata, è segno che qualche riscontro può essere stato valutato diversamente dalla Corte. Entro l'anno è probabile che il collegio della Corte d'Appello di Palermo, presieduto da Salvatore Scaduti, possa emettere la sentenza. Nelle due prossime udienze, la prima fissata per il 28 novembre, sono previste le ultime arringhe delle difesa che ha preannunciato il deposito di una maxi memoria di oltre mille pagine nelle quali i legali, fisseranno le loro tesi in merito ai singoli capitoli della vicenda giudiziaria. I sostituti procuratori generali, Daniela Giglio e Annamaria Leone, hanno chiesto il 14 marzo scorso la condanna a dieci armi per Andreotti. I difensori del senatore a vita hanno cercato, durante il processo, di tenere separati i due procedimenti. La condanna, però, secondo l'avvocato Gioacchino Sbacchi che a Palermo difende Andreotti insieme al collega Franco Coppi, «è una follia». Secondo Antonio Ingroia, segretario di Md a Palermo e pm del processo al senatore Marcello DellUtri, (di merito della vicenda sarà valutato con la lettura delle motivazioni della sentenza; questa condanna smentisce un luogo comune che si stava diffondendo fra i cittadini: che ci sono due pesi e due misure e che gli imputati considerati potenti dovevano essere sempre e inesorabilmente assolti». «Credo comunque - aggiunge - che questa sentenza vada accolta in modo molto pacato, contrariamente a come è stata accolta la notizia dell'assoluzione di questo processo e di quello che si è svolto a Palermo. In quell'occasione, prima ancora di conoscere le motivazioni della sentenza, c'è stata ima criminalizzazione^ ingiusta dei pm che avevano sostenuto l'accusa nel processo al senatore, imputato di associazione mafiosa». Per Ingroia »il processo che si è chiuso a Perugia è un caso, come quello di Palermo dice - non ancora definitivo e dove la parola fine verrà posta dalla Cassazione». Dello stesso avviso è Massimo Russo presidente della sezione delTAnm di Palermo. D magistrato invita tutti ad attendere la sentenza definitiva prima di commentare le decisioni dei giudici. «Il solo commento che si può fare davanti ad una sentenza di assoluzione o di condanna - dice Russo - è quello di invitare tutti a leggerne le motivazioni e attendere che essa diventi irrevocabile prima di dare giudizi sulla responsabilità deU'imputato».