Dalla lezione jugoslava ombre inquietanti sul futuro dell'Iraq

Dalla lezione jugoslava ombre inquietanti sul futuro dell'Iraq LA PROMESSA PI WASHINGTON DI PORTARE LA DEMOCRAZIA NEL PAESE LIBERATO Dalla lezione jugoslava ombre inquietanti sul futuro dell'Iraq Il disimpegno americano nei Balcani rischia di essere un modello negativo anche per il dopo-Raiss analisi Russ Baker BELGRADO LA promessa dell'Amministrazione Bush di creare un paradiso democratico in un Iraq del dopo-Saddam è cosa reale o soltanto un modo di «vendere» la guerra? Per rispondere a questa cruciale domanda, faremmo bene a riesaminare recenti esperienze altrove. L'Afghanistan potrebbe ancora riservare qualche sorpresa, ma per ora gli intrattabili problemi societari di quel Paese sembrano del tutto al di là della visione o dell'impegno americano, siano essi finanziari o morali. Per ora un miglior modello per formulare previsioni potrebbe essere l'ex Jugoslavia, un Paese fondamentalmente moderno con ima discreta infrastruttura e una popola¬ zione relativamente progredita, dove Washington ha avuto alcuni anni eh tempo per introdurre riforme. Eppure se essa è indicativa dell'impegno Usa dopo la fine dei bombardamenti, quella del futuro Iraq ntm sarà una bella immagine. Su quasi tutti i fronti pace e prosperità, trasformazione e trasparenza, democrazia e fiducia pubblica - sembra di essere quanto mai lontani dall'obiettivo. Sono stati talmente pochi i serbi alle urne per le prime elezioni presidenziali del dopo-Milosevic, svoltesi a ottobre, che il risultato è stato dichiarato nullo. Nessuno dei due maggiori candidati ha parlato onestamente dei crimini di 'guerra o ha discusso modi di garantire una duratura pace regionale. A prevalere sono stati retorica nazionalista, apatia e scetticismo. I militari conservano indiscusso potere e autonomia. Gli ex compa- ri di Milosevic, sospettati di complicità nei crimini di guerra, restano in una posizione di potere. Lo sforzo per creare un mercato libero è guidato da uh primo ministro sospettato di essersi arricchito con i suoi amici. Monopoli e uomini d'affari di stampo mafioso dominano molte industrie. In Bosnia, anziché garantire pace e sicurezza, le truppe Usa sono state impiegate per la cosiddetta «protezione della forza». Gli alti gradi milita¬ ri possono vantarsi del fatto che questa politica, finora, ha evitato qualsiasi attacco ai soldati americani. Ma che altro ha conseguito quella missione? Il primo comandante Usa delle forze alleate ha dichiarato che unica responsabilità delle truppe sarebbe stato di separare i combattenti e ha sostenuto - incorrettamente - di non avere alcun mandato per catturare criminali di guerra. Con alcune notevoli eccezioni, le truppe in Bosnia hanno ripetutamente evitato di assumere significative iniziative. Sono state persino costrette a ritirarsi di fronte a folle che scagliavano pietre. Unità fondamentaliste musulmane hanno operato nel settore Usa almeno dal 1995 fino all'Il settembre, ma le truppe americane hanno rifiutato di pattugliare i villaggi o agire contro quei combattenti, men che mai cacciarli, come avrebbero dovuto fare, stando ai termini degli accordi di Dayton. Nonostante la creazione, sulla carta, di un governo centrale multietnico, oggi la Bosnia è di fatto retta da tre diversi governi nazionalisti: uno serbo, uno croato, uno musulmano. I «cattivi», signori della guerra e settaristi, sono rimasti dov'erano. Le elezioni locali sono state un disastro. E senza protezione militare si è fatto scarso progresso per ciò che riguarda il ritomo dei rifugiati, ingrediente essenziale se si vuole stabilizzare la regione. In mesi recenti un vigoroso commissario dell'Onu ha cercato di porre rimedio alla situazione e, nel Kosovo, sembra esserci uno sforzo congiunto per imparare dagli errori della Bosnia. Ma in entrambe quelle località restano gli stessi problemi politici, le strutture per la modernizzazione mancano, non c'è virtualmente alcuna prospettiva di riforma economica e le risorse stanno esaurendosi. Ancor più importante è che, alla luce di discussioni su come emulare in Iraq un'occupazione di stile giapponese l'indomani della seconda guerra mondiale, l'interesse di Washington per i Balcani sembra svanire rapidamente. Mentre i diplomatici Usa e le Ong intemazionali fanno un encomiabile sforzo, senza un impegno completo della Casa Bianca è difficile fare progressi. Sulla base delle esperienze di qui, si può davvero credere che le forze Usa siano in grado di localizzare e rimuovere i «criminali di guerra» che hanno contribuito a perpetuare il regno di terrore di Saddam? Gli Usa faranno ciò che è necessario per sostituire funzionari regionali e locali che si alleano con elementi criminali per un utile personale, o addirittura impedire a ciò che resta dell'elite militare di Saddam e della sua polizia segreta di stabilire feudi e bloccare ogni cambiamento? L'Iraq, Paese a maggioranza sciita, è controllato dalla sua minoranza sunnita; i curdi, a lungo repressi, vogliono una patria. Che cosa ci vorrà per sopprimere le rivalità religiose ed etniche che presumibilmente emergeranno nel vuoto creato dalla caduta di Saddam? L'evidenza dei Balcani e dell'Afghanistan suggerisce che Washington non sosterrà l'intera operazione. Possiamo allora dipendere dalle Lega Araba? In Serbia, almeno, esisteva una vigorosa opposizione. Ma in Iraq non c'è nulla del genere, e la leadership della comunità in esilio ispira gravi dubbi fra gli oservatori. Se l'Amministrazione Bush non è disposta a concentrarsi sul difficile lavoro da fare nell'ex Jugoslavia, chi può credere per un solo secondo che si impegnerà a trasformare l'Iraq in una storia di successo? ln Serbia e Bosnia i signori della guerra sono rimasti al loro posto Presumibilmente lo stesso accadrà nel Golfo Su quasi tutti i fronti pace e prosperità trasformazione e trasparenza sono un obiettivo lontano

Persone citate: Bush, Milosevic, Paese Liberato, Russ Baker