Indulto, si allarga il cartello di chi spera nel Papa di Giacomo Galeazzi

Indulto, si allarga il cartello di chi spera nel Papa POLEMICHE SULLA GRAZIA A SOPRI DOPO LA RICHIESTA DI BERLUSCONI Indulto, si allarga il cartello di chi spera nel Papa detenuti di Rebibbia al Pontefice: «Chieda un atto di clemenza» Giacomo Galeazzi CITTA'DEL VATICANO Il perseguimenti della concordia sociale e la ricerca sincera del bene comune; l'attenzione alla bioetica, alla famiglia, alla scuola, alla condizione degli afflitti, dei carcerati; le radici cristiane dell'Italia nel panorama europeo. Il discorso che dopodomani il Papa pronuncerà a Montecitorio non è ancora ultimato e sarà limato dalla Segreteria di Stato fino all'immediata vigilia. Intanto, però, cresce la curiosità, dentro e fuori il Palazzo per ciò che Giovanni Paolo n dirà ai due rami del Parlamento riuniti in seduta comune. Da più parti si attende che le sue parole sulle sacche di sofferenza nella società italiana e sul disagio nelle carceri diano la stura ad un provvedimento di amnistia o di indulto. Ieri i 1.600 detenuti e i 16 cappellani di Rebibbia hanno fatto arrivare in Vati¬ cano una lettera in cui chiedono proprio che il Papa implori Un gesto di clemenza pericarceratiitaliani. «Sarto Padre, abbia pietà di noi, ci aiutiscrivono- a riportare a galla quell'immagine di Dio che è stampata nel nostro cuore, chiedendo ancora una volta un gesto di clemenza ai nostri governanti, nel giorno in cui si rivolgerà ai parlamentari. Indulto ed amnistia non rappresentano certo la soluzione di tutti i mali, ma in questo momento storico regalerebbero quel poco di respiro, di spazio, di aria sufficienti a ridare speranza a quanti vogliono sì espiare la propria pena, ma con dignità e nel rispetto delle regole». Convinto del ruolo che l'Italia può svolgere per la pace nel Mediterraneo, il Papa proporrà ai parlamentari riflessioni di alto profilo sull'etica in politica e sul ruolo del nostro paese nell'Europa che verrà. L'occa¬ sione si colloca in un quadro di rapporti tra le due sponde del Tevere che in Vaticano vengono definiti (molto buoni», al riparo da ogni forma di ingerenza negli affari interni della Repubblica italiana, «Tra deputati e senatori c'è molto fermento -osserva il vescovo Rino Fisichella, da sette anni cappellano di Montecitorio- anche alla luce del fatto che il nostro Paese, per la presenza della Santa Sede, rappresenta un unicum nel panorama intemazionale». Secondo il senatore a vita Giulio Andreotti la visita di Karol Wojtyla ha un valore storico per tutti ma in modo particolare per la storia di Roma. La questione romana, a suo parere, era ?à terminata nel 1929 con i Patti ateranensi. Giovedi,quindi, si chiude definitivamente, con un doppio giro di chiave, una vicenda storica che ha le sue luci e le sue ombre, «ma che oggi è definitivamente superata, archivia¬ ta con un ulteriore sigillo». Nel mondo politico, però, si cerca di leggere politicamente l'evento. «Sarà un caso- osserva il ministro del Welfare, Roberto Maroni- però l'arrivo del Pontefice in Parlamento coincide con lo sforzo che il govemo sta facendo sui temi che sono cari alla tradizione cattolica e su cui si è molto speso il Vaticano tra cui la famiglia intesa come società naturale fondata sul matrimonio. Una coincidenza singolare ma importante, che rende ancora più interessante ascoltare ciò che Giovanni Paolo n ci dirà». Di certo sarà un discorso di principi e di valori, lontano dai toni strettamente diplomatici senza però entrare nello specifico delle scelte contingenti che deputati e senatori si apprestano a compiere. Tra i contenuti-chiave dovrebbero esserci pure la libertà e la tolleranza garantite dalla Repubblica al magistero della Chiesa, il rispetto della vita, la pace fra i popoli, i limiti alla ricerca scientifica. Intanto dal mondo cattolico arriva alle Camere l'invito ad accogliere spontaneamente l'appello che Karol Wojtyla lanciò nel luglio del 2000 per un «piccolo segno di clemenza per tutti i detenuti», ossia una riduzione della pena o una scarcerazione anticipata. «L'indulto sarebbe una buona cosa- commenta il ministro per le Pohtiche comunitarie Rocco Buttiglione- anche perché dimostrerebbe che lo Stato si occupa sì di giustizia, ma sa pure operare con grande umanità ed è capace di gesti di misericordia verso chi soffre». L'Udc, nel frattempo, ha chiesto ufficialmente un atto di clemenza dello Stato nei confronti di Adriano Sofiiproponendo di legare tale atto alla memoria del commissario Calabresi con il conferimento della medaglia d'oro. «Perdonare non è dimenticare - precisa Buttiglione - da cattohci seguiamo la voce della nostra coscienza e, come Giovanni Paolo U, crediamo che liberare i prigionieri sia un segno messianico; ogni uomo, malgrado le colpe, può riprendere il cammino verso il bene». Di parere opposto Nicola Mancino che ritiene«non sia corretto che un presidente del Consiglio chieda pubblicamente che un condannato venga graziato». L'ex presidente del Senato fa notare, in una dichiarazione, che «da qualche giomo si sono rottigli argini istituzionali». Immediato anche il no del Carroccio. «Per concedere la grazia sono necessarie, moralmente, l'ammissione di responsabilità, il pentimento, una richiesta di scuse ai familiari e il loro consenso - obietta Federico Bricolo, vicepresidente della Lega Nord a Montecitorio - tutto questo non risulta che Sofri l'abbia fatto e quindi il carcere resta l'unica soluzione praticabile». li cardinale Angelo Sodano

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