«Reclutati a Milano, in carcere a Guantanamo»

«Reclutati a Milano, in carcere a Guantanamo» «Reclutati a Milano, in carcere a Guantanamo» Sarebbero una decina i prigionieri di Al Qaeda passati dalla moschea di viale Jenner MILANO Faceva il barbiere nel centro islamico di viale Jenner a Milano; adesso è detenuto alla base militare Usa di Guantanamo assieme alle centinaia di taleban catturati in Afgani-, stan. Abdel Ben Mabrouk, cosi si chiama il barbiere, sarebbe stato convinto proprio in Italia, e proprio in viale Jenner, ad addestrarsi in Afghanistan sotto le insegne di Al Qaeda; e qui è rimasto in armi durante la guerra per poi finire incatenato a Cuba. Questa la vicenda che Bruno Megale, capo dell'antiterrorismo milanese, ha raccontato ieri al processo contro cinque militanti islamici imputati di associazione per deliquere finalizzata al traffico di armi ed esplosivi chimici, alla produzione di documenti falsi nonché al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Era proprio uno degli imputati, secondo la ricostruzione di Megale, uno dei «reclutatoli» di combattenti da inviare in Afghanistan: Abdelbalim Remadna. Al centro di viale Jenner era una specie di custodetuttofare; era stato arrestato il 14 novembre dell'anno scorso alla stazione Centrale di Milano: aveva documenti falsi e cercava di lasciare in fretta la città. Gli inquirenti, durante la perquisizione, gli avevano trovato nella scrivania altri ducumenti, sempre falsi, intestati a Es Sayed Abedelelkader, conosciuto come Abu Saleh. Anche lui è imputato al processo di Milano e risulta ufficialmente latitante, ma il racconto di Megale gli destina ben altra fine: morto in Afghanistan, durante i bombardamenti ame¬ ricani a Torà Bora (ultimo rifugio di Al Qaeda); o almeno è stato commemorato così nei necrologi pubblicati da un giornale in lingua araba di Londra. I legami degli imputati con i combattenti afghani non si fermano qui: alla Digos risultano imprigionati a Guantanamo anche Lag ah Lofti, che al centro di viale Jenner era incaricato della pulizia dei locali, e due fratelli di Yessine Chekkouri, anche lui alla sbarra al processo di Milano. In tutto, nella base-prigione allestita a Cuba, sarebbero una decina quelli reclutati in Italia e transitati in qualche modo nel centro islamico milanese, considerato un luogo di incontro di integralisti islamici. Megale ha spiegato che il ruolo di «reclutatore» di Ramadna è dimostrato anche dai suoi frequenti contatti telefonici, tramite gli apparecchi satellitari, con gli esponenti di Al Qaeda responsabili dei campi di addestramento in Afghanistan; in particolare con Omar Chaabani, detto Abu Jaafar. Ma non è il solo Ramadna ad avere un ruolo centrale. Il responsabile- dell'antiterrorismo si è soffermato anche sulla figura di un altro imputato: Beni Heni Lased, il tunisino arrestato in Germania nei mesi scorsi. Il suo compito era quello di tenere i contatti con una cellula terroristica tedesca, il gruppo di Meliani, i cui componenti vennero tutti arrestati:, avevano dell'esplosivo e la polizia è convinta che fossero in procinto di compiere un attentato, 1 La deposizione di Megale al processo riprenderà nella prossima udienza, fissata il 22 novembre. Nel frattempo si comincerà la traduzione in italiano di quattromila pagine di rogatorie che i pm Stefano Dambruoso ed Elio Remondini hanno ottenuto dai loro 'colleghi inglesi e americani: un quadro complesso della presenza in Euro-1 pa di gruppi fondamentalisti islamici per dimostrare i collegamenti internazionali degli imputati. [r. m.] L'accusa dell'antiterrorismo al processo contro cinque militanti islamici nel capoluogo lombardo