Alla frontiera del Kurdistan la guerra delle due monete

Alla frontiera del Kurdistan la guerra delle due monete LA VECCHIA VALUTA ANCORA IN USO E IL SIMBOLO DELLA RiNASCITA PI QUESTA MINORANZA/CHE GRAZIE AL PETROLIO CONOSCE AUTONOMIA E PROSPERITÀ Alla frontiera del Kurdistan la guerra delle due monete Sugli scenari futurii curdi sono ottimisti: «Se diventeremo una colonia degli Stati Uniti saremo ricchi, se ci passano alla Turchia saremo tanti» reportage Marie Jégo ERBIL IL gesto è sempre quello: un fascio di bigbetti passa a tutta velocità da una mano all'altra, palpata al passaggio dal poUice e l'indice che li contano. Al mercato del cambio di Suleymanieb, la grande città nel Sud-Est della regione curda dell'Iraq, queste mazzette sono dappertutto: sotto l'ascella dei cambisti ambulanti che le offrono all'asta; disposte in mucchi sui tavolini all'aperto; trascinate in grandi sacchi da patate nei corridoi del suk, dove un'intera zona è riservata alle operazioni di cambio. Che si fanno soprattutto intorno a due valute che coesistono in Iraq dalla fine della Guerra del Golfo: il dinaro dei curdi e il dinaro «di Saddam». Prima del 1991, una sola moneta aveva corso legale in tutto il Paese: il dinaro «svizzero», come si dice qui. Fabbricata all'estero (chi dice in Svizzera, chi in Gran Bretagna), godeva di una buona tenuta rispetto al dollaro (nel 1984, un dollaro valeva otto dinari iracheni). Sfinito da otto anni di guerra con l'Iran, disfatto dopo l'invasione del Kuwait e la guerra del Golfo, sottoposto a uno spietato regime di sanzioni, l'Iraq si mise a fabbricare la sua monetar un dinaro su carta nonnaie, privo di filigrana ma con l'effigie di Saddam Hussein. Ora questo «dinaro di fotocopia», come dicono sarcasticamente i curdi, si è talmente deprezzato (1 dollaro oggi vale quasi 2000 nuovi dinari) che i cambisti del suk, anziché contare a mano le mazzette di «Saddam», le pesano. A comprarle sono per lo più i curdi, che vanno a trovare le famighe nella parte del Kurdistan amministrata da Baghdad. «Questo dinaro non ha corso nella nostra regione. In ogni modo, non è denaro. I nostri scambi con il resto dell'Iraq si fanno in dollari», dice il direttore di Dream City, un centro commerciale con parco divertimenti a Dohouk, la capitale economica del Nord della regione curda, non lontano dalla frontiera con Turchia. La spartizione monetaria coincide con quella che si è prodotta in Iraq nel 1991, quando una risoluzione dell'Onu creò la «zona di protezione» curda (42 mila kmq con 3,7 mihoni di abitanti). Un'altra risoluzione («petrolio contro cibo», nel 1996) accordò ai curdi il 13 per cento dei redditi da petrolio iracheno, cioè assai più di quanto Baghdad avesse mai concesso. Forte di questa manna, gestita da undici Agenzie dell'Onu che lavorano in stretta collaborazione con le autorità locali, il Kurdistan dell'Iraq conosce un Uvello di prosperità e di autonomia ineguagliato. A partire dal 1991, i 3,7 miMoni di curdi hanno la lóro amministrazione, la loro pobzia, il loro esercito (70 mila uomini) e anche la loro moneta, l'antico dinaro «svizzero», con l'effìgie del pensatore arabo Ibn Etham. Questo è meno fluttuante del dinaro di «Saddam», il cui corso può variare di ora in ora. «A Baghdad il govemo è riconosciuto ma la moneta è illegale: nel Kurdistan iracheno è il contrario», ironizza un intellettuale. Fieri dei risultati ottenuti in undici anni - un'amministrazione efficace, nuove strade, la scuola elementare per tutti, il disanno della maggior parte delle milizie - i curdi amano anche ricordare di aver optato per il «vero dinaro». Sanno però che questa scelta è fonte di mille difficoltà. Fabbricati più di quarant'anni fa, i bigbetti di banca in circolazione nella regione curda sono tutti stropicciati, annotati, strappati, rabberciati con l'adesivo. A poco a poco i più deteriorati sono stati ritirati dalla circolazione, ma non vengono sostituiti perché non b stampano più. Così la massa monetaria inesorabilmente diminuisce. In più, poiché Baghdad nel 1993 ha ritirato dalla circolazione i tagb da 25 dinari, restano soltanto quelb da 5 e da 10. «Oggi è giomo di paga. Occorrono mazzette e mazzette. E trovarle non è facile», spiega Fazel, il proprietario del migliore albergo di Erbil, la capitale ammiiùstrativa della regione. Il salario medio è di 700 dinari (70 euro), dunque occorrono 70 bigbetti da 10 o 140 bigbetti da 5. La crisi di liquidità è stata recentemente al centro di una riunione del governo della provincia curda, che ha esortato i commercianti a rimettere in circolazione i dinari «svizzeri» nascosti neUa calze di lana in attesa deb'intervento armato, pur decidendo di utibzzare di più il dollaro per fronteggiare la penuria di moneta locale. «Io credo che abbiamo fatto un errore a conservare il dinaro iracheno, avremmo dovuto adottare il dollaro», dice Kadyr, 47 anni. Un tempo possedeva una fabbrichetta di utensili in plastica non lontano da Kirkuk, nella parte del Kurdistan rimasta sotto l'amministrazione di Baghdad, ma è stata distrutta nei combattimenti seguiti aUa sollevazione curda deba primavera 1991. Ormai installato a Suleymanieb, Kadyr ha acquistato un terreno e cerca di ricostmire la sua fabbrichetta. «Qui tutti sono stanchi della guerra e delle arali, quello che voghamo è vivere bene. Ma l'incertezza è più forte di tutto. Chi può dire che cosa accadrà fra qualche mese?». Poi spiega, abarmato: «Tutti gb scenari sono possibib, compreso quello di un nuovo esodo nelle montagne a prezzo di migliaia di morti». Al mercato, tutti chiacchierano volentieri. «Se gb Stati Uniti interverranno, il Kurdistan diventerà una colonia americana? O ci passeranno ai turchi?», dice un venditore di cocomeri. «Insh'Allah, i due scenari sono ottimi per noi - sogghigna il suo vicino di banchetto -.Se diventeremo una colonia, saremo ricchi. Se verremo integrati alla Turchia, allora non saremo più 3,7 milioni milioni di curdi, ma sei volte di più!». Questo dinaro «svizzero» cristallizza tutti 1 sogni dei curdi deU'Iraq. Il primo è quello di vedere la fine del regime di Saddam Hussein che, a partire dagb Anni 70, ha fatto deporta- re, rapire, gassare, sparire nel nulla centinaia di migbaia di curdi. «Dopo il cambio cu regime a Baghdad il nostro dinaro guadagnerà, è sicuro! Sarà lui a diventare l'unica moneta ufficiale di tutto l'Iraq», si entusiasma Ab Ahmad Kameran, proprietario di un ufficio di cambio a Suleymanieb. Nella stanza ingombra di sacchi di bigbetti, tutti i presenti intervengono nella discussione, compresi due giovanotti che si tengono per mano. «L'attesa di un eventuale intervento mibtare in Iraq colpisce la nostra moneta», spiega uno. «Ci manca il denaro perché troppi accumulano il dinaro svizzero in previsione deba guerra», dice l'altro. «Siamo molto inquieti, ma ormai sono vent'anni che lo siamo», ride Ab Ahmad. Le cose sono precipitate nel settembre 2002: nel giro di qualche settimana, sube voci di un intervento americano a Baghdad, il dinaro svizzero si è improvvisamente apprezzato (10 dinari per un dollaro, contro i 18 che occorrevano prima). «Il dollaro è in caduta libera! Magnifico! Eppure questo non significa che la nostra economia vada bene, no, è perché la massa monetaria diminuisce. E' un problema grosso. Se non iniettiamo rapidamente denaro fresco, non so che cosa succederà», spiega Siraj Barzani, responsabile di un programma di sminamento al Dipartimento dell'Azione Umanitaria di Erbil -. Questa situazione riflette l'incertezza della nostra posizione: autonomi de facto ma non dejwe, non siamo legittimati daba comunità internazionale». La sopravvalutazione deba moneta locale ha colpito i programmi 'di sviluppo (costruzione, riabibtazione, approvvigionamento deb'acqua) di cui sonò incaricate le undici Agenzie del¬ l'Onu neb'ambito del programma «petrobo contro cibo». «Le imprese locab lamentano perdite del 30 per cento e l'Onu fa come se nuba fosse - si lamenta Nasreen Mustafà Sideek, che gestisce il settore edile -. Non è prevista nessuna compensazione! Eppure la sopravvalutazione del dinaro avviene anche perché l'Onu è un grosso fornitore di bigbetti verm, paga in dobari i suoi impiegati locab. E' tutto il sistema Onu che va rivisto. Tutto è troppo lento, troppo burocratico», si lamenta questo giovane curdo laureato a Harvard. Gerard Gauthier è il direttore deb'Istituto Francese deUe Lingue a Erbil, non sa come fare per far quadrare il suo bilancio:» Come riempire il buco prodotto daba brasca rivalutazione del dinaro? Me lo chiedo tutti i giorni». Il suo istituto, una piccola strattura creata sei mesi fa con l'aiuto deba Fondazione Franca Libertés e del govemo regionale, propone corsi intensivi di inglese e francese molto apprezzati dai giovani - soprattutto dagb impiegati locab dell'Onu. Fuori, le strade e le piazze di Erbb sono affobate di giovani disoccupati. Qualcuno di loro tenterà un giomo o l'altro di venire in Europa. Perché l'isolamento è grande, l'incertezza sul futuro totale, e più di un quarto deba popolazione vive al di sotto deba sogba di povertà. Spiega un curdo, che vive in Svezia ed è tomato qualche giomo a casa a trovare la famigba: «Queste persone sono disposte a mettere in gioco la loro vita, salendo su qualunque carcassa pur di raggiungere le coste deb'Europa. Mettetevelo bene in testa: non lo fanno per piacere!». Copyright le Monde «Dopo il cambio di regime i nostri soldi si rivaluteranno Per questo tanta gente nasconde i biglietti di banca nelle calze Aspetta il momento buono per tirarli fuori» «A Baghdad c'è un governo riconosciuto con una valuta illegale A Erbil, è il contrario •il nostro esecutivo non è riconosciuto ma la valuta è quella che si è sempre usata» Tra le montagne del Nord si usa il dinaro che si stampava in Europa e valeva per tutti. Nel resto del paese vale il dinaro «di Saddam» che il dittatore si stampa dal 1991 con la sua effigie Un gruppo' dì guerriglieri curdi alzano al cielo ì loro fucili: la battaglia per l'indipendenza trova sempre forze fresche

Persone citate: Dream City, Gerard Gauthier, La Vecchia, Marie Jégo, Nasreen Mustafà Sideek, Saddam Hussein, Siraj Barzani