Folaghe e quagliette i piatti del cacciatore

Folaghe e quagliette i piatti del cacciatore Folaghe e quagliette i piatti del cacciatore Pellegrino Artusi LA folaga {Fulica atra) si potrebbe chiamare uccello-pesce, visto che la Chiesa permette di cibarsene ne' giorni magri senza infrangere il precetto. La sua patria sono i paesi temperati e caldi dell'Europa e deh'Africa settentrionale, e come uccello anche migratorio viaggia di notte. Abita i paduli e i laghi, è nuotatore, nutrendosi di piante acquatiche, d'insetti e di piccoli molluschi. Due sole specie trovansi in Europa. Fuori del tempo della cova le folaghe stanno unite in branchi numerosissimi, il che dà luogo a cacce divertenti e micidiali. E' assai cognita quella con barchetti, chiamata la tela, neUe vicinanze di Pisa sul lago di Massaciuccoli, di proprietà del marchese Ginori-Lisci, che ha luogo diverse volte nell'autunno inoltrato e nell'inverno. Nella caccia del novembre 1903, alla quale presero parte con cento barche cacciatori di ogni parte d'Italia, furono abbattute circa seimila folaghe; così riferirono i giornali. La carne della folaga è nera e di poco sapore, e pel selvatico che contiene bisogna, in cucina, trattarla così. Prendiamo, ad esempio (come ho fatto io), quattro folaghe e, dopo averle pelate e strinate alla fiamma per tor via la gran caluggine che hanno, vuotatele e lavatele bene. Dopo trapassatele per la lunghezza del corpo con uno spie¬ do infuocato, poi tagliatele in quattro parti gettano via la testa, le zampe e le punte deUe ah; indi tenetele in infusione neh'aceto per un'ora e dopo lavatele diverse volte nell'acqua fresca. Dei fegatini non me ne sono servito; ma le cipolle, che sono grosse e muscolose come queUe della gallina, dopo averle vuotate, lavate e tagliate in quattro pezzi, le ho messe pure nell'infusione. Ora, fate un battuto, tritato fine, con una grossa cipolla e tutti gh odori in proporzione, cioè sedano, carota e prezzemolo, e mettetelo al fuoco con grammi 80 di burro, e nello stesso tempo le folaghe e i ventrigh condendole con sale, pepe e odore di spezie. Quando saranno asciutte bagnatele con sugo di pomodoro o conserva sciolta in acqua abbondante, per cuocerle e perché vi resti molto intinto. Cotte che sieno, passate il sugo e in questo unite un petto e mezzo di folaga tritato fine e altri grammi 40 di burro, per condire con esso e con parmigiano tre uova di pappardelle o grammi 500 di strisce che, pel loro gusto particolare, saranno lodate. Le folaghe, con alquanto del loro intinto, servitele dopo come piatto di companatico che non saranno da disprezzarsi. Tutta questa roba credo potrà bastare per cinque o sei persone. - Ho inteso dire che si ottiene anche un discreto brodo cuocendole a lesso con due salsicce in corpo. ARROSTO DI LEPRE Le parti della lepre {Lepus timidus) adatte per fare allo spiedo, sono i quarti di dietro; ma le membra di questa selvaggina sono coperte di pellicole che bisogna accuratamente levare, prima cucinarle, senza troppo intaccare i muscoli. Avanti di arrostirla tenetela in infusione per dodici o quattordici ore in un liquido così preparato: mettete al fuoco in una cazzaruola tre bicchieri d'acqua con mezzo bicchier d'aceto o anche meno in proporzione al pezzo, tre o quattro scalogni trinciati, una o due foghe d'alloro, un mazzettino di prezzemolo, un pochino di sale e una presa di pepe; fatelo bollire per cinque o sei minuti e versatelo diaccio sulla lepre. Tolta dall'infusione asciugatela e steccatela tutta col lardatoio con fettine di lardone di qualità fine. Cuocetela a fuoco lento, salatela a sufficienza ed ungetela con panna di latte e nient'altro. Dicono che il fegato della lepre non si deve mangiare perché nocivo alla salute. PICCIONE A SORPRESA E' una soxpresa de' miei stivali; ma comunque sia è bene conoscerla perché non è cosa da disprezzarsi. Se avete un piccione da mettere allo spiede e volete farlo bastare a più d'una persona, riempitelo con una braciuola di vitella o di vitella di latte. S'intende che questa braciuola dev'essere di grandezza proporzionata. Battetela bene per renderla più sottile e più morbida, conditela con sale, pepe, una presina di spezie e qualche pezzetto di burro, arrocchiatela e mettetela dentro al piccione cucendone l'apertura. Se al condimento suddetto aggiungerete delle fettine di tartufi sarà meglio che mai. Potete anche cuocere a parte la cipollina e il fegatino del piccione nel sugo o nel burro, pestarli e con essi spalmare la braciuola; così l'aroma differente delle due qualità di carne si amalgama e forma un gusto miglio¬ re. Ciò che si è detto pel piccione valga per un pollastro. QUAGUETTE Servitevi delle bracioline ripiene del n. 307, oppure fate l'involucro con vitella di latte e quando saranno ripiene, fasciatele con una fettina sottilissima di lardone e legatele in croce col refe. Infilatele nello spiede per cuocerle arrosto, ognuna fra due crostini e con qualche foglia di salvia, ungetele coll'olio, salatele; bagnatele con qualche cucchiaiata di brodo e scioglietele quando le mandate in tavola. Anche col filetto di manzo a pezzetti, fasciato di lardone, coll'odore della salvia e fra due crostini, si ottiene un buonissimo arrosto. SPULCIANDO TRA LE RICETTE DI PELLEGRINO ARTUSI: «SE AVETE UN PICCIONE DA METTERE ALLO SPIEDE RIEMPITELO CON UNA BRACIUOLA DI VITELLA 0 DI VITELLA DI LATTE»... Stagione di caccia, stagione propizia cucinare lepre e quaglie, folaghe e cinghiale, magari seguendo le antiche ricette di Pellegrino Artusi: le ha estratte da «La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene» Zefiro Ciuffoletti, raccogliendole in un volumetto dell'Editoriale Olimpia, «Artusi e la selvaggina in tavola» (pp. 96, euro 12,50). Come ha ricordato Piero Camporesi «Dietro l'Artusi... c'è la Toscana del contadini e dei cacciatori di Carducci e di Fucini e c'è la cultura romagnola del tardo Ottocento tanto legata alla sua terra, da Pascoli a Olindo Guerrini». Tradizioni regionali che r Artusi innalzò a cultura gastronomica per tutti gli italiani. Particolare da Jan Fyt (1611-61): Diana e i suoi cani da caccia con la preda

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