E' un ordine: godetevela! di Gianfranco Marrone

E' un ordine: godetevela! E' un ordine: godetevela! RECENSIONE Gianfranco Marrone ANDANDO negli Stati Uniti (intesi come centro dell'Impero, e quindi dovunque esso s'estenda), una delle espressioni che ci si sente ripetere più spesso è «enjoyl». Te lo dicono nei locali pubblici, bar, pub e ristoranti, lo ripetono nelle case private, toma spesso in televisione, la pubblicità ne è invasa. Non a caso, è anche lo slogan della bibita più celebre del mondo, ovviamente americana. Ma che significa esattamente questa espressione? Non è facile tradurla letteralmente, e in italiano va resa in modo diverso a seconda dei contesti in cui ricorre: «godi», «prova un po' quanto è buono», ma anche «divertiti», e persino «buon appetito» o «buon viaggio». Insomma, c'è dentro tutta una gradazione di significati che comprende il godimento, il piacere, la gioia, il benessere, la felicità, il gusto. E se pronunciata all'imperativo - un augurio che nasconde un ordine - può rivelarsi a dir poco imbarazzante. Per Slavoi Zizek - uno dei pensatori più interessanti del momento, la cui opera è tanto ardua quanto intensa - l'ambiguità di «enjoyl» è il segno più evidente della strisciante ambiguità tra lassismo e autoritarismo che contraddistingue l'attuale condizione politica, economica e culturale. Da un lato ci invitano a spassarcela, ma dall'altro in questo stesso piace- RECENGianfMar SIONE anco one re sono inscritti tutto il peso e tutta la violenza dell'istituzione e delle sue efferatezze. Jacques Lacan, che è uno dei principali punti di riferimento teorici di Zizek, aveva trovato una formula efficace per esprimere questo concetto. Diceva: «Il godimento è sempre godimento dell'Altro», in tutti i sensi della frase: «a godere è l'altro», ma anche «godo attraverso l'altro», anzi l'Altro con la lettera maiuscola, che non è certamente il singolo partner d'ognuno di noi, ma, ben più impegnativamente, la Società, le Istituzioni, il Sistema, insomma qualcosa di molto simile a ciò che Freud chiamava Super-Io. Nei numerosi scritti di Zizek, che dall'osservatorio privilegiato della Slovenia (dove insegna Sociologia nell'Università di Lubiana) getta uno sguardo disincantato sull'intero sistema capitalistico mondiale, queste tesi sono argomentate con grande passione, mescolando la psicoanalisi con il cinema hollywoodiano, la dialettica di Hegel con la cultura di massa, alla ricerca di sintomi più o meno evidenti del nesso strettissimo che lega la gestione del potere a quella del godimento (meglio in inglese: enjoyment, e meglio ancora in francese:;ouissance). Nel nostro paese erano già usciti due suoi libri: la raccolta di saggi II Grande Altro (Feltrinelli), entusiasticamente tradotta e curata da Marco Senaldi, e il più sistematico II godimento come fattore politico (Cortina), dove tutta una serie di luoghi comuni della cultura contemporanea (dal postmoderno al multiculturalismo, dal dibattito post-coloniale all'illuminismo annacquato del politically correct) divengono oggetto di critiche tanto impietose quanto stringenti. Viene pubblicato adesso da Meltemi, con postfazione dello stesso Senaldi, Benvenuti nel deserto del reale, dove le tesi del filosofo sloveno vengono utilizzate per interpretare uno degli eventi più discussi, e meno compresi, della nostra storia più recente: gli attentati dell'I 1 settembre 2001. E noto che uno dei problemi più gravi per intendere questo evento come ben spiega Marc Auge in Dario di guerra (Bollati Boringhieri) - è quello di decidere se l'il settembre sia stato un qualcosa di conclusivo (e quindi l'effetto di cause precedenti) oppure, al contrario, se non si sia trattato di un fatto aurorale (ossia di una causa per effetti al momento solo immaginabili). In un modo come l'altro, una delle tesi più forti sull'attentato è certamente quella espressa da Jean Baudrillard in Lo spirito del terrorismo (Cortina), secondo il quale esso ha in qualche modo improvvisamente frantumato il velo di simulazione della cultura postmoderna. riportandoci tutti, violentemente e inaspettatamente, alla realtà cruda e dura. Credevano di vivere in un mondo di finzioni mediatiche, dove il reale è stato perfettamente ucciso, ma non era così: il reale è tornato, più spavaldo che mai, sotto forma di aerei gettati su dei grattacieli. Zizek si scaglia furiosamente contro questa lettura dei fatti di stampo postmoderno, insistendo sull'idea che il crollo delle torri newyorkesi rientra in un'immaginazione distruttiva che non è affatto il banale contrario della realtà, ma ne fa intrinsecamente parte: «l'impensabile che è accaduto era già oggetto di fantasia, così che in un certo senso l'America ha ottenuto proprio quello su cui aveva elaborato le sue fantasie, e questa è stata la sorpresa maggiore». . Come l'eroe di Matrix che si ridesta dal mondo digitale in cui era immerso, abbiamo ritrovato il «deserto del reale»: ma questo deserto proviene dalle mille fantasie che su di esso ci siam fatti. Da qui il senso di déjà-vu che quelle immagini, quel giorno e i mille successivi in cui ce le hanno riproposte, avevano per noi. Senza saperlo, eravamo incantati non dalla «realtà vera», ma dalla sua costruzione spettacolare, dall' effetto di realtà che quelle immagini ci procuravano. Un po' come in Truman show, dove tutto è predisposto per far creder vero al pubblico ciò che il protagonista fa. Truman è l'unico che fa cose vere, in un mondo tutto finto intomo a lui. Il dramma è quando, raggiungendo l'orizzonte, sfonda con la barchetta uno scenario di cartone: ha toccato la realtà. VIVIAMO IN BILICO TRA AUTORITARISMO E LASSISMO, TRA REALTÀ E FINZIONE: LE PROVOCATORIE ANALISI DI ZIZEK, CHE MESCOLA LACAN E HOLLYWOOD, HEGEL E MASS MEDIA Slavoi Zizek, docente di Sociologia all'Università di Lubiana, critica i luoghi comuni della cultura capitalistica Slavoi Zizek Benvenuti nel deserto del reale traduzione e postfazione di Marco Senaldi, Meltemi, pp. 164, e 73,00 SAGGIO

Luoghi citati: America, Cortina, Hegel, Hollywood, Lubiana, Slovenia, Stati Uniti