Dai villaggi a Bombay, com'è irredimibile l' India

Dai villaggi a Bombay, com'è irredimibile l' India Dai villaggi a Bombay, com'è irredimibile l' India RECENSIONE Alessandro.. Monti L lettore non si lasci spaventare dalla mole di Un perfeti to equilibrio, né pensi di trovarsi di fronte a grandi affreschi epico-sentimentah come Il ragazzo giusto di Vikram Seth o II palazzo degli specchi di Amitav Ghosh. Il romanzo del parsi di Bombay Rohinton Mistry, emigrato da anni a Toronto, non concede nulla al pathos del discorso amoroso, né si abbandona al drammone suscitato dall'intersecarsi drammatico tra eventi della storia e vicende personah. Un perfetto equilibrio, quanta ironia è racchiusa nel titolo!, traccia invece un percorso di continuità spietata tra un mondo feudale dominato dal sistema di casta e le forme oppressive di potere e di governo assunte come proprie da Indirà Gandhi e figli. La geografia del romanzo si muove quindi daU'arcaico e immutabile viUaggio nella campagna indiana alla grande città moderna e occidentalizzata, di certo Bombay, anche se non indicata in modo esplicito come tale. L'azione copre un vasto arco temporale, dai disordini susseguenti la «Partizione» tra India e Pakistan sino alla svolta autoritaria impressa al paese nel 1975 dalla cosiddetta «Emergenza», quando in occasione del conflitto con la Cina furono di fatto sospesi i diritti civih. Nello stesso periodo furono inoltre avviate riforme forzose, come la lotta contro la povertà e per la «beautification» urbana e le sterilizzazioni più o meno volontarie di massa. Il romanzo ruota attorno agli intoccabili Ishvar e Om, la sarta Dina e lo studente Maneck, gruppo in apparenza eterogeneo e male assortito, ma che costituisce tuttavia una microcomunità legata da vincoli che vanno oltre il semplice interesse. Il lettore non si trova però di fronte a un idillio delle piccole cose, come avviene con la Arundhati Roy: Mistry rifiuta ogni istanza di mediazione tra una retorica possibile dei buoni sentimenti e la crudele realtà circostante. Tale sofferta intransigenza è soprattutto visibile nella tragica odissea migratoria di cui RECEAlesM sono protagonisti i due fuoricasta. Dopo essersi sistemati in un fetido slum, i due affittano da un guardiano notturno l'ingresso di un negozio. Lì vengono presi in una retata «riformatrice» della polizia e inviati, insieme a una folla cenciosa di storpi e di mendicanti, in un campo di lavoro coatto per le grandi opere pubbliche. I due riescono a cavarsela e raggiunta dopo altre vissicitudini una certa sicurezza decidono, i meschini, di ritornare al villaggio per prendere moghe. Male gliene incoglie. Bisogna infatti sapere che il padre di Om, un intoccabile che lavora il cuoio, era stato trucidato barbaramente insieme al resto della famigha per avere rifiutato durante le elezioni la scheda pre-votata. Ishvar e Om si salvarono perché mandati in precedenza a fare gli apprendisti sarti, nel tentativo di sfuggire alla condizione di intoccabili. Non possono però sottrarsi al destino di vittime predestinate. Il trucido signorotto locale, diventato nel frattempo esponente di rango del Partito del Congresso, si preoccupa che la loro presenza possa risvegliare il ricordo importuno del passato. I due incappano in SIONE ndro.. nti una nuova retata «riformatrice» della polizia, che in tale modo si procura i «volontari» per la campagna governativa di sterilizzazione. I due sono operati appositamente perché rimangono l'uno evirato, amputato delle gambe l'altro. Il libro si chiude con il loro ritomo nella grande città, dove li vediamo mendicare, l'evirato che tira il carrettino al mutilato, alla porta di Dina. Un perfetto equilibrio traccia senza remissioni un bilancio spietato dei primi cinquanta anni d'indipendenza indiana, con un vigore disperato che va persino oltre il sarcasmo corrosivo e grottesco di I figli della mezzanotte di Sahnan Rushdie. Il fallimento di una classe pohtica nell'assicurare benessere e pari dignità a tutti mette a nudo pratiche di violenza dispotica che per essere attuata non ha bisogno degli inglesi o di altri invasori esterni, È l'India senza tempo, cioè immutabile nella sostanza, quella descritta dall'espatriato Mistry, al pari di Rushdie aspra coscienza critica della propria nazione di origine. Posso aggiungere, per curiosità, che nell'ultimo romanzo dello scrittore. Questioni di famiglia, non ancora pubblicato in Italia, si accenna per via indiretta alle reazioni critiche suscitate in India da Unperjètto equilibrio, oltre a citare in modo implicito il titolo, A Nice Bàlance nell'originale, riferendosi al modo «acrobatico» con cui si governa in India. La versione itahana rende bene il testo originale, anche se non sarei d'accordo con la scelta di non glossare o tradurre i termini indiani, tanto più che il testo è di tanto in tanto annotato. Nelle prime pagine ci imbattiamo in «dhaba», chiosco; «yaar», colloquiale per amico; «tamasha», spettacolo - ma qui nel senso di buffonata. Come se la cava il lettore italiano? Per esempio, quanti sanno che «chamaar» indica il fuoricasta che lavora il cuoio? «UN PERFETTO EQUILIBRIO» DI MISTRY: LA CONTINUITÀ' SPIETATA TRA IL MONDO FEUDALE E LE FORME OPPRESSIVE DI POTERE E DI GOVERNO DI INDIRÀ GANDHI E FIGLI Rohinton Mistry Un perfetto equilibrio traduzione di Maria Clara Pasetti, Mondadori, pp. 735, SI 8,00 ROMANZO

Luoghi citati: Cina, India, Italia, Pakistan