FLAIANO La vita è un graffio di Ennio Flaiano

FLAIANO La vita è un graffio FLAIANO La vita è un graffio ANTEPRIMA Ennio Flaiano . SUL «Selvaggio», Mino Maccari iniziò la sua lenta e implacabile campagna contro il cattivo gusto artistico e letterario, che dominava allora incontrastato. I suoi bersagli preferiti furono Ojetti («Qgni secolo ha il suo Ojettì, al nostro è toccato il peggiore»), l'Accademia d'Italia, il movimento Novecentista e il fascismo, almeno in quegli aspetti di costume che era possibile colpire senza incorrere nel sequestro. Molte sue tavole rimarranno famose ed oggi una collezione completa del «Selvaggio» raggiunge prezzi d'affezione. Sul «Selvaggio» fecero le loro prime armi mom scrittori e giornalisti: Arrigo Benedetti, Gino Visentini, Corrado Sofia, Enrico Galluppi, Ennio Flaiano, Mario Tobìno, Alfredo Mezìo; e molti pittori: Scialoja, Guttuso, Tamburi. ...] E' nota la sua ammirazione per Von Stroheim. Molti suoi quadri hanno per soggetto il celebre attore, ritratto in divisa di ufficiale della guardia imperiale. |,..l Maccari è uomo di natura casalinga e persino nella sua camera da letto ha l'occorrente per dipìngere e per incidere. Ogni stanza del suo appartamento di via Villa Emiliani 5 è uno studio. Anche i suoi figlioli tengono diari, disegnano e scrivono versetti. I diari di Maccari (in pochi anni ha riempito almeno venti quaderni) sono un'appendice del «Selvaggio», zeppi di disegni, di citazioni, di battute, di versi satirici. (..J Nel 1919, di ritomo dalla prigionia di guerra, Maccari si chiuse in un vecchio mulino di Colle Val d'Elsa e cominciò a dipingere, usando esclusivamente il blu di Prussia. (..i) Maccari da qualche anno si è dedicato alla pittura, trascurando il disegno satirico che gli ha dato tanta fama. Non si interessa di politica attivamente. Richiesto da un giornalista quali fossero le sue opinioni politiche, Maccari ha risposto: «Di mente sono liberale, di cuore comunista, di mani anarchico». L'altro osservò che aveva dimenticato il partito democristiano: «Sì, per decenza», rispose Maccari. (1947) Cardarelli Il poeta Cardarelli va a sedersi tutte le mattine nell'unica poltrona della libreria Rossétti e intralcia non poco il commercio con le sue battute e più ancora con i suoi cupi silenzi, che mettono a disagio i clienti. Rossetti ha l'aria di non aversela a male, anzi ci si diverte. Ieri è entrata una giovane scrittrice e s'è messa a curiosare tra una pila di libri, facendo commentì che tradivano un po' il suo nervosismo e anche la volontà di farsi notare dal poeta. Prese tra le mani le opere di Goethe stampate da Sansoni e: «Dio mio, ancora Goethe, che noioso!» mormorò. Cardarelli, che sembrava addormentato, nell'improvviso silenzio disse quasi tra sé: «Lei forse, signora, lo confonde con Golden Gate» (che è una pasticceria della stessa strada). Oggi, sfavillante di gioia, è entrata un'altra signora che ha chiesto a Rossetti: «Ha Le diaite au corpsl Sa, ho visto il film e adesso voglio leggere anche il libro». E Cardarelli, sorpreso: «Che intensa attività intellettuale che ha lei, signora». Poi è venuto un giovane poeta che, con mille complimenti, lo ha pregato di rac¬ comandarlo a una certa rivista perché pubblichi le sue poesìe. E gliene porgeva una, affinché si accer tasse che non era roba da poco. Cardarelli ha infilato gli occhiali, traendoli dalle profondità del cappotto e ha letto la poesia corrugando la fronte come alla lettura di un telegramma. E infine: «Ma questa è roba buona al massimo per "La Fiera Letteraria"». Poi, ricordandosi che il direttore della «Fiera Letteraria» è lui stesso, si è messo a ridere silenziosamente, finché l'occhio destro non ha cominciato a lacrimargli. (1952) In morte di Longanesi I giornali di stamane (28 sett.) danno la notizia della morte di Leo Longanesi. I giornali ormai non ci danno che cattive notizie, un giorno finiremo per leggerci anche la noti?ia della nostra morte; ma questa di stamane era più che una notizia cattiva: mi è parsa insidiosa e scoraggiante. Longanesi morto - è più di un amico perduto, è la fine di un incontro e (fi uno spettacolo. Ho pensato a luì durante il ;iomo e ho capito che gli volevo jene e che lui me ne voleva: ma era il bene «di una volta», quello che non si dice e porta a continui reciproci perdoni. Ho ricordato come l'avevo conosciuto, vent'anni fa, in una birreria dove, dopo quattro chiacchiere, mi disse: «Si metta a scrivere e non perda tempo». Me lo ordinò addirittura, senza spiegarmene le ragioni, che io non vedevo chiare. Era il suo modo di convincere i pigri e i delusi della mia specie, in quella gioventù che il fascismo aveva se non bruciata certamente affumicata. Sei anni dopo lavorammo insieme a un film e l'S settembre lo sorprese mentre lo stava dirigendo. Era il suo primo film, mai imito, la storia di un vecchio anarchico che mette una bomba sotto un palazzo e poi va ad avvisare tutti gli inquilini che hanno ancora dieci minuti di vita. (Era certo lui, Longanesi, il vecchio anarchico, ma la bomba alla fine sì trovava scarica. Longanesi non avrebbe fatto male a una mosca). Poi, ci perdemmo di vista. Dovevo rivederlo a Milano, nel duro inverno del '46. Passeggiavamo cortesemente, una sera di dicembre, quando si fermò e mi disse: «Mi scrive un romanzo per i primi di marzo?». Io scoppiai a ridere, ma lui diceva sul serio. (1957) La dolce vita Sto lavorando con Fellini e Tullio Pinelli, a rispolverare una nostra vecchia idea per un film, quella del giovane provinciale che viene a Roma a fare il giornalista. Fellini vuole adeguarla ai tempi che corrono, dare un ritratto di questa «società del caffè» che folleggia tra l'erotismo, l'alienazione, la noia e l'improvviso benessere. E' una società che, passato lo spavento della guerra fredda e forse proprio per reazione, prospera un po' dappertutto. Ma qui a Roma, per una mescolanza di sacro e di profano, di vecchio e di nuovo, per l'arrivo massiccio di stranieri, per il cinema, presenta caratteri più aggressivi, sub-tropicali. Il film avrà per titolo La dolce vita e non ne abbiamo scritto ancora una riga; vagamente prendiamo appunti e andiamo in giro per rinfrescarci i luoghi nella memoria. In questi ultimi tempi Roma si è dilatata, distorta, arricchita. Gli scandali vi scoppiano con la violenza dei temporali d'estate, la gente ^ , vive all'aperto, si annusa, sì studia, invade le trattorìe, ì cinema, le strade, ' ÌMB lascia le sue automobiCJC* li in quelle stesse piaz^ |J^^ ze che una volta ci incantavano per il loro nitore architettonico e che adesso sembrano garages. Uno dei nostri luoghi dovrà essere forzatamente via Veneto, che diventa sempre più festaiola; e stasera vi ho fatto una passeggiata di proposito, cercando di vederla lucidamente. Com'è cambiata dal '50, da quando vi arrivavo a piedi ogni mattina, attraverso Villa Borghese e mi fermavo alla libreria di Rossetti, con Napolitano, Bartoli, Saffi, Brancata, Maccari e il poeta Cardarelli. L'aria era limpida, il traffico quieto (Brancati andava in bicicletta), dal negozio del fornaio veniva il profumo delle brioches calde, c'era una gaia animazione paesana, giornalisti e scrittori prendevano l'aperitivo, i pittori non avevano mercanti, lagente volava meno. [...] Come può cambiare una strada! (1958) A Palazzo Sorbello di Perugia si aprirà il 14 novembre una mostra, curata da Diana Ruesch, di disegni e testi di Ennio Flaiano provenienti dal Fondo Flaiano della Biblioteca Cantonale di Lugano. In anteprima pubblichiamo alcune pagine di «Satira è vita», in uscita, fra pochi giorni, dalle edizioni Pendragon. Lo scrittore pescarese, morto a Roma nel 1972, racconta la sua passione per le discussioni ai caffè e i tanti incontri con Maccari, Sinisgalli, Fellini e quelle nella redazione de «Il Mondo» con Pannunzio, Chiaromonte, Bassani, Comisso, Patti. Sono fogli intrisi di arguzia e umorismo graff iante, annotazioni, ricordi che accompagnano i suoi disegni, insieme a quelli di Tamburi, Maccari, Baiteli e Fellini, ai tempi de «La dolce vita». UNA MOSTRA A PERUGIA E UN RICCO CATALOGO PROPONGONO DISEGNI E TESTI (CON MOLTI INEDITI) DEL MULTIFORME SCRITTORE, UN OCCHIO SATIRICO DISINCANTATO IN UN'ITALIA CONFORMISTA E BIGOTTA, IN COMPAGNIA DI CHI OBBEDIVA SEMPRE E SOLO ALLA FANTASIA, DA MACCARI A FELLINI Flaiàno in un ritratto di Orfeo Tamburi del 1932 andarlo a una certa ta perché pubblichi e poesìe. E gliene por una, affinché si accer hb d è iù di idt è lbbttli d UNA MOSTRAE UN RICCO CPROPONGONOE TESTI (CON INEDITI) DEL MSCRITTORE, U/^ SATIRICO DISIIN UN'ITALIA CE BIGOTTA, INDI CHI OBE SOLODA MA FE«sofolll'all'imre. Epassla guproprisperaMa qumescoprofannuovo, cio di sma, praggressfilm avrvita e noto ancorate prendiamo in giro luoghi nella ultimi tempi distorta, arricscoppianotempora^ , vive asì sturìe, ' ÌMB lasCJC* li in^ |J^^ ze cantare architettonb Flaiàno in un ritratto di Orfeo Tamburi del 1932