Idee come mattoni per «costruire» una nuova scuola di Marco Sartorelli

Idee come mattoni per «costruire» una nuova scuola LA PAROLA AGL8 STUDENTI Idee come mattoni per «costruire» una nuova scuola Professori troppo «lontani», strutture non all'altezza dei tempi Per la maggioranza non tutto ciò che esiste è da buttare «Ma a molti insegnanti non interessa sapere che cosa pensiamo» Marco Sartorelli NON chiedono la rivoluzione, semmai qualche variazione di rotta, seppur certamente significativa: la scuola così com'è non è quella che gli studenti desiderano (se mai lo è stata e se mai potrebbe esserlo), ma non sembra nemmeno tutta da buttare. Ci sono isole felici, ad esempio il rapporto con qualche insegnante «illuminato», è ancora oggi incredibili mancanze, palestre microscopiche con pareti e soffitti in condizioni precarie. «Mondoscuola» ha chiesto agli studenti di rispondere a una domanda volutamente generica - «Cosa manca alla scuola?» -, per cogliere un giudizio che si è rivelato critico ma con fiducia in un cambiamento. Di seguito, le risposte dei ragazzi. Guillame Alonge (D'Azeglio): «In generale c'è poco dialogo con gli insegnanti su temi come il metodo e la didattica. Molti professori si sentono "incompiuti" e hanno un rapporto lontano con gli allievi. Mancano anche stimoli culturali che non siano direttamente legati alle materie di insegnamento. C'è poco contatto con il mondo circostante. Tra i problemi della nostra scuola: palestre troppo piccole, attività sportive limitate e disorganizzate, legate all'iniziativa dei singoli». Giacomo Ortona (Avogadro): «La scuola non offre prospettive di futuro. Sia l'Università che il lavoro non sono mete garantite. La riforma in corso peggiorerà la situazione perché creerà classi superaffollate con trenta o quaranta studenti; risultato: l'insegnamento si ridurrà a semplice nozionismo, mentre la scuola dovrebbe fornire strumenti per capire il mondo. Bisognerebbe trovare spazi di incontro fra studenti, magari istituzionalizzando l'autogestione per qualche giorno, come già avviene in altre nazioni. In questo modo si eliminerebbe anche lo scontro tra l'apparatoscuola e i giovani». Marcello Capella (Cavour): «Il problema più grave è la distanza degli insegnanti da quanto accade al di fuori della scuola. Nulla di ciò che avviene nel mondo diventa oggetto di discussione. I professori si limitano a farci studiare: seguono i programmi e non colgono mai gli stimoli che arrivano dagli studenti. A questa mancanza da parte degli insegnanti si aggiunge la carenza di spazi per gli allievi. E' molto difficile, se non del tutto impossibile, trovare un'aula dove potersi incontrare al di fuori dell'orario scolastico. Altri aspetti critici, per noi: la palestra della succursale di via Tripoli è inutilizzabile, ci sono computer ma si usano poco, l'attività sportiva è limitata». Furio Sguayzer (Curie): «La scuola ha questo limite: non è un luogo di aggregazione ma solo di insegnamento. Ai professori non interessa sapere se e come i giovani seguono gli avvenimenti "estemi , dalla politica intema a quella intemazionale, dall'economia all'ambiente: sono concentrati esclusivamente sulle loro materie. La scuola sembra un mondo a sé, lontano dalla realtà. Sono inesistenti i contatti con l'esterno: non si frequentano mostre, dibattiti. Noi non siamo nemmeno andati al salone del libro...». Federica Farfallini (Russell : «Le mancanze più gravi della scuola riguardano le strutture: molti edifici sono cadenti, con spazi ridotti. L'insegnamento è troppo centrato sul nozionismo, ma fortunatamente il rapporto con alcuni docenti permette un dialogo su temi extrascolastici.». Enrica Locati (Alfieri): «Molte lezioni appaiono inutili, fini a se stesse, troppo distanti dalla vita reale. Ai professori manca la capacità di stimolare gli stu¬ denti. La scuola deve avere più finanziamenti per offrire spazi, dalle aule ai laboratori alle palestre, e per poter organizzare corsi, dibattiti, incontri. Noi non sappiamo nemmeno dove svolgere le nostre riunioni. Mi chiedo anche che scuola è quella in cui si studia inglese soltanto nei primi due anni...». Alberto Miglio (Gioberti): «Alla scuola manca un progetto di sviluppo in senso democratico. La riforma avvantaggerà le scuole private e farà sparire gli organi collegiali per lasciar spazio a un consiglio di amministrazione. Si tornerà al nozionismo, con l'intento di formare persone pronte per l'immissio, ne nel mercato del lavoro anziché preoccuparsi di formare studenti-cittadini. Non a caso molti ragazzi vivono la scuola come momento di privazione della libertà: l'insegnante svolge il programma, interroga, avvia all'esame di maturità come si trattasse di un semplice ciclo produttivo. Nelle nostre scuole la cosa più rara è quella più importante: la capacità di stimolare le intelligenze».