Trionfo islamico Il partito religioso al potere in Turchìa

Trionfo islamico Il partito religioso al potere in Turchìa GRANDE FESTA NELLA NOTTE AL QUARTiER GENERALE DI ERDOGAN Trionfo islamico Il partito religioso al potere in Turchìa Con il 34 per cento dei voti avrà la maggioranza assoluta dei seggi Il 20o7o all'economista Dervis, uomo di Washington, mentre tutti gli altri (compreso il premier Ecevit) non raggiungono la soglia del 10oZo reportage AldoCazzullo inviato a ANKARA MEHMET il caposcorta intona l'inno del partito e lo dalle radici seguono in centinaia: «Gli altri possono dire quello che voghono/ d'ora in poi il mio cuore è solo tuo/ d'ora in poi sei tu il mio tutto/ d'ora in poi sei tu la mia ricchezza/non essere indifferente, non essere triste/ d'ora in poi ci sei solo tu». «Tu» è lo schivo Recep Tayyip Erdogan, leader islamico e vincitore delle elezioni turche. L'uomo che, come sta spiegando con tono moderato ma voce da muezzin, ha aperto «ima nuova era per la Turchia». Mehmet, baffi neri, sigaretta e pistola dal calcio di madreperla, è il comandante delle guardie del corpo. Fisico conseguente. E' però molto gentile, offre camfistig, biscotti al pistaccio, e commenta con i suoi uomini davanti alla tv i primi risultati, che il ministero degli Interni fornisce villaggio per villaggio. Mehmet è stato in quasi tutti, e indovina quasi sempre la percentuale, a seconda della riuscita del comizio di Erdogan: Isparta 41 "/o; Giresun 450Zo; Yozgat 47; Kahramanimaras 63; Urfa 700Zo, a Urfa il comizio dev'essere venuto particolarmente bene. Sono le cifre di una rivoluzione che sarebbe improprio definire islamica, ma certo lascerà un segno nella storia della Turchia. Dice Erdogan che i suoi, più che agli ayatollah iraniani e agli integralisti sauditi, assomighano ai democristiani europei: un partito popolari e reUgiose, ma non confessionale. Erdogan pensava probabilmente alla Cdu tedesca. La festa nella sede del suo partito, nella notte del trionfo, fa pensare piuttosto ad altri ambienti e ad altre età. Ceyhun Atuf Kansu Caddesi, periferia di Ankara. Case in costruzione. Camion scarburati odorosi di nafta. Detriti. Il palazzo è nuovo, grandi vetrate, granito, acciaio, bandierine. E' l'atmosfera, il tagbo dei vestiti, la montatura degli occhiaU a riportare agU Anni Cinquanta. Clienti dai baffi neri e dagli occhi scuri volti quasi sempre in basso, peones sovrappeso in gessato, molto congratulati per l'ingresso in Parlamento, capicorrente azzimati con camicia bianca e cravatta grigia come Abdullah Giil, numero 2, che arriva ridendo largo e prima di qualsiasi exit-poli annuncia: «Siamo sopra le aspettative, abbiamo la maggioranza da soli!». Applauso. Brindisi a orzata. Il self-service allestito per l'occasione offre anche latte condensato, Nescafé e zollette di zucchero. Bambine con i codini impaurite dall'euforia dei nonni. Torta multistrati tipo nozze contadine. Distribuzione molto affollata di spille con il simbolo del partito, una lampadina accesa. I primi dati danno agli islamici il 340Zo Hei voti e circa 360 seggi, quasi i due terzi che occorrono per cambiare la Costituzione. Non tutte le signore hanno il velo e la peluria sopra il labbro. Molte. Vista anche una ragazza bionda tinta con giubbotto di jeans, e ima bruna con rossetto e fermaglio a castigare la chioma senza celarla. L'inviata del giornale islamico «Zaman» (Tempo), che appartiene alla prima categoria e porta inoltre occhialini d'oro, comunica che i repubblicani popolari, gli eredi di Atatiirk, gli alleati di Dervis uomo di Washington, non arrivano al 2007o. Sotto la quota del 10 tutti gli altri: fuori dal Parlamento curdi e comuni¬ Una rivolusegno, seche i suoidemocrisagli ayatoe agli inte sti, la Ciller e Yilmaz, l'amico dei lupi grigi Bahgeli e l'ex premier Ecevit, trascinato al seggio dalla moglie ottantaduenne che ne orienta i passi malfermi e gli urla nelle orecchie orinai quasi sorde. La voce dello sconfitto ora è ' quasi inintelleggibile, è «molto preoccupato» Ecevit, «Erdogan non ha detto quel che vuol fare» avverte, lui invece l'ha detto e ha preso il 2,507o. I volti inebetiti dei vecchi leader scorrono sullo schermo e suscitano tra i militanti islamici smorfie di disgusto. E' un'intera élite che stanotte viene spazzata via, come da titolo di stamattina del quotidiano Star di proprietà dell'uomo nuovo Uzan: ((Andatevene tutti e non tornate mai più». L'invito è stato accolto ed esteso all'editore: anche Uzan è fuori. All'addetto alla distribuzione delle spille è caduta la borsa, infuria la'caccia alla lampadine da apporre all'occhiello. Maglioni a rombi scollati a V. Sigarette senza filtro. Chiamate trionfanti alle mogli rimaste a casa dal telefono a gettoni. Quasi stridono i segni della modernità, il megaschermo che trasmette senza tregua comizi di Erdogan, i computer che aggiornano le cifre della vittoria, le tv tutte accese su Canale 7, quello islamico, da cui predicano commentatori barbuti. Rosari sgranano preghiere ovviamente non alla Vergine. Panciotti, bastoni, orologi da tasca. Bicchieri, di carta. Altri veli molto elaborati: sono signore sahte in città dalla provincia. Code alla toilette, ovviamente alla turca. Lavabo all'occidentale, ma anche fontanelle per le abluzioni, come in moschea. La sede degli islamici è forse l'unico edificio del paese privo di ritratti di Mustafà Kemal detto Atatiirk, padre dei turchi e della Turchia laica, sepolto nel mausoleo perennemente illuminato sulla collina di fronte. Vi sono invece numerosi e giganteschi ritratti del capo. Recep Tayyip Erdogan è un bell'uomo. Veste di grigio scuro, porta la cravatta e baffi molto curati. A Rize, il villaggio sul Mar Nero in cui è nato, è al 490Zo. Prime dichiarazioni. Mehmet chiede silenzio e si volge adorante allo schermo. «Voglia Dio che i risultati siano buoni per la nazione e per il popolo. La campagna elettorale è stata gentile. Ringrazio tutti gli elettori, tutti i partiti, tutti i giornalisti. Il santo popolo turco ha fatto la scelta giusta. Santo popolo mio! Fate la vostra parte. Festeggiate pure, ma in tranquillità. Che non scenda una goccia di sangue dal naso» (espressione idiomatica che si- gnifica: non torcete un capello a, nessuno): «Amici del partito, non cadete nelle provocazioni, non turbate la tranquillità del popolo». Il messaggio non è casuale. Tra gli «amici del partito» Erdogan scegherà il primo ministro, visto che lui è interdetto dai pubbhci uffici, sempre a causa della poesia. Ci sarebbe Gul, che nella notte parla già da premier prendendo posizione contro la guerra in Iraq («Faremo di tutto per evitare un conflitto nel quale la Turchia sarebbe trascinata»), ma non è gradito al capo. La scelta potrebbe cadere allora su Bulent Aring, portavoce del partito, oppure su Vecdi Gòniil, vicepresidente, o ancora su Abdullatif Serev, l'altro vice. C'è poi Vahit Erdem, ma non piace alla base perché transfuga del partito conservatore Anap; qualcuno ne fa il nome con Gùl, che si arrabbia, alza la voce, dice che 0 premier lo vuol fare lui. Le cancellerie europee stanno aggiornando i loro archivi. Uno tra questi andrà a trattare con Bush e Prodi, Schroeder e Chirac. «Accelereremo l'ingresso in Europa», assicura Erdogan. Polaroid a immortalare la serata. Scarpe con la fìbbia. Coppole. Pieno il garage sotterraneo di furgoni e utilitarie, piene le sale di fumo irrespirabi e. La vittoria prende forma, l'Akp è nettamente il primo partito a Istanbul, conquista città dai nomi evocativi come Trabzon, Trebisonda, a Konya capitale dell'integralismo è al 64,I0Zo, ma il capo dei dervisci rotanti fa sapere che non è contento, che «il vero Islam è un'altra cosa». Il dato che scatena l'euforia e l'orgoglio represso viene dal seggio di in l'Akp lici uffici remier to a in Iraq» Cankaya, il quartiere di Ankara dove votano i generali, il comandante in capo Hilmi Òzkòk, il vice Yasar Buyukanit, il capo dell' Areonautica Cumhur Asparuk: su 259 voti, gli islamici ne hanno 125, la metà. Gli uomini che umiliarono il vecchio leader Necmettin Erbakan, costringendolo a lasciare il potere, vedono cadere i simboli della Turchia laica. «Spero che la decisione del popolo santo sia buona e giusta» si rallegra laicamente Erdogan. «Si apre una pagina bianca», dice proprio così il vincitore, «ak», che significa bianca, pura, ed è anche l'acronimo del partito, Akp, Adalet ve Kalkinma, Giustizia e Sviluppo. Islamico no, quello non si può dire. Sono o non sono come la Cdu? «Inshallah» dice Erdogan. «Inshallah» ripetono tutti. Gli chiedono perché non sembri allegro, e neppu¬ re commosso. Forse perché non può essere premier? Risposta sincera: «Non dico di no. Non si può ostacolare il futuro con i divieti. Non si può annullare la volontà del popolo». Il 400Zo degli elettori non è rappresentato in Parlamento. «Cambieremo la legge». Potrebbe non bastare, Der tranquillizzare le forze ostii, l'esercito, la magistratura, la burocrazia, la comunità degli affari, i vecchi politici umiliati. Non ora, non qui. Fuochi d'artificio. Lacrime. Preghiere. Un canto: «Siamo il mattino del 4 novembre». Profumo di kebab. Sulla soglia un mendicante ostenta un piede caprino, qualcuno fa tintinnare una moneta da 50 mila lire turche, che però valgono solo 3 centesimi di euro; è l'inflazione. Di fronte, il cartello di un bar annuncia per domattina l'happy hour, due birre al prezzo di una. Mehmet non ne approfitterà. Accenna ancora una volta l'inno, si congeda stringendo una a una le mani dei suoi uomini: ora si ricomincia; e il capo ha più che mai bisogno di custodi fidati. Una rivoluzione che lascerà un segno, sebbene il vincitore dica che i suoi assomigliano ai democristiani europei più che agli ayatollah iraniani e agli integralisti sauditi «Accelereremo l'ingresso in Europa», dice il leader dell'Akp che è interdetto dai pubblici uffici e dovrà ora scegliere un premier Il vicepresidente del partito si schiera «contro la guerra in Iraq» Recep Tayyip Erdogan, il leader del partito neoislamico Giustizia e sviluppo (Akp), e la moglie Emine votano in un seggio di Istanbul