Ciampi a El Alamein: «Mai più guerre tra noi»

Ciampi a El Alamein: «Mai più guerre tra noi» NELLA COMMEMORAZIONE DELLA BATTAGLIA RIVENDICA L'EROISMO DEI SOLDATI E CONDANNA IL TOTALITARISMO Ciampi a El Alamein: «Mai più guerre tra noi» «Quella generazione di combattenti poi ha lavorato per cambiare il mondo» inviato a el alamein Si può essere antifascisti senza vergognarsi di aver combattuto la seconda guerra mondiale, anzi rivendicando l'eroismo dei caduti nel deserto. Con questo spirito, evidente com'è suo costume nei gesti prima ancora che nelle parole, Carlo Azeglio Ciampi è tornato a El Alamein (dov'era già stato nel febbraio del 2000), per il sessantesimo anniversario della battaglia che vide l'VIII Armata del generale Montgomery prima fermare e poi travolgere le truppe italo-tedesche guidate da Rommel. Solo una figura come quella del presidente della Repubblica poteva tenere insieme tutto, il duca di Kent giunto in rappresentanza della corona britannica e i reduci della milizia dei giovani fascisti con fez e bandiera nera, i superstiti della Ariete che dopo l'S settembre scelsero di resistere all'invasore nazista e si unirono all'esercito del Sud agli'ordini di Badoglio e coloro che passarono al Nord per unirsi alle truppe di Salò rimaste fedeli al Duce; e anche le opposte posizioni espresse dai due ministri presenti, Antonio Martino (Difesa), che l'altro ieri ricordava come l'esercito italiano, per quanto valoroso abbia combattuto dalla parte sbagliata, e Mirko Tremaglia (Italiani all'estero), che in occasione della sua ultima visita a El Alamein aveva deprecato la sconfitta, additando dietro il vincitore britannico «l'ombra di Stalin». Ciampi è venuto a scongiurare qualsiasi spirito nostalgico (che in passato aveva segnaito l'anniversario di El Alamein, enfatizzato o sottaciuto dalle opposte fazioni politiche) ma anche a elogiare il valore delle truppe italiane travolte dagli Sherman in dotazione all'Armata di Montgomery. Non solo «i totalitarismi furono sconfitti»; il mondo di allora «è cambiato profondamente»; e «lo ha cambiato la stessa generazione che si era combattuta a El Alamein». «Mai più guerre tra noi» scandisce Ciampi tra gli applausi di reduci italiani, inglesi, scozzesi, neozelandesi, francesi, greci, tedeschi, australiani, alcuni nelle uniforme storiche, salutati dalle musiche delle varie tradizioni militari suonate dalla banda della Marina e dal passaggio delle Frecce tricolori, in una giornata segnata da un vento fortissimo a mitigare il sole cocente. Il capo dello Stato ha indicato come personaggio simbolo dell'evoluzione pacifica e democratica, della convivenza tra i popoli, della custodia della memoria il colonnello Paolo Caccia Dominioni, che a El Alamein combatté alla testa del 310 battaglione guastatori del Genio e dopo la guerra visse dodici anni, vagando tra le mine del deserto per ricomporre le salme dei 4800 italiani che, accanto a 300 ascari libici (anche loro ricordati da Ciampi) riposano nel sacrario dove si è tenuta la cerimonia. Il presidente si è presentato ai reduci come uno di loro. «Ho la vostra età: classe 1920 - ha detto con la voce rotta dall'emozione -. Come voi, ho vissuto la mia gioventù in armi, su un altro fronte di quella tragica seconda guerra mondiale che sconvolse il mondo intero». Ciampi ha usato il linguaggio delle celebrazioni, anche per una sconfitta: ha rievo- cato le «epiche battaglie» combattute dalla «migliore gioventù dei nostri popoli», ha ricordato che «ogni duna, ogni metro di deserto furono aspramente contesi» parlando da quota 33, «un'altura che a malapena si nota, ma che divenne una montagna conquistata, difesa, vinta e persa». Ha citato la lapide posta al chilome¬ tro 111 della strada per Alessandria, «una lapide italiana che ricorda "mancò la fortuna, non il valore". A nessuno mancò il valore. In migliaia caddero in quelle battaglie. Tanti compagni d'armi, tanti amici della mia gioventù non sono tornati». Poi Ciampi ha inserito El Alamein nel percorso della memoria ricomposto in questa prima metà di settennato - da San Martino a Marzabotto - lungo la linea di congiunzione che dal Risorgimento porta alla Resistenza e alla Costituzione repubblicana. L'approdo di quel cambiamento rivendicato dal presidente alla sua generazione, alla generazione della seconda guerra mondiale, è l'Europa. «Noi, i sopravvissuti, abbiamo cercato di costruire un mondo diverso e migliore, più libero, più giusto. Le generazioni che non hanno vissuto la guerra devono avere piena consapevolezza delle conquista di libertà e di democrazia». Altro segno dell' approdo è la carta delle Nazioni Unite, che «ha recepito l'anelito di pace e la consapevolezza della necessità di un impegno comune», come testimoniano gli interventi di un'ampia coalizione internazionale nei Balcani e in Afghanistan. «Possa il sacrificio e la memoria dei caduti assistere noi e le future generazioni nell'affrontare con coraggio e spirito di pace le prove che ci attendono», ha concluso Ciampi; nell'intento di inserire con pieno diritto la guerra in Africa settentrionale, dove in tre anni si trovurono a combattere mezzo milione di italiani, nella memoria condivisa e nella coscienza identitaria della nazione. «Duello» tra ministri Martino: ci battemmo dalla parte sbagliata . Tremaglia: la causa della Patria non è mai sbagliata tm I :JI ^Éd^ ^4, ^ I presidente Ciampi al suo arrivo, accompagnato dal ministro della Difesa Antonio Martino, passa in rassegna dei mezzi d'epoca schierati lungo il viale d'accesso al Sacrario