«Chiamparino, nessuna prova di corruzione»
«Chiamparino, nessuna prova di corruzione» TORINO, GLI IMPRENDITORI HANNO EFFETTUATO I VERSAMENTI IN SUA ASSENZA «Chiamparino, nessuna prova di corruzione» Il procuratore: dalie indagini attuali non emerge un finanziamento illecito Alberto Caino TORINO E' alle sette della sera che il procuratore capo Marcello Maddalena archivia il «giallo» dei 30 milioni (in lire) di contributi elettorali fantasma all'allora candidato sindaco Sergio Chiamparino. Lo fa con un comunicato stampa in cui ogni parola è stata soppesata con attenzione: ((Alla luce delle indagini finora effettuate (compresi i chiarimenti odierni fomiti dal sindaco) non emerge alcuna ipotesi circa un finanziamento diretto e personale del sindaco stesso essendovi anzi traccia del contrario». Virgole a parte, è tutto molto chiaro. Anche perché, al punto seguente, il magistrato aggiunge: «Sono in corso di verifica la regolarità e la completezza delle procedure seguite nell'ambito del comitato elettorale e relative ai finanziamenti oggetto dell'indagine». Tradotto dal giuridichese, significa che Chiamparino non c'entra, che quattro imprenditori (dei sei che parteciparono alla colletta elettorale), tutti quelli sentiti sinora, hanno concordemente ammesso di aver versato il loro obolo in assenza del futuro sindaco: il candidato si era già allontanato, né, prima di farlo, aveva battuto cassa. Che, infine, non è ancora saltato fuori chi quei denari abbia ritirato per sua ammissione e, soprattutto, quale «fine» abbia riservato a contanti che non lasciano traccia. Chi li avrebbe caldeggiati e. stando alla descrizione fisica data dall'imprenditore Piero Arlotto, pure incassati (un uomo sulla cinquantina, alto uno e settanta, robusto) oggi nega. E' Antonio Monaco, il padrone di casa, l'uo¬ mo delle coop San Pancrazio e Di Vittorio nella cui sede di via Perrone 3 avvenne l'incontro fra Chiamparino e gli imprenditori asfaltisti, nei mesi scorsi diventati grazie a ben altre cronache giudiziarie i «torinisti» (il cartello più importante fra quanti da metà degli Anni 90 hanno monopolizzato gli appalti pubblici sfruttando i limiti della legge Merloni). Altra storia, in cui sono recen¬ temente entrati per la porta secondaria una quarantina di tecnici comunali, regolari travet da mille euro al mese che arrotondavano con le tangentine dei soliti asfaltisti per chiudere un occhio di qua (sui lavori) e accelerare di là le pratiche dei pagamenti. Un'inchiesta da 31 arresti, tre latitanti, decine di indagati, montagne di carte che salgono ad ogni nuova confessione e chiamata di correità. Il sindaco ci finisce in mezzo lunedì 30 settembre, quando l'imprenditore Fernando Pia si siede davanti al procuratore aggiunto Bruno Tinti e ai pm Cesare Parodi e Paolo Storari. Adesso Maddalena chiarisce che è stato un caso: «Non si è mai presentata nessuna ipotesi di condotta, a qualsiasi titolo ed in qualsiasi modo collegata con vicende relative a turbative d'asta o a fatti corruttivi». . E' una pietra tombale sui rumors politici e mediatici. Il sindaco può tornare a sorridere e lo fa alle sette e trenta della sera in tv, al termine della sua giornata giudiziaria. Cominciata alle 8,45 con una telefonata dell'avvocato Fulvio Gianaria, appena nominato difensore del sindaco, a Maddalena. Il legale chiede al procuratore di sentire subito Chiamparino e, in caso di estraneità del cliente, di riparare ai danni provocati dalla fuga di notizie con ima dichiarazione coram populo. Meno di due ore dopo il procuratore e i suoi sostituti Giancarlo Avenati Bassi e Giuseppe Ferrando (quelli dello scandalo Odasso) si chiudono in ima stanza del periferico tribunale di SorvegUanza con il sindaco e l'avvocato. Dura un'ora l'interrogatorio. Attacca Maddalena chiedendo all'indagato per violazione della legge sul finanziamento dei partiti («Un atto dovuto») come abbia saputo. L'altro, serafico: «Dai giornalisti». Si supera l'imbarazzo venendo rapidamente al dunque con Chiamparino: «Ricordo che andai in via Perrone in uno di quei giorni in cui gli incontri elettorali erano almeno una dozzina. Parlammo per ima mezz'ora dei miei progetti per la città. Gli imprenditori avevano un problema: il ritiro di una delibera di Castellani che aveva stabilito, ogni volta che l'Enel, l'Aem o chi altro avessero aperto cantieri e buchi nelle strade provvedessero anche alla riasfaltatura di propria iniziativa. Ho ascoltato e, da sindaco, ho mantenuto in vigore la delibera di Castellani: conveniva alla città». Poi tocca a Monaco, chiamato in causa in modo incerto anche dall'imprenditore Sebastiano Borio, sentito appena martedì pomeriggio dai pm. Indagato pure lui per atto dovuto, lo assiste l'avvocato Guido Chiarloni: l'uomo delle coop - nel 1981 si era messo in luce acquisendo le opzioni di acquisto dai proprietari dei terreni agricoli di Grugliasco su cui qualche anno dopo sorse il centro commerciale Le Gru - si sfila. «Me ne andai con il sindaco. Non so altro». Prima e dopo entra ed esce il testimone Franco Ferrara, il commercialista che teneva la contabilità dei contributi (800 milioni di lire) elettorali a Chiamparino: «Quei 30 milioni non risultano versati». Del giallo resta una coda piccola piccola. Il sindaco di Torino Sergio Chiamparino
Luoghi citati: Grugliasco, Monaco, San Pancrazio, Torino
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