«Ora la sfida sarà salvare la piccola» di Marco Neirotti

«Ora la sfida sarà salvare la piccola» LE STRATEGIE DEGLI PSICOLOGI PER AIUTARE LA SOPRAVVISSUTA CHE HA SOLO OTTO ANNI «Ora la sfida sarà salvare la piccola» «Raccontarle la verità e dirle che c'è stato un po' d'amore per lei» analisi Marco Neirotti CHIERI (Torino) E adesso quale futuro, piccola Chiara? La madre uccisa, il padre che non c'è più, ed è stato proprio lui a toglierti mamma. Fermiamoci a pensare quale morte a scoppio ritardato, quale prolungata morte degli affetti possa essere questa realtà degli 80 colpi sparati tra quelle case di Chieri. Lo sarà anche per i suoi fratelli, Andrea e Daniele, certo, ma loro hanno già difese interne, qualcosa da opporre alla lacerazione. Lei, Chiara, a otto anni, è in balia di questa atroce stazione sul cammino della sua crescita. Nel suo futuro entrano i parenti così affettuosi, solidi, presenti - ma proprio ai parenti, assistiti dagli specialisti, spetterà la fatica di aiutarla, non ingannarla, saperla ascoltare. A loro e ad Andrea, 0 maggiore, con i suoi vent'armi e il suo dolore, i suoi interrogativi personali, rimane il compito più duro per salvarle lo sguardo sul mondo e su di sé. Si sono mossi subito e bene a Chieri. Il servizio di psicologia dell'Azienda sanitaria, diretto da Pierangela Peila, e il Consorzio socioassistenziale del Comune, diretto da Raffaela Quercini, hanno «filtrato» il primo impatto della bambina con una realtà così strana: la lezione sospesa, il non poter andare a casa, la conferma che non era un gioco, ma qualcosa di pesante e cupo. E, una volta tanto, una notizia consolante: confermano insieme, Peila e Guercini, che «la scuola è stata garbata, fondamentale. La maestra le ha addolcito, o, meglio, portato come un passaggio della vita, della giornata, quel cambiamento improvviso». Fin qui, dunque, tutto bene, in questo lago di male. Ma non si può allentare nemmeno per un attimo lo sguardo, la parola sul domani. E' partita la risposta immediata: un'equipe che ha affiancato l'insegnante e ora entreà nelle aule, nelle case, fra i boys scout per spiegare come davvero gestire Ù giorno per giorno di tutti. Perché, dice la Peila, «la continuità è sicurezza, quindi Chiara deve poter restare fra figure certe, contatti affettivi solidi». Solidi significa non generici, non buttati lì, coscienti di come si può aiutare, in questo ambiente che di voglia di aiutare ne ha tanta. Lei, la piccola - così come i cugini - rimane da parenti. Sul tavolo di Pier Carlo Pazé, procuratore della Repubblica per i minorenni, è già arrivata la segnalazione degli inquirenti, quella, per intenderci che parla di due «minori rimasti d'improvviso orfani» (Andrea è maggiorenne) e il magistrato guarda le carte e segue gli articoli del codice civile, il 403 e il 371, che stabiliscono il da farsi. Il da farsi è il passaggio di mano al giudice tutelare del tribunale di Torino: sarà lui, con i servizi sociali del territorio a muoversi. Questa è la parte burocratica, ma anche in queste stanze dove sono passati, per esempio, Erika e Omar, a cuore sta più di tutto il futuro, l'appoggio, il sostegno. Dice Pazé: «Sarà duro, impegnativo. Sarà una sfida. Ma le cose vanno dette, ogni cosa spiegata toglie ansia e in questo i servizi aiuteranno chi se ne prende cura. Ho sentito parlare dell'utilità di andar via di lì. Lo àie. chi non si ricorda che viviamo nel villaggio globale. Non c'è angolo d'Italia non toccato da questa vicenda. Quello che conta adesso è la possibilità di affetto e, soprattutto, quella di ascolto». Povera Chiara, che psr fortuna non ha sentito i colpi. Sentila la verità e soprattutto dovrà trovare, per poter cresce indenne e non mezza ammazzata, chi saprà ascoltare lei e le sue reazioni a una verità incancellabile, chi saprà spiegarle, starla a sentire, anche a decifrare nelle risposte meno leggibili, e poi rasserenare. Adolfo Ceretti, psicologo, docente di criminologia all'Università di Milano, è uno degli esperti maggiori nell'ascolto dei minorenni. E proprio sull'aiuto che si può dare a Chiara, impedendole di crescere con pesi insopportabili dentro, dice: «Partirei da un paradosso, da qualcosa che può lasciare di stucco: dentro questo orrore c'è anche un gesto d'amore, cioè la scelta di lasciar vivere i figli. Lo so che fa accaponare la pelle, però per ricostruire dobbiamo partire di lì, far capire, per gradi, come bene e male non sono due mondi diversi, far capire come si intrecciano». Non si può nascondere la verità, non serve ì'iperprotezione, è pericolosissima la menzogna che verrà smentita, ma è la mano delicata che porge una verità da sfogliare. Dentro a distruzione esiste la possibilità di muoversi: «Entrare negli interstizi di questa rovina, non passarci sopra senza vederli. Ascoltare, decodificare le reazioni e alle reazioni saper rispondere». Quello che non serve è spingere a dimenticare. Ancora Ceretti: «Quando la memoria del computer è piena, possiamo con un tasto buttare via tutto il cestino. Ma la piccola Chiara il cestino ce l'ha e ce l'avrà dentro. Se non vogliamo fame una psicotica, dobbiamo renderla cosciente di ciò che è accaduto e il cestino vuotarlo adagio, con la delicatezza di cui siamo capaci». «La sua mente è come un computer, deve vuotare piano piano il suo "cestino" interiore»

Persone citate: Adolfo Ceretti, Ceretti, Peila, Pier Carlo Pazé, Pierangela Peila, Quercini

Luoghi citati: Chieri, Italia, Milano, Torino