Grattacieli, bidonville e panda all'ombra del boom economico

Grattacieli, bidonville e panda all'ombra del boom economico ALLA RICERCA DELLA CINA SCONOSCIUTA TRA NEOCAPITALISMO E TRADIZIONE Grattacieli, bidonville e panda all'ombra del boom economico REPORTAGE Marco Moretti DOPO il tramonto, la gigantesca statua di Mao che domina la piazza principale di Chengdu si illumina, incorniciata dai neon multicolori delle pubblicità di Samsung, Sony, Motorola e Coca-Cola. Un gioco di luci e immagini che sintetizza la Cina di oggi, dove il libero mercato convive con l'inflessibile autorità del Partito Comunista. E la corsa ad arricchirsi e a consumare non cancella anacronistici miti rivoluzionari: quello del "Grande Timoniere" innanzitutto. Chengdu, capitale della provincia del Sichuan, è la città in cui nacque Deng Xiao Ping, quella dove - dopo la morte di Mao - il grande riformatore iniziò il processo di modernizzazione del Paese. Chengdu significa «metropoli perfetta», così la progettarono i suoi fondatori nel 316 a.C, durante la IV dinastia Zhou. Oggi è un caotico fiorire di grattacieli, centri commerciali e svincoli autostradali, un'affollatissima realtà metropolitana, dove svettanti alberghi cinque stelle fanno ombra a mercati agricoli e a sgangherate bidonville, dove milioni di biciclette dividono vie e piazze con le luccicanti automobili dei miracolati dal boom economico. Una megalopoli di 10 milioni di abitanti alla guida di una provincia che ne conta quasi 90 milioni. Il Sichuan - ignorato dal turismo occidentale (in Cina rappresenta solo il 5 per cento del flusso di visitatori stranieri) - ospita però alcune delle meraviglie meno note del gigante asiatico, tre siti classificati dall'Unesco patrimonio dell'umanità: i parchi nazionali di Jiuzhaigou e Huanglong e il Grande Buddha di Leshan. La strada che collega Chengdu a Jiuzhaigou (situato nel nord-ovest del Sichuan) insegue per ore - tra precipizi e cave di carbone - i profondi canyon scavati dal fiume Min. Fino a Songpan, una cittadina con una porta dell'epoca Min in pessime condizioni, con botteghe musulmane e donne tibetane che indossano costumi colorati, le stesse che si vedono lavorare nei campi di soia circostanti. Poco dopo Songpan si lascia la strada principale per uno sterrato, una deviazione di 42 chilometri attraverso un passo a 4200 metri, dove ragazzi tibetani propongono ai visitatori escursioni a cavallo - che porta al parco nazionale di Huanglong (3200 metri). Da qui, camminando per due ore tra boschi di azalee, si raggiunge il Lago dei Cinque Colori: decine di pozze turchesi che, a 3700 metri, digradano tra calde sorgenti sulfuree. Nello scenario maestoso dei monti Min Shan, ciò che più sorprende è il colore dell'acqua che, per la presenza di una varietà di carbonato di sodio, è trasparente e di un blu sovrannaturale che cambia di intonazione nel corso della giornata. Un fenomeno che riguarda Huanglong come Jiuzhaigou, il parco nazionale in cui ha origine la valle del Min. Il fiume che attraversa l'intero Sichuan nasce in uno scenario di laghi, cascate, foreste di conifere e vette innevate che ricorda le Montagne Rocciose degli Stati Uniti. Oui non ci sono però ranger e cow-boys, ma templi buddisti e popolazioni tibetane, hui e qiang - oltre agli han, quelli che noi chiamiamo cinesi - che abitano in villaggi di case di legno, indossano variopinti costumi tradizionah e vivono allevando gli yak. Jiuzhaigou ospita una delle più straordinarie serie di laghi del mondo. Nel parco - ha una superficie di 600 chilometri quadrati - è vietato l'accesso ai mezzi privati: lo si visita con un bus navetta che compie un itinerario circolare sostando nei 28 punti ^i maggiore interesse paesaggistico. Un percorso tra specchi di acqua dai nomi romantici e dall'aspetto magico. C'è il lago del Drago Addormentato: raffigurato da braccia di terra coperte di vegetazione che si inoltrano tra acque colore cobalto. Il lago dei Cinque Fiori circondato di boschi di azalee di tutte le tinte. Il lago dei Cinque Colori, situato al fondo di un ripidissimo sentiero da cui il suo blu appare come in un miraggio. E iì lago Lungo, chiuso tra cime nevose, dove si compiono escursioni in barca. Tra le molte cascate, le più spettacolari sono le Nuorilang, quelle delle Perle e quelle del Panda. Il Sichuan ospita l'SO per cento del migliaio di panda sopravvissuti in Cina. Avvistarli a Jiuzhaigou è però improbabile. Li si può invece vedere da vicino nella capitale - a venti minuti di taxi dal centro, al Chengdu Research Base of Giant Panda, la riserva laboratorio dove, dal 1987, un'equipe di zoologi è impegnata nella ricerca per impedire la loro estinzione. Da Chengdu ci si dirige invece a sud per raggiungere Leshan e il Grande Buddha. Qui la valle del Min si apre tra piatte risaie, mercati agricoli e colline foderate di piantagioni di tè. Il contra- sto con la metropoli è fortissimo. Agi e consumi della nuova borghesia cittadina qui lasciano il posto alla vita dura di una campagna lavorata ancora con mezzi primitivi: alle file di donne che - curve - piantano il riso con l'acqua alle ginocchia, a portatori che trasportano gerle quattro volte più voluminose di loro, a biciclette che - tra strade sconnesse - caricano animali vivi, covoni, tronchi, ceste. A Leshan, il Grande Buddha si erge imponente dalla scoghera alla confluenza dei fiumi Min e Dadu. Scolpita nella roccia è la più grande statua di Buddha del mondo. La sua costruzione iniziò nel 713 d.C. - durante la dinastia Tang, quella dell'Esercito di terracotta di Xi'an - e impegnò decine di migliaia di operai per 90 anni. Le sue dimensioni sono ciclopiche: 71 metri d'altezza (18 più della scultura maggiore di Bamiyan, in Afgani- stan) e 28 di larghezza, i lobi delle orecchie misurano 7 metri, l'alluce 8,5 metri e la sua unghia un metro e mezzo. Restaurato dall'Unesco nel 2001, il Grande Buddha è uno dei siti più visitati in Cina. Una fila ininterrotta di persone percorre il sentiero a serpentina che si snoda lungo la parete laterale al Buddha, tra templi, bassorihevi e padiglioni di epoca Han, Min e Qing. La migliore visione di insieme la si ha però dai battelli che solcano il fiume. In un Paese in cui, nell'ansia di ritornare alla tradizione, antichità e copie di monumenti spesso si mescolano senza soluzione di continuità, si è pensato di moltiplicare le attrazioni (e i profitti che ne derivano) per le masse di turisti attirate a Leshan dal Grande Buddha. E' stato così creato l'Orientai Buddha Park, una collezione di tremila repliche delle più famose sculture dell'Illuminato sparse in Asia. E nel 2001, dopo la distruzione delle statue di Bamiyan da parte dei talebani, l'Orientai Buddha Company ha investito 200mila dollari per scolpire nella roccia le copie delle famose statue afgane. La finzione buddista in Cina rende: questa Disneyland del Dharma ha moltiplicato il numero di visitatori. IL SICHUAN, QUASI IGNORATO DAL TURISMO OCCIDENTALE, OSPITA TRE SITI CLASSIFICATI PATRIMONIO DELL'UMANITÀ: I PARCHI DI JIUZHAIGOU E HUANGLONG E IL BUDDHA DI LESHAN Valle del Min: il fiume nasce tra laghi, cascate, foreste e vette innevate che ricordano e Montagne Rocciose. Non ci sono ranger e cowboy ma templi e popolazioni tibetane, lui e qiang (oltre gli han, quelli che noi chiamiamo cinesi) che abitano in villaggi di case di legno e allevano yak L'immensa statua in onore di Mao a Chengdu e due ragazze Qiang. Dall'alto: il grande Budda di Leshan e la cascata di Jiuzhaigou

Persone citate: Deng Xiao Ping, Giant, Mao, Marco Moretti, Qing