Quel male diventato innominabile, quando la medicina comincia a guarirlo di Eugenia Tognotti

Quel male diventato innominabile, quando la medicina comincia a guarirlo Quel male diventato innominabile, quando la medicina comincia a guarirlo RECENSIONE Eugenia Tognotti QUANDO, nel 1665, Anna d'Austria, madre del Re Sole, si ammala di un cancro al seno, il medico di corte la cura con preparati a base di cicuta e di polvere di pietra grigia. Ma la situazione precipita e dopo qualche tempo la regina è colpita da un'erisipela ai due seni che si complica in cancrena. Per alleviarle i tormentosi dolori è necessario somministrarle infusi di papavero e sostanze oppiate. Per i medici del tempo c'era ben poco altro che si potesse fare. Oggi sappiamo che il cancro ha origine dalla trasformazione di una sola cellula «rinnegata», priva di «senso civico», per dirla con le parole di un famoso scienziato, Robert A. Weinberg. Una cellula fuorilegge, insomma, che smette di comportarsi normalmente e continua riprodursi a spese delle sue vicine. Ma, naturalmente, quattro secoli fa, a dominare era la pesante eredità di Ippocrate e Galeno. Nella percezione medica la proliferazione tumorale era una conseguenza locale di uno squihbrio generale. E a questa spiegazione eziologica corrispondeva la cura. Che prevedeva un regime alimentare adeguato, purghe e salassi che avevano il compito di tenere sotto controllo la malefica bile nera, l'atrabile, ritenuta responsabile dell'oscuro male che rodeva, scavava e accerchiava le carni : come un «granchio», l'animale che evocava più da vicino il sinistro, silenzioso lavorio del male. L'intervento locale - secondo alcuni chirurghi - era possibile solo se «il canchero» era molto piccolo e il coltello poteva «agevolmente agire». Quest'idea sul carcinoma o scirro - come è indicato nei testi ippocratici - aveva attraversato i secoli fino al Seicento, quando la scoperta del sistema linfatico porta a formulare l'ipotesi che non ad un irreparabile «guasto atrabiliare» - secondo la definizione di Galeno - era dovuta la formazione dei tumori cancerosi, ma alla linfa che, coagulandosi in questa o quella parte del coipo, dava luogo alla malattia. L'orizzonte, insomma, è anco- ra quello dell'antica patologia umorale. Poco, nell'oncologia, si fanno sentire gli effetti della rivoluzione scientifica innestata da Galileo e da Cartesio. È anzi quest'ultimo a rilanciare l'antica teoria del cancro come un disturbo generale dell'organismo. Per una rottura della percezione medica delle proliferazioni tumorali e per l'affermarsi della teoria del processo patologico locale occorre aspettare il Settecento, il secolo di tutte le rivoluzioni. L'osservazione di un medico inglese che il cancro allo scroto era particolarmente diffu- RECENEugTog so tra gli spazzacamini della vecchia Londra esposti alla fuliggine, rafforza l'idea del cancro come malattia locale (e professionale). E la teoria della lesione dei tessuti confluisce a chiarire che le diverse localizzazioni corrispondono ad una sola malattia che interessa lo stesso tessuto in organi diversi. L'insieme delle nuove acquisizioni - compresa la nozione di metastasi - contribuisce a rafforzare l'interpretazione locale dei tumori. Una svolta, questa, che avrebbe poi SIONE nia otti incoraggiato nell'Ottocento il trattamento chirurgico, mentre i nuovi mezzi di diagnosi istologica facevano crescere progressivamente il numero dei casi considerati operabih. E' il primo passo della lunga strada che tra speranze e successi ha portato il male «inguaribile» per definizione a diventare «guaribile», almeno per alcuni tipi di tumore. L'itinerario scientifico e concettuale che ha condotto a questa meta è ora ricostruito, con affascinante chiarezza, in un libro scritto a quattro mani. Il male del secolo. Gli autori, Giorgio Cosmacini e Vitto- rio A. Sironi - medico, filosofo e storico della medicina il primo, neurochirurgo e storico della sanità il secondo - tracciano, da due diversi angoli di osservazione, un resoconto della rivoluzione delle conoscenze, delle pratiche antitumorali, della febbrile attività di ricerca nelle «fucine dell'oncologia» che comprende anche prestigiose istituzioni di ricerca italiane. Una storia scientifica, la loro, che tiene conto anche di false partenze, delusioni, esperimenti falhti e che am- va praticamente ai giorni nostri, alle ultime acquisizioni sulla carcinogenesi e sulle prospettive per la prevenzione. La quale implica naturalmente un'azione su molti fronti: la ricerca, la tutela dell'ambiente, i comportamenti. Sullo sfondo le annose dispute sulle cause del cancro, emerso come una delle prime cause di mòrte negli Anni Cinquanta del Novecento. Sconfitte, grazie ai prodigiosi successi della batteriologia, le malattie infettive e aumentata la vita media, erano ora le malattie oncologiche a dominare la scena patologica e a rappresentare una delle prime cause di morte, imponendosi nell'immaginario collettivo come la nuova epidemia del XX secolo. Dal libro emerge un paradosso: conosciuta e studiata dall'antichità - tanto che se ne parla in papiri egiziani nel 3500 a.C - la malattia è diventata «innominabile» nel mondo occidentale proprio quando la ricerca biomedica ha cominciato a disvelame i segreti nel secondo dopoguerra. Una «convenzione sociale all'occultamento» - come è stata definita dalla scrittrice americana Susan Sontag - che non ha cessato di operare - almeno nel linguaggio - nonostante i successi della medicina che hanno portato il male oscuro a diventare una malattia curabile, «oggi recepita come tale - scrive Cosmacini non solo dal mondo medico, ma anche da una parte sempre più consistente della pubblica opinione». DIAGNOSI E TERAPIE DEL CANCRO, DALL'ANTICHITÀ AD OGGI: UNA «CONVENZIONE ALL'OCCULTAMENTO SOCIALE» PARALLELA Al SUCCESSI DELLA RICERCA E DELLA CHIRURGIA tìt** ini ^S^irf Vii""" r tì&Se* cr" Giorglo Cosmacini, Vittorio A. Sironi II male del secolo. Per una storia del cancro Laterza, pp.276, G.30 SAGGIO

Persone citate: Cosmacini, Galeno, Giorgio Cosmacini, Robert A. Weinberg, Sironi, Sironi Ii, Susan Sontag, Vitto

Luoghi citati: Austria, Londra