COME EVITARE LA GUERRA INEVITABILE di Boris Biancheri

COME EVITARE LA GUERRA INEVITABILE L'AMERICA E SADDAM COME EVITARE LA GUERRA INEVITABILE Boris Biancheri LA guerra è inevitabile e forse può essere evitata. In questa formula sta tutto il lungo duello di Bush con il Congresso da cui è ora uscito sostanzialmente vincitore ottenendo l'assenso di entrambe le Camere all'opzione dell'intervento militare in Iraq. La scelta di non indebolire il Presidente in un momento di gravi decisioni nazionali ha prevalso sulle esitazioni di ordine pohtico e etico, e sugli stessi interessi del partito democratico che avrebbe probabilmente tratto vantaggio mettendo l'amministrazione in difficoltà alla vigilia delle elezioni del 5 novembre prossimo. Ma il voto del Congresso significa veramente guerra? Il dilemma che divide l'America dall'Europa e l'America al suo intemo, il dilemma sul quale ora anche l'Accademia di Svezia fa sentire la sua voce assegnando a Carter il Premio Nobel per la Pace, quasi contrapponendolo al Presidente belhcoso che siede alla Casa Bianca, può riassumersi davvero in questi termini? Le opinioni pubbliche, in America, in Evuropa e in ogni parte del mondo restano divise sulle reali intenzioni del presidente. C'è chi ritiene che Bush sia comunque determinato a fare guerra all'Iraq e sbarazzarsi di Saddam Hussein con la forza. Costoro vedono in Bush la vocazione all'azione unilaterale, la volontà di affermare il ruolo degli Stati Uniti nel mondo e anche le pressioni di certi ambienti economici americani. Così la pensano coloro che diffidano profondamente di tutto ciò che comunque viene dall'America. Ma la pensano così anche coloro che giudicano pericolosa non la politica americana in sé ma l'attuale gestione della Casa Bianca, ne ravvisano le incongruenze e la scarsa sensibihtà ai rischi di un'azione militare contro un paese islamico. Vi sono invece altri che pensano che una guerra in Iraq sarebbe per gli stessi americani costosa in termini di vite umane e traumatica in termini psicologici e che nessun presidente vi si lancerebbe se potesse ottenere il risultato a minor costo. Ma che, al contempo, se Saddam Hussein non sarà assolutamente certo di un attacco americano non Gambiera l'atteggiamento tenuto per anni e riprenderà le schermaghe con l'Onu e il suo abile gioco di ispezioni-sì e ispezioni-no. Affinché Saddam Hussein ne sia assolutamente certo, dobbiamo però esseme assolutamente certi tutti, dentro e fuori degli Stati Uniti. Da qui, l'invio di navi e di truppe, le fughe guidate di notizie circa modi e tempi dell'intervento, i discorsi sempre più bellicosi. E' l'antico problema della credibilità della minaccia con cui abbiamo vissuto per decenni dopo la seconda guerra mondiale finché non vi ha posto termine la dottrina della reciproca distruzione che forse ha salvato il mondo. In qualsiasi caso si deve fare un atto di fede. Nessuno, neppure Blair, può sapere con certezza se la decisione di muovere guerra in Iraq sia di fatto già stata presa o no. Ma il doppio voto del Congresso, la evidente e alquanto inattesa conversione dei democratici dopo le iniziah battagliere dichiarazioni di Daschle, tutto ciò fa ritenere che lo schieramento «liberal» in America si sia rassegnato a pensare che, se si vuole lasciare una speranza alla pace, occorre essere convinti che la guerra sia inevitabile.

Persone citate: Bush, Daschle, Saddam Hussein