Il sindacalista che ha raccolto il voto dell'industria

Il sindacalista che ha raccolto il voto dell'industria lATRASFORMAZIONE DI DA SILVA NEI TREDia ANNI TRASCORSI DALLA SUA PRIMA CANDIDATURA Il sindacalista che ha raccolto il voto dell'industria Ha saputo porre l'accento sul tema del nazionalismo economico-finanziario personaggio Nr0N3i difficile irnifiafeinare che presto (dopo il voto di ieri) ci sarà la tentazione a ricercare parallelismi e similitudini tra Lula Da Silva e Sergio Coffera,! ti: il primo, un candidato che già ha corso, e il secondo un candidato ancora ai blocchi di partenza. E queste ricerche si faranno ancora più intense, ora che l'Ulivo è allo sbando e cerca una guida, mentre Lula, invece, pare già con un piede dentro! grandi saloni luminosi del Palazzo di Planalto. I progetti della sinistra vengono spesso vissuti come un impianto ideologico e culturale omologato dalla sua opposizione alle forme (attuali) del capitalismo, al di sopra di frontiere e sistemi economici, e si tenteranno magari scorciatoie d'analisi che però aiutano poco a capire. Perchè, se pure è vero che Lula è un leader sindacalista di lotta come Cofferati, e come lui ha ora ima bella barba grigia, e che le bandiere rosse dei «semterra» punteggiavano vivacemente i suoi comizi di questa campagna presidenziale, sarebbe saggio non lasciarsi fuohriare troppo dai colori della protesta, per immaginare che una vittoria del candidato del Partido Dos Trabalhadores riporti ora al centro della politica brasiliana (e sudamericana) le formule sulle cpiali la «izquierda» del subcontinente ha cercato di costruire il proprio modello politico: un modello capace di coniugare le aspettative rivoluzionarie delle grandi masse di poveri e diseredati con i progetti di modernizzazione riformista di Stati e società segnati da aspre arretratezze, da squilibri di reddito drammatici, da tensioni provocate da corporativismi di discendenza coloniale. Se infatti ricordiamo quello che - al tempo della prima candidatura di Lula, nell'89 andava dicendo il presidente della potente Confindustria dello Stato di San Paolo (cioè del cuore dell'economia brasiliana), Mario Amato, che «qualora eleggeste Lula, allora un milione d'imprenditori dovrà scappar via da questo Paese», e lo confrontiamo con quanto andava invece dicendo in questi giorni il presidente d'una delle più grandi banche brasiliane, la Itau di Roberto Setubal, che «Lula sarà un capo dello Stato ragionevole e pragmatico», vuol dire che qualcosa è cambiato. E' cambiato certamente il programma di Lula, che non parla più di «socialismo» e di «moratoria dei debiti»; ed è cambiato in parte anche il mondo dell'economia brasiliana, con 600 imprenditori che hanno sottoscritto pubblicamente il progetto di governo del candidato del Pdt. Ma poiché dietro Lula sono ancora schierati anche i «semterra», la chiesa della teologia della liberazione, i movimenti no globale i gruppi più radicali della protesta politica, una spiegazione di. questa blasfema unità che mette assieme il'diavolo e l'acqua santa può essere trovata soltanto andando a fondo dentro il programma di questo candidato della «esquerra»; e nel viaggio dentro i miti (le bandiere rosse, i pugni in aria, il crocefisso con la legge agraria, anche l'operaio che diventa Presidente) si scoprirà allora come 11 riformismo di Lula venga approvato con tanta estensione di consensi perché ha saputo porre l'accento su un tema che la sensibilità brasihana apprezza particolarmente: quello del nazionalismo, d'una difesa doé degli interessi del Paese in contrapposizione a quella che pare la minaccia più seria - l'egemonia economica e finanziaria di Wall Street. Ora, su una linea antiyankee non è difficile convocare all'appello quote maggioritarie d'una sodetà (qualsiasi società latinoamericana, poi) che ha sempre vissuto con amarezza l'intrusione pesante del Dipartimento di Stato e del Pentagono negli affari intemi del Paese. Più nuova, invece, è l'adesione che alla convocatoria manifestano ampie quote dell'industria paulista: l'economia brasihana - che poi è l'undicesima al mondo - ha certamente accelerato i tempi di adejuamento all'innovazione tecnoogica, però il suo ritardo, la sua capacità sul mercato, restano ancora drammaticamente penalizzanti a fronte della qualità concorrenziale dell'offerta nordamericana. E se nazionalismo («Um Brasil decente») significa opporsi alle forme devastanti della globalizzazione, e all'egemonia che Washington intende imporre sulla costruzione in corso del Mercato Comune America¬ no, l'Alca, allora diventa più comprensibile l'appoggio ora della Confindustria paulista a un candidato che si è tagliato la sua pecchia barba da Mangiafuoco e predica l'orgoglio nazionale anche come progetto d'un impianto politico e legislativo capace di proteggere il lavoro brasiliano. iNon sarà mutile ricordare poi che il Pdt di Lula regge già con successo 186 comuni, anche grandi comuni (quello di San Paolo vale quanto un Paese europeo), e 5 Stati della Federazione brasiliana. In un simile contesto, il problema della definizione di un programma, e d'una candidatura, di sinistra sembra trovare un'eco nel manifesto di Castaneda - quello della Utopia Disarmata - che esortava la «izquierda» latino-americana ad abbandonare la solitudine improduttiva dei miti e trovare nuove alleanze sociali e nuovi spazi di costruzione del consenso popolare. L'appoggio dato ora dalla Confindustria si spiega con il suo opporsi alle forme più estreme della globalizzazione e all'egemonia Usa Il suo partito regge già con successo 186 comuni e 5 Stati della Federazione, forte di nuove alleanze sociali e spazi di consenso

Persone citate: Castaneda, Cofferati, Mario Amato, Sergio Coffera

Luoghi citati: America, Lula, San Paolo, Usa, Washington