P. K. Dick, un Report contro i poteri occulti

P. K. Dick, un Report contro i poteri occulti P. K. Dick, un Report contro i poteri occulti LjINVENIQRE che sconta sul■la propria pelle le conseguenze impreviste della propria invenzione è, almeno a partire da Frankenstein in poi, uno dei fqpoi più classici di una SF che tende a muoversi sull'orlo del fantastico e del gotico romantico. .Rapporto di minoranza, uno dei più intriganti e anticipatori racconti di Philip K. Dick., ripubblicato a distanza di alcuni decenni da Fanucci in Rapporto di minoranza e altri racconti con la consueta introduzione illuminante di Carlo Pagetti, non senza uno sguardo d'attenzione all'uscita contemporanea del film di Steven Spielberg e l'accompagnamento àigadgets vari, cartacei e non, sembra a prima vista non costituire un'eccezione. Di fatto invece finisce per esserlo, perché questo singolare scrittore sul quale negli ultimi tempi qualcuno vorrebbe fondare una religione alla Ron Hubbard e che, alla resa dei conti, non ha a mio parere mai creduto di essere né un artista né meno ancora un profeta, bensì soltanto un tormentato e tormen- tante analista delle tendenze e delle implicazioni più occulte, angosciose e temibili dei propri tempi, la butta, con quel tanto di psicotico e di ossessivo che sempre l'ha contraddistinto, nella dimensione di un virtuale che pare scaturire da una commistione assurda ma non illogica tra tecnologia e tecnocrazia, tra robotica ed elettronica, tra psichedelia e massmediologia. Una mistura ribollente e schiumosa dove figure della fantascienza tradizionale (apparentabili magari con quelle che animano i mondi di Slam di Van Vogt o di Fahrenheit 451 di Bradbury, pur degenerando a volte in soluzioni avventuristiche alla Missione impossibile ultima maniera) si muovono in spazi non dissimili da quelli dell'/soZa del dr. Moreau di Wells, oscillando tra il sublime e il bathos, tra la bestialità e la metapsichica più consolatoria. I precog che nella loro statica idiozia fissano le regole di una società che prevede il delitto e che quindi condanna il criminale prima ancora che realizzi il suo misfatto condividono infatti nella loro demenza impotente ma decisiva le norme che definiscono i canoni di Alice attraverso lo specchio di Lewis Carroll (guarda caso, un apprezzato e preveggente matematico), secondo le quali, stando almeno ai paradossi degli specchi e degli scacchi, per «avvicinarsi» occorre «allontanarsi», in virtù di una logi- RECENRugBia SIONE ero chi ca simmetrica e opposta non troppo antagonistica rispetto a quella delle interfacce, dei collegamenti neurali, dei chips sensoriali che potrebbero (o possono?) stare (o stanno?) alla radice del pensiero disumano della Rete. Singolarmente, più passa il tempo è più cresce il numero di persone (a cominciare dagli americani stessi) convinte che l'uomo non si sia mai cimentato in avventure spaziali, non abbia mai conquistato la Luna, non abbia mai messo in atto Desert Storni. Che cioè la celebrata www abbia preceduto la conoscenza che oggi ne abbiamo e la condizioni pesantemente. Aver intuito tutto questo, vero o falso che sia, giustifica l'attenzione che in questi ultimi anni è riaffiorata quasi di colpo nei confronti di Dick e alimenta il dubbio diffuso che prodotti come Matrix costituiscano soltanto volgarizzazioni a posteriori di Total Recali o di Biade Runner. Che ad esempio ritornare oggi sugli Ufo sia soltanto la provvisoria soluzione mediologica che un qualche potere detentore di segreti ha scelto per divulgare al pubblico storie per esso da tempo scontate. Che tutto questo sia vero è naturalmente tutt'altro discorso, anche se c'è da chiedersi perché mai Dick ai suoi tempi si sentisse perseguitato, come il Burroughs di Nova Express odi The Ticket that Exploded, da inafferrabili e immaginarie polizie segrete, al punto da convincersi che ogni forma di comunicazione fosse intimamente inquinata. Il racconto Anni 50 dal quale è tratto il film di Spielberg con Tom Cruise anticipò la paura di una società della comunicazione in cui l'individuo è perennemente «sotto controllo» RECENSIONE Ruggero Bianchi Philip K. Dick Rapporto di minoranza e altri racconti trad. diP. Prezzavento. a cura die. Pagetti, Fanucci, pp. 220, 672,50 RACCONTI Tom Cruise in una scena del film di Spielberg «Minority Report»