Difendere i classici greci e latini contro l'effimero dei mass media

Difendere i classici greci e latini contro l'effimero dei mass media Difendere i classici greci e latini contro l'effimero dei mass media CLASSICI ANTICH Alessandro. Fo. NON è dato prevedere con chiarezza quale molo sarà assegnato ai classici greci e latini nella scuola italiana dell'immediato domani: forse verrà ridimensionato all'insegna di compromessi (panorami sulle radici, esclusivo ncorso a traduzioni), forse conoscerà ulteriori decurtazioni. Ma - in qualunque direzione intendano orientarsi strategie o capricci alla moda di Ministeri troppo spesso pasticcioni - resta il fatto che, quanto a 'letture fondamentah", è difficile individuare un serbatoio più ricco di quello delle letterature greca e latina. So che è noioso ripetere verità così evidenti da risultare ormai logore, ma è al patrimonio greco-romano che si riconducono tutte le grandi letterature occidentali. Sono gh antichi ad avere determinato una volta per tutte, e in maniera incancellabile, i principali percorsi mentali, tematici, teeniqi e stilisiiici:; della nostra cultura. Pochi scrittori moderni (forse..sola j..più ipoverih possono essere compresi senza tenere conto di come si siano misurati con il "prima", per allinearvisi o prenderne le distanze; e questo "prima" è stato fondato in un passato lontano, che solo uno sciocco orgogho della propria miopia, o un'ottusa forma di apriorismo fossile, possono pretendere di rinnegare. Il paradosso è che queste osservazioni, nella loro elementare evidenza, devono oggi venire continuamente riproposte da chi, nei classici, ama valori etici e estetici tuttora assolutamente vitali. La perpetua condanna a difendere l'ovvio e l'irrinunciabile è determinata con evidenza dall'inclinazione dell'epoca - si vedrà se anche dei competenti Ministeri - a valorizzare la superficialità, l'effimero, l'immagine, U presunto nuovo a tutti i costi, lo scoop massmediatico dalla durata di un giomo. E contrastare questa futile propensione, questo subdolo ma autentico principio di decadenza, dovrebbe essere una questione di militanza per ciascuno di noi: soprattutto per i ragazzi che si affacciano ora sull'imminente futuro. Vorrei qui, per i classici, selezionare una rasa aU'intemo di numerosi caposaldi che tutti, per la nostra cultura, hanno aperto e profondamente segnato una via, e restano se mai inosservati per troppa presunta "ovvietà". L'intero patrimonio greco andrebbe convocato come fondante, e di "magnifici" me ne spetterebbero almeno venti (senza contare i cristiani: i Vangeli, San Paolo, Agostino). Si pensi al teatro tragico dì Eschilo, Sofocle (si legga almeno il suo Edipo re, Mondadori) e Euripide, o a quello comico di Aristofane e Menandro. 0, per la storia del pensiero, a Platone - raccomando il Simposio (Fondazione Valla Mondadori), con i suoi diversi punti di vista sulT amore e la BeUezza - e Aristotele. Per non dire dell'importanza tuttora produttiva che ha, nella storia della tecnica poetica, uh artista come Callimaco (Rizzoli). Privilegiando, come mediatori di un universo, i latini, ne convocherò qualcuno (ma che dire di Plauto e Terenzio, o Cesare e Cicerone?), e cercherò di scuoteme la polvere di scontatezza - o di avversione da insegnamento forzato ma privo di amore: un fenomeno che pure sussiste -, segnalando cosa, in ciascuno, possa colpire un lettore. Fra i due indispensabili poemi omerici scelgo l'Odissea (trad. di Maria Grazia Ciani, Marsilio), uno dei più bei libri di sempre; è il poema dei viaggi, delle inattese meraviglie del mondo * anche le più crudeli -, e della nostalgia di casa, degh affetti che a volte il tempo e altri nemici costringono a riconquistare con la lotta. Un eroismo diverso, incrinato dalla malinconia e dal rimpianto per ciò che va perduto, ma anche aperto a una costruttiva accettazione del dolore e del destino, è la nota dominante dell'Eneide di Virgilio (trad. di Luca Canali, Mondadori), CLASSICAles leggendaria vicenda della fusione del sangue di grandi popoli antichi perché ne prenda vita a Roma. Con il De rerum natura (trad. di Luca Canali, Rizzoli), Lucrezio mira a additare la via della felicità: e lo fa districandosi fra le ansie dell'esistenza, da cui è contagiato neU'atto stesso di combatterle, in un poema-affresco del cosmo che individua la medicina nella serenante filosofia di Epicuro. L'universalità delle esperienze, con l'immediatezza, la freschezza e l'arcobaleno di colori che le fermano, fanno del canzoniere di Catullo ANTICH ndro. . (Carmi, a cura di Gioachino Chiarini, Frassinelli) l'inesauribile libro di poesie d'amore in cui ciascuno si specchia: più ricco per l'eleganza, il gusto della vita, il valore assegnato al circostante ambiente degh amici. Per questo, di Ovidio - che pure è anche raffinatissimo poeta-retore deUe avventure galanti - scelgo qui le Metamorfosi (a cura di Mario Ramous, Garzanti), caleidoscopio di miti di trasformazione, filmati in versi da un genio della parala e della fantasia. Anche Orazio gioca con le schermaglie d'amore, nella sua sintesi della grande lirica greca (Alceo, Archilo- co, Anacreonte, Pindaro), intonata tuttavia con prevalenza a un trepidante, rassegnalo adeguarsi alle erosioni del Tempo; in questo minimo "canone" figurerà per la giocosa bonomia con cui il teatrino del mondo è "castigato" nello sfavillio deUe sue Satire (a cura di Luciano Paolicchi, Salerno). Molto più erodale con quella sua società di pervenutacci che si fa allegorìa di ogni mostruosa volgarità a venire, è il Satyricon di Petronio (a cura di Luca Canali, Bompiani): le avventure di una coppia gay, con corona di debosciati amici, si fa realistico ritratto di un universo, nel segno di un'ironia sopraffina ch'è un'autentica gioia deh'intelhjenza. Accanto, l'altro "romanzo" atino. Le metamorfosi di Apuleio (trad. di Massimo Bontempelh, Einaudi), storia di un giovane curioso tramutato in asino: dietro la maschera del divertimento su vicende di magia, violenza e adulterio, sta un fantasioso monumento della spiritualità pagana d'età imperiale, in incredibile equilibrio fra brio, spensieratezza e serietà. La fuga nelTinteriorità, ed insieme la passione di condividere in amicizia con tutti gli altri uomini di sempre i risultati di stabilità acquisiti, sono il poetico segreto di un'opera di filosofìa: le Lettere a Lucilio di Seneca (a cura di Umberto Boella, Utet). L'uomo-nemico, come insondabile abisso del male, campeggia invece nell'amara, secco regesto delle vicende della storia del primo Impero, che-l'austera nobiltà^di Tacito consegna ai suoi Annali (trad. di Bianca Ceva, Rizzoli), ricapitolando umori e atteggiamenti di un genere che aveva conosciuto maestri come Tucidide e Sallustio. In una delle sue impennate polemiche, Majakovskij ironizzava (sono versi di Tenebre) "Che gh scrittori incomincino pure./ Aspetterò./ Starò a guardare/ con che porcherie imbottiranno/ le valigie delle anime". Questi "magnifici dieci" garantiscono invece una tale provvista di beUezza da rendere spontanea, di fronte alla trita domanda "Ma a che servono?", la semphee, e non banale risposta "A renderci mighorì". Sempre che non si preferisca opporle invece un'altra provocazione: "E a che serve un padre?". DA OMERO A VIRGILIO, DA LUCREZIO A SENECA, DAI CARMI DI CATULLO ALLE SATIRE DI ORAZIO, UN PATRIMONIO . - n )3a f-,,:. (AD : CHE SEMBRA OVVIO MA OGGI È PIÙ CHE MAI NECESSARIO La nostra «Biblioteca d'autore» ha suscitato interesse e dibattito tra collaboratori e lettori: integrazioni, ; critiche e proposte alternative per il «catalogo» dei testi fondamentali per la formazione di un giovane studente, nel quadro della prossima riforma della scuola Alle proposte dei nostri collaboratori per la «Biblioteca d'autore» han fatto seguito numerosi interventi, che continueremo a pubblicare.

Luoghi citati: Roma, Salerno, San Paolo, Tacito, Virgilio