E le cose tornarono quasi come prima

E le cose tornarono quasi come prima I BREVI EFFETTI SULLE PAROLE E SUI COMPORTAMENTI DIPOLITICI E INTELLETTUALI DI QUELLA CHE SEMBRAVA UNA CESURA STORICA IRREVERSIBILE E le cose tornarono quasi come prima I tramonto dell'emozione collettiva che unì destra e sinistra Pierluigi Battista DICEVANO, dopo l'il settembre di un anno fa: da oggi nulla sarà come prima. Ripetevano la formula che avrebbe dovuto indicare nell'orrore di New Kork e di Washm: gton una data spartiàcque, una cesura stòrica irreversibile, un'invalicabile linea di confine tra un prima e un dopo. Dicevano, constatavano, promettevano. Ma, in capo a pochi mesi (forse a pochi giorni), tutto, o quasi tutto, tornò come prima. A settembre dell'anno scorso tutto il mondo tremò perle sorti di Yvonne Ridlèy, la giornalista del «Sunday Express.) catturata dai talebani. Un settembre dopo la Ridley si converte all'Islam e indossa volontariamente il burka che i suoi aguzzini volevano imporle. Un anno appena. Appena? Nelle parole dei giorni immediatamente successivi all'apocalisse deh'11 settembre, effettivamente, nulla assomigliava a ciò che c'era prima. Sul piano dei comportamenti: gh aerei desolatamente vuoti come simbolo di una inarginabilè psicosi coUettiva, il turismo annichilito, la paura, il terrore. Sul piano delle novità lessicali, con un termine-simbólo, «antrace», che entrerà (abusivamente) nel vocabolario comune di tutto il mondo. Bandelle reazioni mentali, delle interpretazioni, dei discorsi diffusi, degli schemi culturali tutto apparve sconnesso e disarticolato, come travolto da un terremoto. Si impose ovunque la divisa del nuovo eroe mondiale: il pompiere. Ci si familiarizzò con ì volti e le scritte di AlJazira. Fece impressione Fidel Castro che consentiva l'uso degh aeroporti cubani per'gli aiuti a New York, e Arafat che si lasciava immortalare mentre donava il sangue per i feriti americani. Ma fece impressione anche la reazione del mondo «liberal» che si stringeva àttpmo alla bandièra a stelle e strisce, Paul McCartney che componeva una struggente canzone (intitolata, significativamente, «Freedom») per le vittime del World Trade Center, Tom Hanks è Julia Roberta che raccoghevano fondi per i familiari delle innumerevoli vittime sepolte sotto le macerie di New York; E Dan Rather che piangeva calde lacrime al David Letterman Show. E la fiction catastrofista messa al bando ed esorcizzata. Fece impressione, anche in Italia, il momentaneo clima di unione sacra, di solidarietà istintiva che sembrò trascendere come per miracolo tenaci divisioni e inveterati pregiudizi. Fernanda Pivano, proprio lei che è la testimonianza vìvente del vento libertario della cultura beat, ebbe parole infuocate che sul piano contro gh sparuti gruppi pacifisti che manifestavano contro la guerra dì Bush, «in tutte queste marce c'è tutto, tranne la poesia», e anche contro i no-global, «cresciuti parlando il linguaggio della violenza». Per non dare appigli a chi accusava la sinistra di essersi attardata in un logorò anti-americanismo Francesco Rutelh proclamava: «L'opposizione deve essere pronta a prendersi la responsaDilità dì una convergenza sulle grandi questioni di interèsse. Se qualcuno a, sinistra pensasse che gh Stati Uniti in qualche modo "se la sono cercata" darebbe un'interpretazione incredibile dell'accaduto». Non dovrà aspettare molto, Rutelh, prima che la sirena del «se la sono andata a cercare» cominciasse a diventare un refrain molesto ancorché declamato con il lirismo di chi sta per pronunciare una sentenza di sconvolgente originalità. Ma nel frattempo, l'onda dell'emozione collettiva faceva dire a Walter Veltroni: «Sarebbe agghiacciante se la sinistra in questo momento si mettesse a discutere deU'antiimperiaUsmo» (agghiacciante o no, intanto «L'impero» di Toni Negri diventa un best-seller). Persino Fausto Bertinotti, che pure in tv si era lasciato scappare un «è stato colpito l'Impero», si affrettò a precisare che «l'atto terroristico non ha un rapporto causale con una situazione specifica di oppressione». Il di¬ scorso di Massimo D'Alema in Parlamento con cui veniva motivato il sostegno della sinistra alla guerra contro il terrorismo fu applaudito dai banchi del centro-destra. Il loquace Luca Casarini venne colto da afasia. Arrivò il grido di rabbia è di orgoglio di Oriana Fallaci e le prime reazioni apparvero blande. Molti, a sinistra, si rimproveravano per non aver anticipato l'Usa Day organizzato dal «Foghe» di Giuliano Ferrara. Niente era come prima. Ma per poco, pochissimo tempo. Ricominciò l'èra dei distinguo. L'ostilità anti-americana riprese voce e coraggio. Esaurito il clima di sgomento, cessata l'emergenza, riprese vigore anche l'attenzione per faccenduole e beghe. Ci fu chi propose lo slittamento del congresso Ds, piegando ad uso intemo gh imperativi dell'emergenza. Scoppiò persino una guerricciola tra Montecatini e Rimini per chi dovesse ospitare il vertice della Fao. Sparì il pudore della misura e il no-global partenopeo Francesco Caruso minacciò di farsi «scudo umano» nel caso in cui fosse stato conferinato il previsto vertice della Nato a Napoli. Segnah se ne erano visti anche fuon Italia, e in particolare in Francia dove/ ricorda Jean Frangois Revcl nel suo nuòvo libro «L'obsession antiaméricaine», «i militanti della Cgt, alla festa dell'«Humanité» nel fine settimana del 15 e 16 settem- bre» rifiutarono di associarsi «ai tre minuti di omaggio alle migliaia di morti». La settimana dopo «è stata la volta degh adepti di Jean-Marie Le Pen». In Italia i motori si accesero più lentamente. Per Dacia Marami la guerra promessa dagh Usa era una «vendetta». E non parlare di guerra, poi. Giulio Andreotti sosteneva che parla¬ re di guerra elevava «i terroristi al livello dei belligeranti». L'ex ministro degh Esteri Lamberto Dini non risparmiava frecciate alla «pohtica Usa in Medio Oriente». Contro il pensierofallaciano si scelse per contrappeso di dare ascolto a tre intellettuali americani anti-Bush: Gore Vidal, Noam Chomsky e Susan Sontag. Contro la Fallaci come jersona prodigarono invece il oro impegno Jovanotti che in una canzone descrisse Oriana come una vecchia che vedeva nella guerra il modo di sentirsi giovani (protestò Lucia Annunziata, ma non le femministe) e lo scrittore Tahar Ben Jelloun, che insinuò un rapporto consequenziale tra l'invettiva antiislamica dell'autrice de «La rabbia e l'orgoglio» e non precisate «ìnsoddiszfazioni con gh uomini arabi» (e non protestò nessuno). Anche nel mondo cattohco si crearono spaccature e tensioni. E se Gianni Baget Bozzo tuonava contro «l'Islam che vuole sostituire con la violenza il cristianesimo dalla storia» . e affermava che «l'Islam mostra il vero volto», sulle pagine di «Avvenire», il quotidiano della Conferenza episcopale, lo storico Franco Cardini rephcava seccato: «Gh opinion makers che sostengono queste vergognose sciocchezze hanno seovente accesso alla Tv e ai giornali, scrivono libri, sono consiglieri di pohtici autorevoli*. Allusio¬ ne esphcita al presidente del Consiglio Berlusconi, di cui al tempo Baget Bozzo era consigliere. E a propsoito del nuovo clima che rapidamente sostituì l'atmosfera solidale dei primi giorni dopo l'I 1 settembre, non si può certamente dimenticare la tempesta suscitata dalle dichiarazioni di Silvio Berlusconi sulla «superiorità» della civiltà occidentale: un putiferio internazionale che naturalmente in Italia si caricò di una virulenza tutta particolare, fino al punto di sollecitare in un pohtico solitamente mite come Achille Occhetto la richiesta deU'«interdizione di Berlusconi dai pubblici uffici». Lo spirito pubblicò si intossicò. Durante la manifestazione Perugia-Assisi, dove sfilò l'associazionismo cattohco anti-Bush, da Pax Christi ai Colombiani, comparvero cartelli in cui si inveiva contro «il terrorismo degh Usa e di Israele» e si organizzò una poco pacifista fischiata contro D'Alema, reo di non essersi opposto alla guerra in Afghanistan. Il nuovo eroe divenne Gino Strada, il medico di «Emergency». Si arrivò persino (Gianni Mina) a colpevolizzare gh Stati Uniti, bersaglio di Bin Laden, che non volevano «firmare l'accordo di Kyoto per l'ambiente». Nulla sarà come prima, avevano detto. E invece crebbe la nostalgia di essere come prima. Più di prima. Poi cominciarono i distinguo. Dacia Maraini definì «una vendetta» la guerra promessa dagli Usa. Le dichiarazioni di Berlusconi sulla «superiorità» della civiltà occidentale suscitarono una tempesta. E al corteo Perugia-Assisi si videro cartelli in.cui si inveiva contro il «terrorismo» di America e Israele Sulla scia della tragedia Fernanda Pivano, testimonianza vivente della cultura beat, tuonava contro pacifisti e no glòbal. E Rutelli attaccava chi diceva: <<Se la sono cercata» Le prime reazioni al grido di rabbia e di orgoglio di Oriana Fallaci apparvero blande. E molti si rimproverarono di non aver anticipato l'Usa Day di Ferrara