Il mulino ad acqua in Val Trebbia

Il mulino ad acqua in Val Trebbia RICERCA UNIVERSITARIA INTERNAZIONALE Il mulino ad acqua in Val Trebbia E' IL SIMBOLO DI UNO STUDIO AMBIENTALE MA ANCHE SOCIO-ECONOMICO CHE HA COME OBIETTIVO IL RECUPERO DI UN ANTICO PATRIMONIO RURALE Francesca Noceti A grande ruota di ferro gira sotto la spinta deh' acqua e antiche macine — di pietra preparano il granturco per la polenta invernale: il mulino, uno dei pochissimi ancora in funzione, si trova in Liguria, in Alta Val Trebbia, un territorio un tempo ricco di attività produttive e oggi quasi completamente abbandonato. Eppure la valorizzazione del "patrimonio rurale" di questa valle potrebbe rappresentare un prototipo di economia sostenibile per il recupero di molte aree montane italiane ed europee degradate dall'abbandono. E questa la tesi sostenuta dal gruppo di ricerca multidisciplinare "Presidi universitari internazionali", che ha scelto la Val Trebbia e la zona del Parco Regionale Monte Antola (Genova) come sede di ricerca e di attività didattica. Il gruppo, composto da docenti, ricercatori e studenti dehe università di Genova, Padova, Cambridge, Nottingham, Bergen, Tolosa, St. Ander, e del Royal Holloway College di Londra, ha utilizzato le tecniche dell'archeologia ambientale (dendrologia, datazione con il carbonio radioattivo, analisi etnobotaniche, geobotaniche e polliniche) per ricostruire le pratiche agro-silvo-pastorah del passato. Il Trebbia nasce suh'Appennino genovese e, dopo un percorso di 118 chilometri, si getta nel Po ah'altezza di Piacenza. «Dal 1500 aha fine del 1800 - spiega Diego Moreno, del Laboratorio di archeologia e storia ambientale (Lasa) presso l'Università di Genova, uno dei coordinatori del progetto - la produzione primaria dell'Alta Val Trebbia era basata sostanzialmente suh' ahevamento. Il paesaggio era quindi quello pastorale della montagna mechterranea, con enormi distese di pascoh, limitate aree boscate per la produzione di legna da ardere e caratteristici "boschi pascolati" di castagno e corro, in cui la stessa "particella" veniva utilizzata sia per la raccolta di castagne o ghiande, sia per il pascolo. In alcune aree, ogni 5-15 anni i pascoh montani venivano roncati, cioè bruciati e coltivati ad avena e segale. Orti e terrazzamenti si trovavano intomo ai nuclei compatti dei villaggi, ed esistevano vaste terre indivise, lecomunaglie». Si trattava dunque di un'economia fortemente basata sul controllo dell'ambiente. Ma, dall'inizio del XX secolo e in maniera più drammatica a partire dal 1960, i paesi sono stati via via abbandonati. Ciò ha innescato un processo di "rinaturalizzazione negativa", il cui esito finale è il dissesto idrogeologico. «Si è sempre pensato - spiega Roberta Cevasco del Lasa - che lasciando avanzare spontaneamente il bosco si raggiungesse una situazione di equilibrio dei versanti montani. È stata la filosofia che, a partire dagli Anni 70, ha ispirato la costituzione di tanti parchi. Ma questo non accade dove la dinamica della vegetazione è sempre stata controllata. In Val Trebbia, le neoformazioni boschive avanzano a un ritmo medio di 10 ettari l'anno, sono instabili e provocano smottamenti e gravi fenomeni di erosione.». Il caso Alta Val Trebbia è paradigmatico. «Qui - spiega ancora Moreno - l'abbandono è cominciato presto. Questo ambiente, oggi, è un frammento di futuro per altre valh dell'Appennino, dei Monti Cantabrici, dei Pirenei e di alcune aree rurali inglesi, tutte regioni un tempo fortemente pascolate. Al tempo stesso, se si riuscisse a invertire la tendenza, potrebbe diventare una "best practice" da cui trarre insegnamento per evitare danni altrove.». E l'inversione di tendenza si avrebbe solo salvaguardando il patrimonio rurale, l'insieme delle pratiche e delle attività produttive primarie (agricoltura, ahevamento, selvicoltura, raccolta, caccia e pesca) locali. «Oltre al valore storicoculturale - conclude Moreno - è necessario riconoscere a questo patrimonio anche un valore ambientale ed economico. Il che vuol dire, in pratica, salvaguardare e incentivare i produttori locali, gh unici in grado di ripristinare il controho sulle risorse».

Persone citate: Antola, Bergen, Diego Moreno, Francesca Noceti, Roberta Cevasco, Royal Holloway, Tolosa

Luoghi citati: Alta Val Trebbia, Cambridge, Genova, Lasa, Liguria, Londra, Padova, Piacenza