Al Forte un'estate «viola»

Al Forte un'estate «viola» IL SAPORE DEL TIFO. Continua il viaggio alla scoperta dei rapporti fra pallone e buona tavola Al Forte un'estate «viola» Tutto esaurito da Lorenzo per dimenticare la C la storia GigiGaranzini CHE pensi al ristorante o che pensi alla Fiorentina, ci sono giorni che Lorenzo Viani non sa più se ridere o piangere. Il telefono suona senza soluzione di continuità, gente che vorrebbe molto semplicemente prenotare un tavolo: per la sera, per l'indomani, per il sabato che viene. E lui a ripetere col tono più partecipe e dolente che gli riesce sempre la stessa frase, mi dispiace, non c'è posto, siamo completi. Abbozzano tutti, qualcuno rilancia sul mese successivo. Ma non basta ancora, ormai la lista d'attesa viaggia sui sessanta-settanta giorni, indipendentemente dalla stagione, anche quando il salotto buono di Forte dei Marmi è spazzato dal vento delle Apuane e non c'è più traccia del brulichìo agostano di questi giorni. Ridere per il successo, per la fama, per i punteggi sempre più lusinghieri con cui lo premiano le guide, o piangere perché a mandar via i chenti si ha come la sensazione di far peccato? Allarga le braccia. «E' come con la Fiorentina. Sempre in bilico tra il dolore per come è finita e il sollievo perché almeno è finita. Fermo restando il dispiacere per Neno, perché sognava di finire lì la carriera e una beffa così proprio non la meritava». Neno sarebbe suo cognato Eugenio Pascetti. Lui, Lorenzo, solitamente così compito e raffinato, lo chiama «il tanghero». Quell'altro ovviamente ricambia, con gli interessi, come usa da queste parti dove andar per il sottile è vietato. In realtà, prima ancora che parenti per via che Eugenio ha sposato Mirefla, sorella di Lorenzo, sononamici d'infanzia, cresciuti insieme a Camaiore con il pallone a far da trait d'union. «Ero forte anch'io rivendica Lorenzo - forse pervia dei cromosomi. Ma non reggevo ritiri e torture varie, scappai da Ascoli dov'ero in prova e decisi che col pallone mi sarei soltanto divertito. Di sopra uno di scorta c'è sempre, quando qualcuno dubita del mio talento mi metto a palleggiare, tra i tavoli, per fargl^p.an^Diareidea». ^ .,. .,,.,, E' ':il. ttiriió di 'Fascetiti ad allargare le braccia. «La foca forse la poteva fare, gh riesce ancora. Ma in campo era scarso e basta. Proprio a dispetto dei cromosomi, perché il su' babbo male non era e lo zio poi non ne parliamo». Parliamone invece. Cominciando da un altro zio, fratello del nonno, che faceva a sua volta Lorenzo di nome e Viani di cognome ed era per l'appunto lui, uno dei maestri della pjt|ura itpiianja del primo '900 come .àìcpni gioièlli'^pp^sialle pareti del ristorante starino a testimoniare. Se poi dalla pittura di famiglia si passa al calcio di famiglia, non si può prescindere da quel che accadde un pomeriggiodimaggio di settànt'anni fa. ;^^mpionato di serie B, stagionè||'935-36 - racconta Lorenzo partila Lucchese-Viareggio. Mio padre Mameli Viani centromediano del Viareggio, già salvo, mio zio Vinicio Viani, suofrateU lo,-centravanti della Lucchese; che coi due punti sale in sèrie •A;' ifiiù uno a zero, con un gol di, mano di mio zio. E con mio padre a corrergli dietro per il cariipo urlando che lo doveva confessare, all'arbitro, d'averlo fatto con la mano. Si dissero di tutto, in campo e in spoghatoio. Mentre li dividevano, non smisero di insultare a sangue le rispettive madri, dimenticando che era la medesima. Ricominciarono a casa, e non si parlarono per j mesi. Poi mio zio Vinicio, sopraijj "nominato. "Garone", fece ùria grande carriera. Fiorentina, Napoli, ed è tuttora il capocannoniere assoluto della serie B. Ma dalle nostre parti alla storia c'è passato per quel gol di mano segnato a suo fratello». Come nasce la passione per la Fiorentina? «Da ragazzo. Un po' per campanile, perché era la squadra-simbolo della regione. Ho detto era? Vede che a tutto ci si abitua più in fretta di quanto non si pensi, un po' perché la Fiorentina della mia gioventù era una grande squadra per davvero. Io son del '40, ne avevo quindici-sedici quando andavo allo stadio a godermi le finte di Julinho e i suoi duetti con Montuori. Era un altro calcio, con più spazi in campo e più margini per la tecnica: ma era per l'appunto un gran bel calcio. Io poi ho sempre amato i campioni, gli, artisti .44^3)^6.,;]^^. .anni,, d'oro, dì Rivera, puf serizej tradire la Fiorentina, ero diventato mezzo milanista perché la sua eleganza m'incantava. Così comp mi è accaduto poi, in tempi più recenti, con la poesia purissima di Maradona e il talento straordinario di Van Basten». Muovendo da questi canoni estetici, che cosa salva del calcio di oggi? «Il Beai Madrid, certe fasi di gioco dei suoi campioni. Ma anche il calcio spagnolo in generale, più attento del nostro ai valori tecnici. E in alternativa il calcio inglese, magari non eccelso tecnicamente ma vivo, naturale, leale più del nostro. C'è ancora del buono anche da noi, ma è tutto più esasperato, più avvelenato. Viviamo un'epoca triste, di materialismo assoluto, che non può non riflettersi anche sul mondo del calcio. Ma per quanto uno si sforzi di inquadrare certi eccessi nella decadenza generale dei valori di riferimento, un caso come quello di Ronaldo è disgustoso e basta». Come ha vissuto la via crucis della Fiorentina? «Dapprima con incredulità. Poi con un'apprensione crescente, infine con rassegnazione. Il finale è stata quasi ima liberazione, tanto era annunciata. Ora l'importante non è tanto ricostruire l'accaduto, anche se a me un bel po' di curiosità e di punti interrogativi sono rimasti, quanto pensare a risorgere. E' stato qui Giovanni GaUi qualche giorno fa, se n'è parlato. Persona straordinaria, benvoluta da tutto il popolo viola: ecco, lui è una garanzia di resurrezione». Che non ci senta il garante per la privacy, ma «da Lorenzo» è anche un bel crocevia del pallone. «Confermo. A parte che su 18 dipendenti non ce n'è uno che non sia tifoso, qui il bel calcio è rappresentato abbastanza spesso. Senza distinzione di colore e di bandiere, da Massimo Moratti che ha casa qui vicino a Maldini, Paolo Rossi, Costacur,tavAp^avej:g~Uppi pr^anigza, sempre^uria serata con Giràudó,; Bottega e Moggi; l'avvocato Prisco d'estate era di casa. E il suo humour raffinato e tagliente comincia a mancarmi». ^^L Calciatori furono "" mio padre e mio zio: negli Anni Trenta litigarono per un gol di mano 99 lat^ Mi dispiace "" per mio cognato Pascetti: sognava di finire lì la carriera, anch'io avrei potuto giocare, ma non reggevo i ritiri, se qualcuno dubita palleggio tra i tavoli 99 Il sapore del tifo, il tifo del pallone. Prosegue il viaggio là dove i paradisi enogastronomici s'intrecciano con le magie pallonaro. Oggi facciamo sosta nel salotto buono di Forte dei Marmi, da Lorenzo Viani, dove ci si ritrova senza distinzione di colore, da Moratti a Lippi A sinistra Lorenzo Viani nella sala del suo ristorante di via Carducci, a Forte dei Marmi: alle i pareti opere dell'omonimo zio pittore, tra i più celebri del '900. Sotto, curato dallo chef Gioacchino Pontrelli, uno dei piatti storici, le bavette di crostacei e molluschi lat^ Mi dispiace "" per mio cognato Pascetti: sognava di finire lì la carriera, anch'io avrei potuto giocare, ma non reggevo i ritiri, se qualcuno dubita palleggio tra i tavoli Dediche "Una per ciascun i due scudetti de||a ^ A mlinho la natura di ca||^ìrvà.« ^ ,n Vermentmo di Ottavì2?r^tl ìn f co0 ^ ,.A Claudio Merio ,e u* ^b^T' su crostacei e ^W ^schi". Pinot bianco di M^S^Ì. ,o0etto" 99 A sinistra Lorenzo Viani nella sala del suo ristorante di via Carducci, a Forte dei Marmi: alle i pareti opere dell'omonimo zio pittore, tra i più celebri del '900. Sotto, curato dallo chef Gioacchino Pontrelli, uno dei piatti storici, le bavette di crostacei e molluschi

Luoghi citati: Camaiore, Forte Dei Marmi, Madrid, Napoli, Viareggio