«Stiamo uccidendo il futuro della Terra»

«Stiamo uccidendo il futuro della Terra» L'ALLARME DI ANNAN ALLA VIGILIA DEL SUMMIT SULLO SVILUPPO «Stiamo uccidendo il futuro della Terra» Il rapporto dell'Onu: «Sé non ci saranno cambiamenti entro trent'anni quattro miliardi di persone saranno a rischio di carestia» «La speranza di dimezzare la povertà entro il 2015 è rimasta tale» Paolo Mastrolilli NEW YORK «Il nostro stile di vita sta minacciando il futuro del pianeta». Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan non poteva usare un linguaggio più diretto, per lanciare l'allarme sui pericoli che già mettono a rischio la sopravvivenza di miliardi di persone. L'occasione per questa nuova strigliata è venuta ieri a New York, durante la presentanzione del rapporto «Global Challenge, Global Opportunity», redatto dal Palazzo di Vetro in vista del Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, in programma a Johannesburg dal 26 agosto al 4 settembre. Nitin Desai, segretario generale del Summit, si è presentato davanti ai giornalisti per disegnare un quadro impressionante sulla salute del Pianeta, che assume ancora più peso e urgenza davanti ai disastri naturali diventati ormai un'abitudine quasi quotidiana, dalle inondazioni nel cuore dell'Europa alle nubi tossiche asiatiche pronte a soffocare tutti gli altri continenti. La sostanza del rapporto presentato da Desai è tanto semplice guanto allarmante: se continuiamo di questo passo, nel giro di trent'anni almeno quattro miliardi di persone vivranno in condizioni che lasciano poco spazio alla speranza. Stiamo parlando dello spettro della fame e della sete, perché il 400Zo della popolazione mondiale già corre il rischio di ritrovarsi senza acqua, mentre il 2,496 delle foreste è stato distrutto nel corso degli anni Novanta, e intere specie animali rischiano l'estinzione, compresi i primati nostri antenati. Il problema è che il ritmo dello sviluppo resta cosi convulso, da non concedere alla Terra le opportunità indispensabili per rigenerarsi, e infatti ogni anno muoiono almeno 3 milioni di persone a causa dell'inquinamento. Per decenni il dibattito su questi temi si è concentrato soprattutto sull'aumento della popolazione, come se frenare le nascite potesse risolvere tutti i problemi. Ora però diventa evidente che le modalità del nostro sviluppo stanno già mettendo in crisi gli equilibri del Pianeta, indipendentemente da quante persone lo abiteranno nel prossimo futuro. Il fabbisogno di cibo, ad esempio, è cresciuto anche perché il consumo medio di calorie è salito da 2.100 al giorno a 2.700 nei paesi in via di sviluppo, e da 3.000 a 3.400 in quelli ricchi. Nel corso dell'ultimo secolo, poi, l'utilizzo dell'acqua è aumentato di sei volte, ossia il doppio del ritmo di crescita della popolazione. Per rimediare, quindi,, bisogna agire subito, partendo proprio dalle iniziative pratiche che si possono prendere oggi. In questo senso, il rapporto «Global Challenge, Global Opportunity» offre alcune indicazione sulla direzione da prendere. I campi in cui è necessario intervenire al più presto sono cinque: l'accesso all'acqua, lo sviluppo dell'energia rinnovabile che non inquina, l'aumento della capacità produttiva agricola, la biodiversità e la gestione dell'ambiente e della salute. Sul primo punto, ad esempio, un miliardo di persone già non ha accesso all'acqua Eotabile, e il numero dovrebe salire a 3,5 miliardi entro il 2025. JAa l'uso di acqua contaminata, nel frattempo, uccide 2,2 milioni di persone all'anno. II consumo di combustibili fossili è aumentato costantemente negli anni Novanta, e adesso gli effetti del riscaldamento globale si impongono tanto con le inondazioni al nord, quanto con le siccità al sud. Un'area di foreste più grande del Venezuela è stata tagliata nell'ultimo decennio, anche per fare spazio a nuovi terreni agricoli, e il 90Zo delle specie di alberi rischia di sparire. C'è anche qualche dato incoraggiante, come l'aumento dei parchi che ora coprono il 5^0 dell'Europa e l'I 196 del Nordamerica, o la crescita dell'energia rinnovabile dal 3,296 del 1971 al4,5% di oggi. Ma è ancora troppo poco. I cinque punti elencati dal rapporto dell'Onu sembrano temi su cui dovremmo andare tutti d'accordo, ma dietro alle definizioni ci sono modalità di attuazione degli interventi che provocano divisioni. Infatti per il momento i paesi partecipanti al Vertice di Johannesburg hanno raggiunto l'accordo solo sul 7596 del documento finale, e tra le questioni ancora aperte ci sono punti di grande importanza pratica, come i tempi per il raggiungimento degli obiettivi, i commerci e l'apertura dei mercati, e i principi generali della precedente conferenza sullo sviluppo sostenibile, tenuta a Rio de Janerio dieci anni fa, che devono essere inclusi nella nuova agenda. I tempi di attuazione dei rimedi, naturalmente, posso¬ no fare la differenza sulla loro efficacia. Sui commerci, invece, restano le resistenze delle regioni ricche come l'Europa, che continua a proteggere l'agricoltura locale penalizzando le esportazioni dei paesi poveri. Anche le divergenze sui principi di Rio sono essenziali. L'idea della prevenzione, ad esempio, richiederebbe di agire in difesa dell'ambiente, anche prima di avere la prova scientifica certa della dannosità di alcuni comportamenti. Ma l'atteggiamento preso dagli Stati Uniti, a partire dal rifiuto del protocollo di Kyoto sul riscaldamento globale, va esattamente nella direzione opposta. Il concetto delle diverse responsabilità, invece, imporrebbe ai paesi ricchi del Nord, che inquinano da secoli, di assumersi più oneri rispetto a quelli del sud, in via di sviluppo da pochi decenni. In una lettera indirizzata ai leader invitati a Johannesburg, Annan ha scritto che i progressi dopo Rio sono stati «troppo lenti», mentre il proposito di dimezzare la povertà entro il 2015 resta soprattutto un desiderio, visto che negli anni Novanta il numero delle persone che vivono con un dollaro al giorno è sceso solo da 1,3 miliardi a 1,2 miliardi. «Penso che voi - ha detto il segretario generale dell'Onu - siate d'accordo sul fatto che serve un'azione più vigorosa. Perciò il Summit in Sudafrica avrà un'importanza critica». '■ ': ■.■■'■ ,'■ ■■■■'■.' '. ■-■ ■ ' . ■..■ . ■ ■ ' ■■■■■ ■■■■:,.■■:■ , .■■ "■' ' . .■;■;.. SK'" Il segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan A destra una Immagine delle devastanti conseguenze della desertificazione in un paese del Sahel. Secondo l'Onu è il tragico futuro che sì delìnea per molti paesi del Terzo mondo

Persone citate: Annan, Desai, Kofi Annan, Nitin Desai, Paolo Mastrolilli