«Una seconda tragica Firenze nel cuore della Mitteleuropa»

«Una seconda tragica Firenze nel cuore della Mitteleuropa» LO SCRITTOREWATVEJEVIC E LA CITTA' D'ORO «Una seconda tragica Firenze nel cuore della Mitteleuropa» Ef una tragedia spaventosa, più dell'alluvione di Firenze. L'unico paragone che mi viene in mente sono le Torri Gemelle. A New York sono state sterminate migliaia di vite, a Praga si rischia la disbruzione di un immenso patrimonio culturale» : Predrag Matvejevic, lo Scrittore bosniaco che da anni vive in Italia, è autore del celebre «Breviario Meditenaneo», ma anche di libri come «Il mondo ex» ed «Epistolario dall'altra Europa» (tutti editi Garzanti), dove Praga diventa il centro d'un reticolo tra Est e Ovest, qualcòsa di unicoeparticolare, un luogo di esperimenti. Ma la Città d'oro per Matvejevic non è tanto la capitale di Rodolfo d'Asburgo,, con le sue leggende e i suoi maghi che ha affascinato scrittori cóme Apollinaire o in parte quello straordinario cantore che ne fu Angelo Maria Ripellino. r E' un'idea iculturale e politica. Una città di stratificazioni. C'è ovviamente quella di Franz Kafka, il grande autore di lingua tedesca che ha distillato, nel silenzio e nel segreto, le ansie della modernità fra le viuzze di Mala Strana; c'è quella di Bohumil Hrabal, lo scrittore dei quartieri popolari, delle burerie, della infinita resistenza della gente alla storia. Ma c'è poi quella di Vaclav Havel, il drammaturgo che preparò la Rivoluzione di Velluto e se ne mise alla testa, nella piazza San Venceslao che caparla del trionfo della democrazia sul totalitarismo. Praga è interminabile e labirintica. Una città di scrittori, da Jan Neruda, a Leo Perutz, a Milan Kundera. E di musicisti, che parlano tedesco o boemo. «Ma è anche una città della musica, quella di Bedrich Smetana adi Antonin Dvorak, che per la mia sensibilità slava è altrettanto importante». Matvejevic è appena arrivato a Dubrovnik in vacanza, e il suo telefono cellulare è quasi scarico. Ha chiamato per tutta la mattina - gli amici boemi. «Stavano aspettando l'acqua per il pomeriggio, non sapevano che cosa fare. A Krurnlov, una città poco distante, dov'è nato il pittore Egon Schiele e c'è imo splendido museo d'arte moderna, la direttrice mi spiegava che il fiume era ormai nelle cantine, stava salendo e distruggendo tutto. Era disperata. Ha detto: la nostra cultura è minacciata. Poi è andata via la linea». Nel pomeriggio il telefono è rimasto muto. E rangoscia di Matvejevic è cresciuta ancora, nella testa le immagini della «sua» Praga, che cominciano nel '68. «Certo io guardo al Mediterraneo. Praga per un verso non mi appartiene, eppure nello stesso mi appartiene profondamente». La via maestra per scoprirla nel prof ondo è stata la lotta politica. «Sono stato un sostenitore di Dubcek, ci sono tornato negli anni difficili di "Charta 77" come vicepresidente del Pen club - il club intemazionale degli scrittori - per portare aiuto o almeno solidarietà ai dissidenti. Di lì spirava un'idea di socialismo dal volto umano che sono convinto ancora oggi fosse un'alternativa possibile. Ricordo che quando si parlava dell'invasione sovietica, io osservavo che l'Urss non aveva solo occupato l'allora Cecoslovacchia. Anzitutto aveva occupato la Russia». Ma in Boemia c'era il segno di una resistenza non solo culturale. «E' stata la capitale laica del mondo slavo, contro Mosca che pretendeva di essere la "terza Roma' imperiale. Quando usa il mio "Breviario Mediterraneo", ero visto come un dissidente. E i celti furono i primi a tradurlo all'interno del blocco orientale».E'stata un simbolo. «Non potremo mai dimenticare la città con i carri armati sovietici per le strade, la città di Jan Palach, che si è ucciso bruciandosi in piazza il 16 gennaio 1969, facendo capire al mondo che cosa sia un martire laico». E' stata l'isola meravigliosa dell'Est, «dove negli Anni '30 il partito comunista era legale e partecipava alle elezioni: l'unico paese slavo che abbia avuto una vera democrazia». Ma la grande piena della Moldava non può cancellare tutto questo. Può distruggere monumenti e archivi, può seminare il terrore tra le case, fare della città «bella e maledetta, seducente e oppressiva, affascinante e onirica», come l'ha definita Claudio Magris, unmare di fango e di rovine. Non può intaccare gli aspetti simbolici, e tuttavia può ferirla a mòrte. «Per me, che all'Est sono nato, è particolarmente penoso pensare die in questo momento i soldati devono difendere le case dagli sciacalli. Sono immagini che ho evidentemente depositate nella memoria, che mi parlano di altre tragedie. La Praga d'oro è stata flagellata dalla politica e dalla storia, ora anche dalla natura. Mi chiedo: fino a che punto potrà sopportare questanuova ferita?». Predrag Matvejevic