Gli irriducìbili apostoli dell'Amiata

Gli irriducìbili apostoli dell'Amiata Gli irriducìbili apostoli dell'Amiata seguaci di David Lazzaretti ricordano il profeta assassinato la storia ARCIDOSSO (Grosseto) LA campana mossa dal vento suona su una montagna deserta, fra le rocce di calcare; il cielo è cupo, le folate violente. Siamo soli, sul Labbro, un'altura brulla di 1134 metri, da raggiungere per sentieri, fronteggiante l'Amiata: dove David Lazzaretti fondò la comunità della sua utopia cristiana, poi chiamata giurisdavidica, nel 1869. U barrocciaio di Arcidosso, ex garibaldino, ispirato da misteriose visioni, voleva rinnovare la Chiesa sotto il segno del nuovo Cristo venuto e trovò buon seguito fra i montanari della zona, oltre che in alcuni infiammati sacerdoti. Ma mise in sospetto Chiesa e Stato, in quegli anni divisi su tutto, imiti solo dal bisogno dì reprimere possibili fermenti di eversione. E quando, il 18 agosto 1878, David alla testa dei suoi lasciò il monte per scendere in processione ad Arcidbsso, cantando inni alla Madonna, venne fermato dalla forza pubblica all'ingresso del paese. Una scarica di fucileria uccise lui e tre compagni, lasciando sul terreno cinquanta feriti. Qui, sulla cima, ci sono ancora i resti degli edifici in pietra a secco che Lazzaretti aveva costruito, con la sua società praticante, come i primi cristiani, il comunismo integrale. E' rimasta, molto deperita, la chiesa con scritte posteriori che ricordano il «David Cristo Duce e Giudice». E' rovinato l'eremo, che ospitava i membri della comunità. E' àncora imponente, in alto, la torre giurisdavidica, dominante la valle. Il monogramma della croce con le due C accanto ai bracci orizzontali, simbpleggianti il Cristo venuto e il Cristo venturo, si ripete dappertutto. Ma non ci sono solo le pietre, di Lazzaretti, su queste montagne. Ci sono i seguaci, che a 124 anni dalla uccisione di David non hanno cessato di tramandarsi il suo insegnamento. Perseguitati dopo l'eccidio, guardati per anni con sospetto, hanno tenuto sempre fede alla speranza di redenzione che il maestro aveva loro dato. E domani sera ricorrenza dell'ultimo ritiro del Messia sul monte, torneranno quassù, a ricordarlo. Se la chiesa è impraticabile, c'è la grotta nella roccia, che nessun elemento atmosferico né vandalismo ha potuto scalfire: con l'altare per il rito. Preghiere, letture, dai vangeli e dai testi di David, la confessione non auricolare, la consacrazione del pane, da distribuire ai fedeli. Li guiderà il loro capo, Turpino Chiappini, ottavo «sacerdote consacrato», nella successione giurisdavidica. Settantottenne, Turpino ha conosciuto Lazzaretti attraverso i racconti «del mi' nonno», seguace dalle origini; lo stesso nome che porta è quello del primo figlio di David. Per tutta la vita ha fatto il muratore, oggi coltiva l'orto, nel podere di collina dove ci parla. Anche se la Chiesa ha scomunicato il loro messia, i giurisdavidici si considerano Chiesa, non setta. «Noi si è cristiani du' volte!» dice Turpino con orgoglio. E vi rifate più a David o ai vangeli? «Ma David è tutto basato sui vangeli!» ribatte. «E' stata l'idolatria papale che lo ha negato». Questo contadino toscano non ha fatto studi teologici («si figuri, la quinta elementare: a quei tempi, grazie se uno sapeva fare la firma»). Ma pochi ecclesiastici saprebbero citare le scritture con la sua proprietà. Non vuol dire quanti siano i seguaci, certo diradati. «Molti sono simpatizzanti un po' coperti. E se siamo meno di prima, oggi siamo più divulgati, nel mondo». Ha ragione. Dopo il lungo ostracismo, sui giurisdavidici oggi fioriscono gli studi. La figura di Lazzaretti è stata rivalutata anche nella sua Arcidosso, che, dopo l'assassinio, non ne aveva voluto nemmeno la salma. In una seduta del 18 agosto 1988, il sindaco Pierluigi Marini ha fatto abrogare la vergognosa delibera di 110 anni prima, con la quale il Comune plaudiva alla strage compiuta dalla polizia, per ripulire il paese dalla «masnada» lazzarettiana. E, nella stessa occasione, si è deciso di titolare a Lazzaretti l'antica via Amiata, dove era stato ucciso. Soprattutto, il Comune ha costituito un Centro Studi David Lazzaretti: utile allo storico, ma anche al visitatore, che vi può trovare le più sorprendenti testimonianze sulla comunità. Insieme con rarissime fotografie, stendardi, dipinti, oggetti, manoscritti, c'è la lettera, decisiva ancora oggi, scritta da Don Bosco in difesa di David, sotto processo per «vagabondaggio e cospirazione politica» nel 1873. Ma la memoria più preziosa è quella che custodisce, in Arcidosso, la pronipote del profeta. Anna Maria Innocenti Periccioli ha raccolto per anni le confidenze di nonna Bianca, la figlia di David, che reggeva lo stendardo della Madonna nella processione del 1878 e vide cadere il padre accanto a sé. Anna Innocenti ha presieduto per prima il Centro Studi, ha scritto decine di articoli e un libro su Lazzaretti. A differenza dei giurisdavidici, con i quali mantiene buoni rapporti, non crede che il sup antenato si considerasse il Cristo venturo tornato in terra. Ma è sicura della fede di lui nella Chiesa di Roma, che pure gli stava dando tante amarezze; come ne avrebbe dato a lei, educata nel cattolicesimo. Per tutta la vita non ha mai smesso di esplorare, anche sui documenti di famiglia, la figura di quell'eccezionale bisnonno. «Non pretendevo di risolvere il mistero, ho cercato solo di indicare la strada. David ha qualcosa di grande, e di inspiegabile, non si deve considerare solo un visionario. La verità su lui non c'è ancora». Mentre i superstiti davidiani salgono a monte Labbro, rimane molto da scoprire, per gli studiosi. Le carte di Arcidosso li attendono. L'ottavo «sacerdote consacrato»: «Noi non siamo una setta Siamo cristiani due volte Molti seguaci vivono coperti nel mondo» Nel centro studi conservata una lettera di Don Bosco in difesa del leader religioso processato per «cospirazione politica» Turpino Chiappini (a destra) e Marino Tommencioni Il Monte Labbro sede della comunità

Luoghi citati: Arcidbsso, Arcidosso, Grosseto