Il leader dell'opposizione «Saddam è davvero finito»

Il leader dell'opposizione «Saddam è davvero finito» AHMED CHALABi, CAPO DELL'IRAQI NATIONAL COUNCtL IN ESILIO A LONDRA Il leader dell'opposizione «Saddam è davvero finito» «Per noi questofnon sarà un conflitto tra gli Usa e il nostro paese, ma una guerra nazionale di liberazione dal dittatore con l'aiuto degli Stati Uniti» intervista Paolo Passarmi corrispondente da LONDRA UN giorno buono per incontrare Mister Chalabì, è di ottimo umore». Stiamo salendo le scale di una palazzina a poche decine di metri dalla biforcazione di Knightsbridge, quasi accanto al vecchio ristorante cino-italiano «Mr. Chow». Il ragazzo che parla, una delle guardie alla porta, ha giacca stretta, quattro bottoni, e gel nei capelli. Potrebbe essere buttafuori di discoteca, invece difende gentilmente l'ingresso dell'«Iraqi National CouncU», l'organizzazione che raccoglie il grosso dell'opposizione a Saddam Hussein. Ahmed Chalabì ne è il capo ed è l'uomo su cui maggiormente puntano gli americani. E' cordiale, diretto, sulla cinquantina, vigoroso. Parla chiaro. «Perché è così allegro oggi, mister Chalabì?». «Sono sempre di buon umore», risponde svelto. Ma si capisce che è una risposta da politico. Chalabì sta per partire per Washington e ha saputo, come dirà, cose che gli piacciono. L'eccitazione, del resto, è evidente. Nella saletta, in stile disadomo-modemo, mobili tipo Ikea e quadri da mercatino, siedono tre uomini. Assieme a Chalabì, si presentano Latif Rashid, del Puk (Patriotic Union of Kurdistan), e Mohammed Mohammed Ali, diligente del movimento islamico. L'unico elemento orientale è una musica araba che fa da sottofondo alla loro conversazione. Bevono cappuccino. Mister Chalabì, quando vi aspettate l'attacco? «Non possediamo alcuna informazione in più di quelle disponibili alla stampa. Non è il caso di tirare a indovinare. Inoltre, noi non vediamo questa guerra come una guerra tra l'Iraq e gli Stati Uniti, ma come ima guerra di liberazione nazionale da Saddam, che dura da trent'anni. Adesso gli Usa hanno deciso che Saddam è troppo pericoloso per la loro sicurezza e ci aiutano in questa guerra. Ed è così che noi vediamo questo conflitto militare. Sono molto contento che il generale Ftanks abbia detto al presidente Bush che non c'è bisogno di più di 50-60 mila uomini, invece dei 2-300 mila di cui si parlava. E credo che questo ci dia maggiori possibilità di partecipare alla liberazione del nostro paese». Capisco, non ha informazioni, ma avrà una sua idea... «No, non voglio entrare in questo. Non credo sia una buona idea parlare di qualcosa che non è sotto il mio controllo». Com'è la situazione all'interno dell'Iraq oggi? «E' terribile. La repressione aumenta. Le forze govemative circondano le città nel Sud con artiglieria e carri armati. Terrorizzano i capi locali perché non si, alleino all'opposizione. Minacciano l'uso di armi non convenzionali». Quali città? «Amara, Nasiriya e Diwaniya, soprattutto». Saddam si sta già preparando per l'attacco? «Certamente». A questo punto interviene Mohammed: «Io ho notizie recenti da dentro, due in particolare. Uno: al primo attacco degli alleati nessuno difenderà Saddam a parte la Guardia Republicana. Due: i parenti dell'entourage di Saddam stanno cominciando a sgomberare. Ho informazioni precise. Saddam non può difendersi per più di due giorni». Chalabì riprende controllo della situazione: le previsioni ottimistiche - si vede - gli sembrano politicamente inopportune. «Volano molte voci fuori da Baghdad. La gente parla sempre più dell'opposizione. Si percepisce meno paura di Saddam. C'è grande attesa». Perché trova importante la dichiarazione del generale Franks? «Noi non siamo per l'occupazione del nostro paese, ma per la sua liberazione con l'aiuto degli Stati Uniti. Bisogna capire, soprattutto in Europa, che noi voghamo liberare 1 Iraq per instaurare un sistema democratico. E voghamo che la gente che formerà questo govemo abbia un importante ruolo nella liberazione». Chiaro, però prima occorre battere Saddam... «Guardi, non è una buona idea che gli americani entrino nelle città. Nelle città l'opposizione può svolgere un ruolo decisivo nel ridurre la resistenza, nel bloccare le comunicazioni, nel prevenire attacchi biologici. Occorre mobilitazione e leadership, perché l'Iraq è in uno stato di latente rivoluzione». Va bene, ma se l'opposizione è così forte e la situazione prerivoluzionaria, come mai finora Saddam vi ha schiacciato? «Semplice, perché siamo stati traditi dagli americani nel '91, nel '95 e ancora nel '96. Nel '91 Saddam aveva già perso 14 province su 18. Gli esperti militari di Bush padre gli dettero cattive informazioni: i fondamentalisti possono prevalere, gli dissero. E così Schwartzkopf lasciò volare gli elicotteri di Saddam. Nel '95 Clinton non voleva che noi ci confrontassimo con l'esercito iracheno perché temeva di venire coinvolto. Nel '96 fu Saddam ad attaccarci nel Nord. Clinton era in campagna elettorale e non fece niente». E perché questa volta dovrebbe andare diversamente? «Perché nel '98 il Congresso americano ha approvato 1'"Iraqi Liberation Act", che impegna il govemo a "rimuovere Saddam e instaurare la democrazia". E il Presidente si è impegnato con il popolo, in campagna elettorale, a farlo rispettare. Fino al '98, gli Stati Uniti hanno trattato con l'opposizione segretamente. Non è più così. E questa è una cosa precedente ai fatti dell' 11 settembre». Saddam possiede armi di distruzione di massa? «Certo. Ha armi biologiche (antrace, vaiolo ed eboia) e le migliora sempre. Ha armi chimiche, come il gas VX. Bastano dieci milligrammi sulla pelle per uccidere un uomo». E armi nucleari? «Possiede un disegno miniaturizzato per una bomba atomica, per una all'uranio e per una al plutonio. L'unico componente che manca è il materiale fissile. Ma lo sta cercando attivamente». Cosa pensa dovrebbe succedere a Saddam, se riusciste a togliergli il potere? «Dovrebbe essere processato per crimini contro l'umanità». Da un tribunale internazionale? «No, da un tribunale iracheno con osservatori intemazionali». E condannato a morte? «Non so, deciderà la corte. Comunque noi non vogliamo esecuzioni sommarie, ma vogliamo che la gente veda punire i colpevoli. Onesto è molto importante per la futura ricostruzione dell'Iraq». Ma quali potrebbero essere le conseguenze di un'altra invasione americana dell'Iraq ne) mondo arabo, in Medio Oriente? «Capisco questa preoccupazione. La guerra è una faccenda seria. Ma oggi Saddam costituisce un pericolo maggiore per il mondo arabo di ogni intervento americano. E' un pericolo per la pace e per l'umanità. L'idea di risolvere la questione palestinese con Saddam al potere è una barzelletta. Un'Iraq democratico, invece, costituirebbe un legame importante tra il mondo arabo e quello occidentale. Abbiamo una storia di civiltà e tolleranza, e abbiamo i più grandi giacimenti di petrolio del mondo». Se Saddam cade cosa farete dopo? «Un govemo provvisorio che prepari una Costituzione da sottoporre a referendum democratico. Poi elezioni sulla base di questa Costituzione. Creeremo un sistema politico pluralistico e federale». Chalabì si allontana per prendere un'altra telefonata. Ne approfitto per chiedere a Mohammed se lui si aspetti l'attacco entro la fine dell'anno. «Me l'aspetto entro i prossimi sei mesi». «Non siamo favorevoli all'occupazione della nostra terra, è meglio ' che gli americani non entrino nelle città dove il nostro gruppo può avere un ruolo decisivo» Preoccupazione a Baghdad per le ultime notizie. A sinistra, Ahmed Chalabi, leader in esilio del Congresso nazionale iracheno