a San Domenico

a San Domenico LA NUOVA CHIESA TORINESE 1. Gli ex «sudditi» di Ceausescu sono oggi in diocesi 7 mila, oltre la metà di religione cattolica Dopo la sanatoria potrebbero diventare la nazionalità più numerosa: le donne lavorano soprattutto nelle case, con gli anziani MIRACOLO ROMENO a San Domenico inchiesta MILLE giovani alla messa domenicale, il sogno di tanti sacerdoti. A Torino, questo sogno si realizza nelle celebrazioni dedicate ai cattolici romeni nella chiesa di San Domenico, all'angolo con via Milano. Qui don Giorgio Miclaus, giovane jjrete della diocesi di Jasi, ogni settimana ripete il «miracolo». Un miracolo al quale ha prestato grande attenzione il cardinale Severino Poletto. Tanto da volere i romeni - come le altre grandi comunità cattohche di immigrati - nel nuovo consigho pastorale diocesano. Un segnale di grande sensibilità della Chiesa locale nel cogliere i mutamenti sociali in corso. Alla metà degli Anni 90 don Matteo Migliore di San Luca, a Mirafiori, il primo tra i parroci torinesi ad occuparsi delle anime degli ex «sudditi» di Ceausescu, era andato in cerca di un sacerdote che potesse aiutarlo a celebrare e a confessare in lingua madre nelle feste più importanti. Don Giorgio studiava teologia morale e comunicazioni sociali a Roma (a Jasi si era occupato del giornale diocesano). «Don Matteo - racconta mi chiese di venire a Torino in alcuni periodi dell'anno. Poi, nel '97, quando l'immigrazione romena stava diventando di massa, il vescovo ausiliare, monsignor Pier Giorgio Micchiardi, chiese al mio vescovo una presenza permanente. Toccò a me». Fu un «investimento». Oggi i romeni residenti in diocesi sono 7000, la metà è cattolica. «I ricongiungimenti familiari aumentano ogni settimana, nascono bambini. Dall'inizio dell'anno ho celebrato oltre 20 matrimoni e 30 battesimi», dice don Giorgio. «Dopo la sanatoria i romeni potrebbero diventare la nazionalità più numerosa: le donne lavorano nelle case, con gli anziani. Sono pazienti, dolci. Gli uomini si impiegano per lo più nell'edilizia. E' gente che resiste, che non sta a casa per un raffreddore e i datori di lavoro apprezzano. Pur di poter assumere un certo operaio, c'è persino chi ha fatto le pratiche di adozione. La buona fama si sparge: molti ora arrivano a Torino e poi trovano lavoro in provincia». Don Giorgio riflette: «Con gli altri immigrati, i romeni saranno la chiesa di domani. Basta guardarsi intorno: oggi i sacrestani, i collaboratori parrocchiali sono per lo più gli italiani arrivati dal Meridione, gli immigrati di ieri». Per il consigho pastorale sono stati scelti Camelia Gabor e Francisc Benedic, entrambi sposati, con figli. «Per chi deve lavorare e ha famiglia, ritagliarsi spazi non è facile. Loro sono motivati, faranno sacrifici». Benedic ha chiesto di far parte dei diaconi permanenti. Camelia è solista del coro romeno di San Domenico (50 elementi) che anima la messa. «E' ima celebrazione vivace e molto partecipata, con 10-1.5 chierichetti. I nostri bambini sono abituati ad essere portati in chiesa fin da piccoli». I romeni frequentano volentieri le parrocchie più vicine a casa, ma una chiesa - una grande chiesa - dove la lingua ufficiale sia il romeno (la confessione è molto richiesta, tanto che don Giorgio è costretto ad andare un po' per le spicce) rimane per ora indispensabile. «I romeni non creano ghetti, non si ammassano negli stessi quartieri. Però hanno bisogno di celebrare nella loro lingua. Sono molto praticanti, forse anche perché la fede era l'unico rifugio contro le bugie del regime, la chiesa l'unico punto di riferimento... Qui, poi, la vita non è facile. Spesso i nostri uomini e le nostre donne soffrono: hanno i figli lontani, a volte sono trattati con disprezzo. C'è chi lavora e alla fine non viene pagato». i i Ui pgIn Romania, i cattoUci sono 1' 11 % della popolazione, g^ ortodossi l'SS0/*). A Torino i rapporti sono diversi, grazie anche all'attenzione della chiesa locale. «E' un bene occuparsi degli immigrati perché ci sono altri pronti a tendere la mano. I Testimoni di Geova, ad esempio, hanno aperto un tempio per i romeni, con corsi di italiano e servizio di cerca-lavoro». Con i connazionali ortodossi i rapporti sono buoni. «Ci si aiuta. Per esempio, si fanno le collette per rimpatriare i morti: lo scorso anno ce ne sono stati 6. Poi, si cerca di aiutare i malati: non sono rari i casi di persone che si sono ammalate di cancro qui per gli effetti del lavoro nelle industrie chimiche romene e della nube di Cemobil. Sono situazioni drammatiche: restano senza casa, non ce la fanno ad affrontare interventi e cure da sole». Oltre alle messe a San Domenico, sabato alle 18,30 e domenica alle 11 (l'oceanica uscita dei fedeli riempie via Milano), don Giorgio celebra a Madonna degli Angeli, via Carlo Alberto angolo via Cavour, martedì e venerdì alle 18,30. In via Cavour 14 c'è anche il centro di ascolto, si tiene il corso di italiano. Don Giorgio propone anche lezioni di educazione civi^ ca. «Invito al rispetto delle leggi: dal pagare il bighetto sull'autobus al non bere per strada. Comunque, non c'è cattolico romeno che non paghi l'affitto di casa, che non rispetti l'autorità. Forse, una reminiscenza del regime comunista, ma soprattutto buona educazione».

Persone citate: Ceausescu, Gabor, Giorgio Miclaus, Matteo Migliore, Pier Giorgio Micchiardi, Severino Poletto

Luoghi citati: Roma, Romania, Romeno, San Domenico, Torino