II maresciallo Binda deve sopravvivere
II maresciallo Binda deve sopravvivere II maresciallo Binda deve sopravvivere RECENSIONE Sergio Peht COSA accadrà, al maresciallo dei caramba Pietro Binda, adesso che si ritrova orfano di uno dei suoi due vivaci genitori? Le tre inchieste che l'hanno finora visto protagonista in tre diversi moménti della sua carriera, sono scivolate leggere e appassionanti, scritte con eleganza non disgiunta da un oculato senso del ritmo, sorrette da trame originali e ben incastrate in contesti sociali scolpiti con estrema attenzione ai particolari dell'epoca, tra mode e politica. Avevamo conosciuto un Binda pensionato, in chiusura di millennio, rivangare e risolvere - in Quattro gocce d'acqua piovana - un caso mai chiarito che aveva tormentato i suoi sonni per anni. Lo avevamo ritrovato in piena carriera, maturo e solido caposaldo dell'Arma, nella Nevicata dell'85. Lo sorprendiamo, adesso, giovane e aitante brigadiere, in un i 969 decisamente simbolico ma appena sfiorato da un contesto narrativo che si spinge a ritroso a disseppellire fantasmi del periodo bellico. Da investigatore pensionato a maresciallo rispettato a brigadiere, un percorso all'indietro nella storia di un personaggio umano e ben caratterizzato, credibile, soprattutto per la sua vicinanza a un'umanità di ripiego destinata da sempre a spartirsi le briciole delle grandi rivoluzioni. Pietro Binda è entusiasta del suo difficile mestiere, anche in una Milano accalappiata dalla contestazione, con le prime inspiegabili rivolte giovanili. Si trova in un campo d'addestramento segreto allorché viene prelevato e riportato a Milano, dove lo attende un insolito, pericoloso incarico. Dovrà infiltrarsi fra i detenuti di San Vittore per indagare - fingendosi un rapinatore un po' squilibrato - sulla morte di un oscuro personaggio, un ungherese con passaporto elvetico, Otto Kormendy. Costui è stato eliminato, parrebbe, da tre anziani sopravvissuti del regime fascista, forse perché aveva appena proposto un suo libro di memorie belliche a un importante editore. I tre attempatelli indagati sono appunto in carcere, e il nostro Binda prova a mettersi in contatto con loro per scoprire l'origine del male. Non mette al corrente del fatto la giovane moglie Rachele - che sappiamo, già dal primo libro, destinata a una morte dolorosa - e si ritrova a convivere in una dimensione stralunata, tra delinquenti comuni - i compagni di cella, il simpatico Michetta e lo studente contestatore Steve - e farabutti della peggior specie, uno dei quali si trova lì, a quanto pare, per lo stesso scopo di Binda, con l'unica differenza che lo precederà nelle intenzio- ni, sopprimendo uno ad uno i tre indagati. Binda rimarrà all'oscuro di tutto e quasi vittima di una gigantesca rivolta carceraria, realmente avvenuta nell'aprile del '69 a San Vittore. Fuori dal carcere l'inchiesta continua, e sarà un nome ricavato da una lista di ebrei scampati all'olocausto a chiarire il mistero di tutti quegli omicidi. I «maimorti» sono sopravvissuti nella memoria di qualcuno, dopo aver distrutto decine di vite nei giorni cruciali della guerra; erano opportunisti al servizio del miglior offerente, e Binda scoprirà la tragica realtà di quel passato non troppo lontano. Un mistero di guerra, uno dei tanti, doloroso e tragico come ogni disastro causato dall'odio eh un momento disperato dell'umanità. Binda ha risolto brillantemente i suoi casi, creandosi uno spazio di riguardo - e di simpatia - tra i numerosi colleghi che ormai imperversano da Aosta ad Agrigento. Chissà se riuscirà a sopravvivere in un mondo a una sola dimensione narrativa. Glielo auguriamo rimboccarsi le maniche, Colaprico! - come auguriamo all'altro Pietro - il generoso Valpreda - di poter trovare, là dov'è andato, una Milano alternativa un po' più giusta e generosa di quella in cui è vissuto. Pietro Valpreda: il suo ultimo romanzo in coppia con Piero Colaprico
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