I guru vedono schiarite sui cieli di Wall Street di Ugo Bertone

I guru vedono schiarite sui cieli di Wall Street I PESSIMISTI CHE CONDANNARONO GLI ECCESSI DELLA BOLLA CONSIGLIANO DI RIPRENDERE GLI ACQUISTI I guru vedono schiarite sui cieli di Wall Street Ma nel breve l'allarme non è finito: se cede quota 7400 sarà un nuovo crash Ugo Bertone Barton Biggs, strategist di Morgan Stanley, è stato a fine Armi Novanta il più illustre pessimista di Wall Street. «Ma quelli che allora mi prendevano in giro ricorda - e cioè i tifosi della nuova economia, sono gli stessi che fanno a gara per essere i profeti di sventura dell'economia e delle azioni. A loro dire per almeno 10 anni i risparmiatori europei e americani staranno alla larga dalle azioni». E invece? Nel lungo periodo - sillaba Biggs - non c'è alcun investimento che valga le azioni. Non c'è mai stato, non ci sarà mai. Nulla può assicurare una combinazione paragonabile di liquidità e di possibilità di crescita». La discesa è finita? La risposta, per quanto riguarda Wall Street, è affidata a Michael Kahn, uno degli esperti che curano l'analisi tecnica per il settimanale «Barron's». «Purtroppo no. Una volta infranta la barriera di 8062 punti stabilita il 21 settembre, il Dow Jones sta rotolando verso un supporto a quota 7.400». Guarda caso, nel corso della seduta di mercoledì scorso, il grande ribasso si è arrestato a un passo dalla barriera dei 7.400 punti. Guai, dicono i tecnici, se fosse crollata quella diga. Ma l'allarme, nonostante il rimbalzo che ha riportato il DJ oltre quota 8000, è tutt'altro che cessato. Resta il fatto che, dopo il terremoto di questa estate piena di brividi, le parti si sono invertite: i pessimisti più incalliti diventano ottimisti; i compratori temerari del Duemila sono in preda alle vendita da panico. Il crollo delle Borse ha fatto molte vittime e incoronato pochi vincitori. Warren Buffett, il re di Wall Street, che ha deciso di puntare sulle telecom proprio alla vigilia del crash di WorldCom. Oppure, in Europa, l'ex numero 1 di Axa, Claude Bébéar, pensionato illustre al capezzale di Vivendi. Gente dal portafoglio solido e dai nervi di ghiaccio, capace di muoversi controcorrente al momento giusto. Che potrebbe essere questo, secondo Tom Mac Manus, veterano di Banc of America Securities: titoli come Fannie Mae (l'agenzia dei mutui fondiari Usa), Royal Dutch Petroleum, Pepsico o Philip Morris (quotata 9 volte gli utili), possono valere più di una scommessa a lungo termine. «Io non so - dice - se abbiamo toccato il fondo. Ma di sicuro ci siamo vicini. E la maggior parte del rischio, dopo questi ribassi, è or- mai alle spalle». E cioè, se si guarda il mercato con un orizzonte di settimane o mesi non c'è da stare allegri, mentre per chi ragiona sul lungo periodo le prospettive non sono poi così nere. Le ragioni? Primo, il modello elaborato dalla Fed per misurare il livello delle Borse. Il sistema è basato sul confronto tra i rendimenti dei titoli di Stato Usa a 10 anni e il livello dei profitti delle società incluse nello S&P 500, l'indice più rappresentativo dell' economia Usa. Ebbene, secondo questo indicatore la Borsa Usa è sottovalutata di un buon 300Zo. Un risultato analogo si ottiene anche con altri modelli, tipo quello elaborato dallo strategist Byron Wien,: anche a voler scontare un premio per il rischio del 70Zp rispetto ai titoli di Stato americani (una valutazione molto più prudente del solito, per gli standard Usa), si riscontra una sottovalutazione delle azioni di un 15-200z4. Altro indizio: il rapporto tra prezzi e utili, il price/eaming. La caduta dei profitti, dicono i più pessimisti, spiega il crollo dei prezzi. Vero, ma a questi prezzi le azioni scontano in media un price/earningdi 15-16 volte. Inoltre, secondo le previsioni di Thomson Financial/First Cali, i profitti dovrebbero salire del 150Zo nel 30 trimestre e del270Zonel40. Occorre tornare al 1995 per ritrovare dati paragonabili, ma con un'importante differenza: nel '95 i T bond rendevano r80Zo, oggi solo il 4,600Zo. E, visto che gli alti rendimenti del Tesoro tendono a deprimere il livello delle azioni, non è azzardato sostenere che mai, dall'inizio degli Armi 90, la Borsa è stata così a buon prezzo. Resta la grave crisi di credibilità della «Corporate America». «Vero - ammette Barton Biggs - ci vorrà tempo. Ma sono problemi meno gravi della stagflazione degli Anni 70 o dei tassi altissimi resi necessari dall'inflazione di inizio Armi 80». In sostanza, il prossimo futuro non promette nulla di buono. Ma, per chi vede lontano, questo può essere il momento giusto per puntare sui titoli di qualità, dalla tripla A per intenderci, in Europa e Usa. [borsa&fìnanza] Secondo il modello Fed il listino è sottovalutato del 30o7o. Anche per i pric^earning valori precedenti il boom Biggs (Morgan Stanley) «Pesano gli scandali ma negli Anni 70 e 80 abbiamo superato crisi ben peggiori» DOW JONES 12000 11000 10000 9000 8000 7000 6000 NASDAQ :1997 v: 1998 199* 2000 20Ó1: 1/1/1992 19///2002 1/1/1997. 19/7/2002

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