Sanaa e Hayat, le sorelle terribili Rossetto/capelli sciolti e Corano

Sanaa e Hayat, le sorelle terribili Rossetto/capelli sciolti e Corano DUE «IMPIEGATE» PARTICOLARI Sanaa e Hayat, le sorelle terribili Rossetto/capelli sciolti e Corano retroscena TORINO ERANO le due «impiegate» della stamperia clandestina di Porta Palazzo. Educate, istruite, molto gentili, molto professionali, italiano perfetto: Sanaa Boutabbouch e la sorellastra Hayat Boutaleb, di 21 e 28 anni, nate a Casablanca, facevano tutto da sole, guidate dal solito Sayed, ex convivente di Hayat, l'uomo dai contatti internazionali. Frequentavano una delle moschee più integraliste di Torino, ma - al lavoro - si presentavano rigorosamente vestite all'Occidentale. Abiti attilati, trucco, perfino il rossetto, capelli sciolti sulle spalle. Quasi un'ostentazione, esatto contrario di una regola religiosa che, per le donne, non ammette alcun compromesso. Niente chador, niente di niente. Eppure, anche a Torino, Sanaa e Hayat avrebbero seguito i corsi di una scuola coranica. «Sono tra le più assidue», dicevano gli informatori agli agenti. Quando la polizia di Porta Palazzo, con il vicequestore Antonio Politano e il commissario Luciano Nigro, ha fatto irruzione nella soffitta-laboratorio, loro erano al lavoro, dietro le tastiere dei computer utilizzati per falsificare i documenti d'identità. Dissero di trovarsi lì «per caso», di non avere nulla a che fare con quella strana fabbrica di permessi di soggiomo, con i suoi schedari in bell'ordine e i suoi segreti, dalle banconote false, alle patenti ancora in bianco o già intestate a cittadini nordafricani. Senza perdere la calma, senza tradire alcuna emozione, seguirono la perquisizione. Poi si lasciarono docilmente ammanettare. Gli informatori erano stati precisi: «Andate al 14, ultimo piano. Troverete gente collegata al terrorismo, sono un pericolo per l'intera comunità marocchina», che, in larghissima parte, ha preso da tempo le distanze dalle organizzazioni islamiche che fiancheggiano o appoggiano direttamente i seguaci di Bin Laden. Forse Sanaa e Hayat sapevano poco o nulla dei contatti di Sayed. Ma è una delle prime volte che viene scoperto il ruolo delle donne in attività clandestine sospette di essere coUegate al terrorismo islamico, da sempre gestito esclusivamente dagli uomini. Hayat ha un regolare permesso di soggiomo, Sanaa se ne stava fabbricando uno su misura, carta d'identità compresa. Falsa. Nel giugno scorso Sayed è stato denunciato da una delle due donne alla polizia per «minacce». Forse un modo per allontanare i sospetti, o hanno scoperto di essere state ingannate. Nella soffitta-rifugio i pósti letto erano tre, con un armadio pieno di abiti e altri effetti personali, segno del passaggio di numerose persone non ancora identificate. Il ruolo di Torino nella rete itahana di Al Quaeda è stato confermato dalla confessione di Mohamed Aouzar, marocchino, 19 anni, casa a Torino e detenuto dagli americani a Guantanamo, nella prigione dei Talebani; lo hanno catturato a dicembre a Mazar-i-Sharif, Afghanistan. «Sono stato arruolato in una moschea, poi mi hanno inviato in una madrassa in Pakistan. Infine mi sono ritrovato nei cam- pi mihtati di Al Quaeda», ha raccontato ai magistrati italiani che l'hanno interrogato nel giugno scorso. Da Torino era partito nell'agosto 2001. Adesso la Digos sta cercando gh emissari; forse sono stati già individuati ma l'indagine resta blindata. A Torino, Mohamed abitava con i genitori, completamente estranei alle organizzazioni integrahste, in un quartiere popolare; mamma e papà non sapevano nulla della cattura del figho, cresciuto a Torino con i fratelh. Sino a quando, a marzo, arrivò una lettera dalTX-Ray Camp. Poche righe: «Carissimi genitori, vi saluto nel nome di Dio Onnipotente. Sono stato catturato in Afghanistan, adesso sono a Cuba. Sto bene, vi chiedo perdono nel nome di Dio, benedite il vostro figho Mohamed». I funzionari della Croce Rossa, gli unici autorizzati a parlare con i prigionieri di Guantanamo hanno detto di avere individuato «almeno tre arabi che parlavano correttamente italiano». Uno è Mohamed Azouar. E gh altri due? [m. nu.] Rigorosamente integraliste, sapevano come nascondersi , con abiti all'occidentale Una rete di contatti internazionali, confermata dalle confessioni di un taleban a Guantanamo ^" ■-'>;;■■-^ ■■■;■'■■■■■■ <|?|PPJ^": ' ' ■ Sanaa Boutabbouch Hayat Boutaleb