Agnoletto: «Questa non è una passerella» di Antonella Rampino

Agnoletto: «Questa non è una passerella» Agnoletto: «Questa non è una passerella» Il portavoce dei no-global critico con i Ds che questa volta saranno a Genova Antonella Rampino ROMA Genova, un anno dopo. Invitati dal padre di Carlo Giuliani, il ragazzo morto il 20 luglio del 2001, arrivano tutti. Arriva tutta sinistra, tanto che Agnoletto sbuffa: «Genova non è una passerella». I riformisti della Quercia che l'anno scorso ponevano distinguo, il G8 l'abbiamo organizzato noi quando eravamo al govemo, non possiamo scendere in piazza contro i potenti della terra pur asserragliati in una zona rossa. Arriva Cofferati, che l'anno scorso non c'era se non un paio di giorni prima dell'Evento, e assieme ad Angeletti e Pezzotta: la Cgil, quella sì, aveva naturalmente in piazza la Fiom di Claudio Sabatti- ni, addirittura socio costituente del Genoa Social Forum. Arriva Piero Fassino, che la sera della tragica morte di Carlo Giuliani, s'appellò ai militanti della Quercia perché non scendessero in piazza, «troppo pericoloso». Arriva Piero Polena, che a Genova invece c'era anche un anno fa: fu lui a dare sul campo la valutazione del «troppo pericoloso». Per questo forse è oggi proprio lui a riconoscere, nonostante fosse di quelli che a Genova c'erano, «abbiamo sbagliato: coi movimenti dobbiamo dialogare». ii l ri d gQuesto, ieri lo riconosceva da Genova anche Piero Fassino, aggiungendo e sottolineando «sui fatti di Genova vogliamo giustizia». E bene attento però a non dar ragione ad Agnoletto, al leader dei no-global area che ai diesse chiede di ottenere dal govemo la vera e propria commissione d'inchiesta parlamentare, richiesta che peraltro a suo tempo Fassino avanzò con forza. E insomma si ha un po' la sensazione che a Genova si svolga un altro capitolo della gara a sinistra, chiamiamola così, tra riformisti e cofferatiani all'inseguimento del movimento. Che la parola d'ordine sia «non lasciarsi sfuggire la piazza», issue inevitabOe, specie dopo l'apparizione della leadership di Cofferati. «Non è così» respinge al mittente l'obiezione Giovanna Melandri. L'ex ministro della Cultura dell'Ulivo è un personaggio significativo, sui fatti di Genova, perché fu tra i pochissimi diessini che, pur non andando a Genova né allora né oggi, disse chiaro e tondo, allora come oggi, che quello era un enore. Ebbene Melandri dice che «non è così, non è proprio così: allora il partito sbagliò a non dialogare con i movimenti. Fassino stesso oggi riconosce che ci fu un errore di comprensione. Ma in questo ultimo anno, un lungo cammino è stato compiuto, con la Perugia-Assisi, andando al congresso mondiale dei no-global a Porto Alegre». Piuttosto, e pure questo lo dice Fassino, è «il govemo di centro-destra, che nonostante le testimonianze, la magistratura e i rapporti di Amnesty International, sui fatti della Diaz e su Bolzaneto continua a non voler fare luce». Molti commercianti di Genova blindano i negozi nel timore di nuovi episodi di violenza «Da un anno ne passo di cotte e di crude Anche gli altri colleghi non mi considerano normale» «In piazza si sentivano tanti botti. Non accuso nessuno: dico che potrei non essere stato io» fare anch'io». Finora ha mai cercato un altro lavoro? «No, ma sono perito meccanico "capo tecnico" e credo che un altro lavoro potrei trovarlo. Anche da solo: non chiedo l'aiuto degli altri, non m'importa che qualcuno mi dica "non troverai nessun lavoro se vai via di qui". Chiedo solo lealtà e rispetto, che non sento di aver ricevuto in questa vicenda». Lei era sulla camionetta assalita in piazza Alimonda, a Genova, il 20 luglio 2001. Ha sempre detto di aver sparato in aria eppu¬ re dice anche che c'era confusione. Cosa accadde veramente? «Posso solo ripetere quello che ho già detto a tutti: ho sparato in aria. E difficilmente avrei colpito Giuliani, mi creda: non so neanche sparare, nelle esercitazioni al Poligono di tiro sono scarso». La ricostruzione dell'omicidio di Giuliani si fa ogni giorno più complessa. Non esiste un'unica versione condivisa. «C'era una gran confusione. Si sentivano botti da tante parti. Con questo non accuso nessuno: ma non sono stato il solo a sparare. Potrei non essere stato io. Se non sono stati i miei due colpi a uccidere Giuliani, allora mi hanno fatto vivere un anno terribile senza che lo meritassi...» Dall'indagine che cosa s'aspetta? «Spero che si chiarisca tutto». Ai genitori di Carlo, Heidi e Giuliano, non sente di dover dire qualcosa? «Fino a oggi ho avuto paura di tutto, non ho neanche cercato di incontrarli perché non sapevo se sarei stato in grado di sostenere il colloquio. Oggi penso che parlare è meglio. Sempre». Ma il «ricompattamento» che Melandri, uno dei leader del correntone berlingueriano, sottolinea non regge poi alla prova dei fatti. Fassino va a Genova, però a un incontro organizzato il giorno prima dell'anniversario della morte di Carlo Giuliani. Oggi, sarà a Torino, «per problemi di Il segretario dei Democratici di sinistra Piero Fassino famiglia». Sergio Cofferati invece a Piazza Alimonda ci sarà, ma fa precisare da una nota ufficiale che si posiziona in orari e angolature della piazza diverse da quelle di Agnoletto. I diesse, guidati da Luciano Violante, che l'anno scorso non c'era, saranno rappresentati alle 11 e mezza del mattino, da Polena, Burlando, Vita, Sereni, Pinotti. Cesare Salvi di «Socialismo 2000» fa sapere via agenzie di stampa «ci sono anch'io». Per l'Ulivo, par a da un convegno romano Giuliano Amato, «quei ragazzi dei movimenti sono una benedizione di Dio, le loro ragioni di critica alla globalizzazione vanno ascoltate». Ma queste cose, il vicepresidente della Convenzione europea le diceva anche quand'era a Palazzo Chigi.