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ci mesi CINQUEMILA UOMINI IN DIVISA MA I NO GLOBAL ASSICURANO: LA SICUREZZA LA GARANTIAMO NOI • Il ci mesi I I 9 1 Genova, la protesta si divide in tre Cortei separati per 40 mila disobbedienti, i pochi «eretici» del centro InMensa, la folla «senza bandiere» con Heidi e Giuliano Giuliani. Si teme per il possibile ritorno dei black bloc Renato Rizzo inviato a GENOVA «I poliziotti stiano lontani: il corteo lo tuteliamo noi, anche e soprattutto per difenderci dalla loro aggressività. Loro si preoccupino, magari, di controllare quel che fanno i carabinieri»: il popolo dei no-global sfoglia l'attesa del giorno più lungo tra provocazioni verbah e timori, non accontentandosi delle assicurazioni del questore che si fa garante del comportamento dei 5 mila uomini in divisa chiamati a presidiare la città. Così, per la prima volta, dopo tante manifestazioni, gli antagonisti riscoprono il servizio d'ordine: quello che ricorda certi cortei sindacali o di partito con la falange dei compagni più duri chiamata a proteggere chi sfila. E non è un caso che tra i sostenitori più accesi di questa sorta di ritorno al passato ci siano proprio i Cobas: l'anno scorso, dopo essere stati assediati e pestati dai black-bloc in piazza Paolo da Novi, avevano giurato che un massacro del genere non l'avrebbero mai più subito. ii pLa scorta autogestita e rigorosamente «a mani nude» servirà, quindi - al di là dell'esposizione di muscoli nei confronti di polizia e carabinieri disegnati da qualcuno come «delinquenti in divisa» anche come scudo per respingere un doppio rischio: le infiltrazioni di «tute nere» in (possibile) arrivo, secondo un'informativa dei servizi segreti, e gli inserimenti a sorpresa di chi milita nell'ala più dura della ribellione. Una realtà d'immanente pericolo fotografata, ad esempio, dai messaggi che giungono ai circuiti d'informazione alternativi: «vendichiamo Carlo: radere al suolo Genova», «alla violenza di Stato, violenza di popolo», «spaccate tutto. Sfasciate i simboli della dittatura neoliberista», «colpite sempre. Fanculo i preti e i boy scout non violenti». Genova, oggi, divide in tre la sua protesta. Ci sarà la grande manifestazione che riunisce le anime non «perse» - com'è accaduto per la rete Lilliput - del Social forum: Disobbedienti, Cobas, aderenti a Rifondazione comunista, Fiom, Legambiente, Verdi, Arci, Attac, Altragricoltura. Sperano di radunare una pacifica armata di 30-40 mila persone per un corteo che partirà alle 18 da piazza Verdi, davanti alla stazione Brignole e, preceduto da imo striscione che recita «Il nostro futuro non è merce», scenderà al porto antico scorrendo sotto il Palazzo Ducale, già sede del summit e cuore dell'inviolabile zona rossa. «Questa città sarà il momento del passaggio verso il futuro d'un caldo autunno» annuncia¬ no Vittorio Agnoletto e il composito stato maggiore del «movimento dei movimenti» guardando alle lotte prossime venture per il diritto al lavoro e alla salute. E, in im soprassalto d'ecumenismo davanti alla gravità del momento, parte l'invito «pure a coloro che hanno votato a destra a passare da Genova in questi giorni per capire che la difesa della Costituzione riguarda tutti. Ciò che è capitato l'anno scorso a noi potrebbe succedere ad altri». Si reclamano, così, «verità e giustizia» sui fatti dello scorso luglio anche attraverso una commissione d'inchiesta parlamentare, chiamando in causa Castelli, «ministro che non vede e che non sente». Secondo momento di questo pomeriggio, la sfilata dei centri sociah esterni al Social Forum: 500-800 persone, anarchici, gio¬ vani del centro sociale InMensa che partiranno verso le 16,30 da piazza Martinez con l'intento di raggiungere il carcere di Marassi. «Quattro gatti in cerca di visibihtà» dicono Matteo Jade e Francesco Caruso dei Disobbedienti guardandoli, però, con il sospetto èhe si riserva a chi, come rileva anche Damele Farina del Leoncavallo, «ha voglia di creare guai e dimostra d'avere interessi coincidenti con quelli deUe forze dell'ordine. Per questo ogni componente del nostro corteo si proteggerà attivamente». Attivamente? «Sì, occhi aperti e fuori tutti i possibih provocatori». L'ultimo spicchio del pomeriggio è dedicato al ricordo: con mighaia di giovani e meno giovani che accantoneranno ogni bandiera, Giuliano Giuliani e la moglie Haidi saranno in piazza Ali- monda, luogo dove morì il figlio. «Sono sicuro che le manifestazioni si svolgeranno in un clima di serenità - dicono come ad esorcizzare paure e preoccupazioni -. Nessimo oserà profanare ima giornata dedicata alla memoria. Ci riapproprieremo, così, d'un luogo che, un anno fa, è stato sconsacrato da certe presenze». Davanti all'altare laico carico di bandiere e messaggi e candele arriverà per deporre un fiore anche il leader della Cgil Sergio Cofferati, e Luciano Violante con una delegazione Ds. Ci saranno testimonianze d'altri uomini pubblici? Giuliani scuote il capo: «Le autorità non si sono fatte sentire, ma questo non mi colpisce in modo particolare. Sarebbero gradite se arrivassero non come esponenti dello Stato, ma come persone comuni».

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