Intellettuali di destra, l'ora del mugugno di Pierluigi Battista

Intellettuali di destra, l'ora del mugugno LA PAROLA D'ORDINE E' «BASTA CON I PIAGNISTEI». MA CE' CHI ACCUSA: SI PREMIANO SOPRATTUTTO I «RICICLATI» DELLA SINISTRA Intellettuali di destra, l'ora del mugugno Al convegno di An affiora il disagio dei «delusi dalla vittoria» reportage Pierluigi Battista ROMA DICE Fini: «la destra rifugge dalla tentazione di irregimentare la cultura». Detto, fatto. Giordano Bruno Guerri si presenta al convegno sulla cultura di destra organizzato da Maurizio Gasparri senza giacca e con una vistosa camicia multicolore. Giacché la sala è nel perimetro del Parlamento, la regola parlamentare esige la giacca. Ma lo sregolato e non irreggimentabile Guerri, nel nome della libertà tout court e della libertà d'abbigliamento in particolare, non accetta il diktat, gira i tacchi e se ne va. Gasparri approva (Guerri, non l'occhiuta regola della giacca). Segno dei tempi. Come 1 irriverente imitazione di Mussolini, atteggiamento marziale e postura mascelluta, che Giorgio Albertazzi regala all'uditorio di Alleanza Nazionale. Prendere in giro il duce, addirittura. E con Gasparri che addita al pubblico ludibrio i «"n'jo"fascisti», molesti neofiti che vanno a proporre alla destra al governo fiction apologetiche del Ventennio, e dice di apprezzare talmente tanto Nanni Moretti da augurarsi che venga fuori un «Moretti di destra». Ad avercelo, naturalmente. Ma non si sa mai quale talento possa uscire dai luoghi un tempo bui dell'ex «cattiverie». «Cattiverie», per indicare il recinto chiuso della destra emarginata che fu, è la definizione che Gennaro Malgieri, direttore del Secolo d'Italia e relatore del convegno, mutua da Pietrangelo Buttafuoco, che nel pensatoio della cultura della destra italiana ha esortato gli astanti a farla finita con «il piagnisteo», l'eterno lamento su quanto la destra sarebbe stata emarginata, discriminata, negletta, eccetera eccetera. Ma nell'ex «cattiverio» sono diventati così poco inclini air«irreggimentazione» esclusa da Gianfranco Fini che l'ala dura e pura della cultura di destra, quella che lamenta r«identità perduta» (o, non identica ma analoga, «la perdita dell'anima») della destra di governo non si è sentita a suo agio in questo convegno in cui invece di assestare colpi al morettismo, ci si augura nientemeno che la destra partorisca un Moretti tutto suo. Per esempio Fausto Gianfranceschi, molti libri letti e scritti alle spalle, una lunga milizia alle pagine culturali del destrorso Tempo, articola il suo sofferto /accuse contro una classe dirigente di Alleanza Nazionale che preferisce Guerri (assente perché senza giacca) e addirittura Giovanni Minoli a intellettuali di destra doc come Claudio Quarantotto, autore tra l'altro di una celeberrima intervista a Giuseppe Prezzolinì, oppure a Marcello Veneziani. Il quale, assicura Gasparri, è stato invitato ma è impossibilitato a intervenire causa attuale viaggio in Messico. L'allusione tuttavia a Veneziani non è innocua, visto che i giornali lo avevano dato per papabile nel posto attualmente occupato da Minoli: Rai Educational. Ma nel convegno della cultura di destra si giura e si ribadisce che la destra non è a caccia di posti e prebende e che la fine della «discriminazione» non deve significare arrembaggio ai posti occupati dalla sinistra. Ma gli «esclusi» rumoreggiano, o quanto meno mugugnano. Mugugnano, per esempio, quando Franco Bemabé, presidente della Biennale voluto dal governo di centrodestra eppure difficilmente etichettabile come destrista della prima ora, scavalca a destra Malgieri che a sua volta aveva tessuto l'elogio del sinistro Mitterrand per la legge sull'«eccezione culturale» che avrebbe dovuto sbarrare la strada all'odiato americanismo culturale anti-europeo. Non mugugnano quando il presidente della Rai Antonio Baldassarre vellica i sen¬ timenti dell'uditorio lanciandosi in un affondo contro i manuali di storia di sinistra e dichiara che il suo unico, grande errore è stato quello di aver favorito, nel tempo che fu, la promozione universitaria del predecessore Roberto Zaccaria. Approvano desolati le parole di Massimo Pini, anima di una casa editrice di ispirazione socialista come la SugarCo, che spiega ai presenti cornei premiati, sinora, siano piuttosto gli intellettuali di sinistra che si fanno riciclare dalla destra in qualità di «tecnici». Dicono, Malgieri e Fini per primi, che non vogliono creare una nuova «egemonia» che sostituisca quella di sinistra (lo avevano già detto, con parole identiche, gli intellettuali del «Manifesto» di Dell'Utri). Reclamano la fine di ogni «emarginazione». Se poi però si sentono dire da Buttafuoco che il gesto culturale più eclatante del centrodestra è stato finora il tentativo di censura delle Rane di Aristofane non la prendono bene. «La cultura non deve avere aggettivi», dice Ignazio La Russa. Ma la cultura della destra non è granché allegra. E allegra non è solo un aggettivo. ti presidente della Rai Antonio Baldassarre

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