MOLDAVIA La faccia triste dell'Europa di Jas Gawronski

MOLDAVIA La faccia triste dell'Europa LA PIÙ DISPERATA DELLE REPUBBLICHE EX SOVIETICHE fA VIE D'USCITA DALLA CRISI POLITICA ED ECOI lANENTE MOLDAVIA La faccia triste dell'Europa reportage Jas Gawronski CHISINAU El abbracciata alla riva sinistra del delta del Danubio sul mar Nero, ma la storia le ha fatto conoscere altri schiaccianti abbracci e anche incastri, come quello, fra gli imperi Russo e Austroungarico, fino alla Grande Guerra. Queste belle colline coperte da vigneti e foreste hanno il destino di terre di frontiera. Infatti la Moldavia, capitale Chisinau, semisconosciuto Stato europeo, è stata ottomana, zarista, rumena e poi sovietica e per non perdere l'abitudine ad avere diversi volti politici, anche in questi tempi, non è un solo Stato ma due. Pur essendo il Paese più povero d'Europa s'è concessa il costoso lusso di una scissione: due parlamenti e due governi. Ma questa regione vive perennemente nelle trasformazioni e nei bricolage statali. Partiamo dalla metà del XIX secolo, quando si formano in Europa gli Stati nazione: il principato moldavo si unisce alla sua vicina meridionale, la Valacchia, per formare un piccolo regno danubiano indipendente, la Romania. Nel 1947, con l'Urss, viene creata la repubblica socialista di Moldavia che comprende la Transnistria russofona, ma perde la Bucovina al Nord e le steppe di Boujak a Sud, che vengono agganciate all'Ucraina, privando così la Moldavia di un accesso diretto al Mar Nero. Situata in una zona strategica che collega l'Europa all'Asia, la Moldavia (Paese di lingua rumena quindi in questo senso latino) ha una superficie pari al Belgio, 4 milioni e mezzo di abitanti di origini etniche diverse, rumeni 650Zo, ucraini 140Zo, russi 130Zo. Alle elezioni del febbraio 2001 vince il Partito comunista moldavo (Pcm) con 71 seggi su 101. Il 4 aprile 2001 Vladimir Voronin, capo del Pcm viene eletto presidente, primo comunista a guidare un Paese dell'ex Urss. Il suo programma non dichiarato: ritomo ai valori dell' epoca sovietica e stretti rapporti con Mosca. Un partito comunista vero, non ribattezzato, che fa una politica pro-russa. Anche se il capo del governo, Vasile Tarlev, giovane, occidentalizzante, traduce così: «Ci sono partiti che hanno cambiato nome, che hanno aggiunto democratici o liberali, noi non abbiamo complessi a chiamarci comunisti, anche se forse lo siamo meno di quegli altri. Non conta come si chiama il partito, ma quello che fa, e noi stiamo facendo bene. Siamo un piccolo Paese, ma abbiamo grandi sogni. Vogliamo entrare in Europa». In Transnistria, regione scissionista, il comunismo è invece bandiera assoluta. Venne incorporata da Stalin nella Moldavia, ma i suoi 700 mila abitanti, 280Zo ucraini, 250Zo russi, temendo una occidentalizzazione, hanno creato nel 1992 una repubblica «sovrana» e pro-sovietica, con l'assenso di Mosca che vedeva male un riavvicinamento fra i due Stati rumenofoni. E in nome della Transnistria libera si sono fatti una breve e sanguinosa guerra con la Moldavia vincendola per far sventolare di nuovo una bandiera con falce e martello e mantenere in piedi nelle piazze le stbtue di Lenin accompagnate dallo slogan «Unità con la Russia». Il russo è la lingua dominante, cirillico l'alfabeto, la valuta si chiama rublo. Una fedeltà all' Urss anche a Urss morta, follia che può nascere quando si è stati base militare della XIV armata. Il mitico esercito che doveva controllare il fianco Sud-Ovest dell'Urss verso i Balcani era situato a Tiraspol, capitale della Transnistria. Solo nel '99 la Russia, in un vertice Ocse, si è impegnata a ritirare entro il 2001 i soldati e l'anno dopo le armi da Tiraspol. Ma la riesumazione dell'ortodossia sovietica è solo teatro ideologico. La realtà è che la Transnistria è ricca di soldi sporchi e disposta a tutto pur di tenerseli. Concentra il 400Zo della produzione industriale del totale moldavo, ne rappresenta solo il 120Zo del territorio ed il 160Zo della popolazione. Nel resto della Moldavia il salario medio è 30 dollari al mese e lì per molti il sogno è emigrare in Romania, uno dei Paesi resi più miseri sia dal comunismo sia dal postcomunismo. La Transnistria invece vive . con le mani nel sacco, nelle marmellate immorali del mondo: traffici di ogni genere, contrabbando di petroli, sigarette ed alcol. Esempio: ha importato 6000 volte più sigarette che il resto del Paese. Lavaggio del denaro sporco russo. Prodotti illegali vengono importati, forniti di un sigillo di legittimità ed esportati. Forse rifugio di terroristi, qui addestrati. Al di là del battage ideologico, il Paese non trova la sua origine e indipendenza in una religione o in un'etnia, ma nel denaro, nel traffico illegale, come una cosca. Il regime è ovviamente corrotto. Tutte menzogne per Grigori Marakutsa, obeso, massiccio, pelato presidente del Soviet Supremo della Transni- stria. «So che dicono che esportiamo armi, che la nostra è economia criminale. Noi invece abbiamo catturato e estradato criminali. Siamo pronti ad accettare monitoraggio per rimuovere sospetti. Vogliono screditarci. Noi vogliamo due Stati separati, due economie». Il presidente di questo Paesefantasma è Igor Smimov, sindaco di Tiraspol ai tempi sovietici, uno dei suoi figli è capo della dogana e l'altro si occupa del traffico d'armi, prodotte sul posto, come sistemi di lanciarazzi multipli Bm-21 Grad, armi antitank Spg-9, antipersona Gp-25. Il presidente moldavo Voronin è favorevole a dare alla Transni- stria una certa autonomia, purché rientri nella sovranità e integrità nazionale. Smimov vuole una confederazione con Moldavia e Transnistria soggetti alla pari, per far aderire poi il suo "Paese" all'unione russoucraina-bielorussa. Ma nessuno Stato riconosce la Transnistria come indipendente. Paese inventato, ha un esercito di 7500 uomini, abbastanza forte da non farsi riassorbire dalla Moldavia, ma non da avere una statalità vera. Appare solo sulle carte geografiche stampate a Tiraspol. Il presidente Smirnov, con la sua faccia da operaio sovietico, ma capelli bianchi taglio marines: «Soffriamo co¬ me tutti dalla dissoluzione dell' Urss, che era il nostro grande protettore. E' vero che non siamo riconosciuti da altri Paesi, ma abbiamo relazioni economiche con 86 nazioni». Saranno le relazioni delle loro fabbriche d'armi che hanno lasciato i marchi nei conflitti africani, nei Balcani, in Cecenia. Altre armi le contrabbandano svuotando l'arsenale di 40 mila tonnellate di ordigni (valgono 8 miliardi di dollari) abbandonato per ora a Tiraspol dai sovietici. Molti armamenti sono vecchi e a cielo aperto, con ovvio e ignorato rischio ecologico. Il quadro si completa coi 2000 soldati sovietici che sono rimasti qui a controllare, con chissà quale efficacia, l'arsenale. «In ogni caso - dice un diplomatico russo a Chisinau fino a quando a Tiraspol ci sarà anche un solo nostro proiettile ci sarà anche un soldato russo. Non vogliamo che vadano nelle mani della Transnistria. Smirnov e i suoi pensano che le armi ormai siano loro. Noi nostre». Mentre dalla Transnistria il succitato, ineffabile, Grigori Marakutsa replica: «Siamo d'accordo che i russi ritirino armi, munizioni e gli ultimi soldati». Tanto quel che non si ritirerà mai da Tiraspol è lo spirito sovietico. La città, dove entri solo dopo aver passato la sbarra di controllo di simboli dell'Urss come la XIV armata, si è irrealmente conservata come la mummia di Stalin, di nuovo c'è solo un modernissimo stadio in costruzione, lo intitoleranno a Lenin. L'altra faccia della Moldavia la vedi a Chisinau, capitale, calma e verdeggiante: vecchia guarnigione zarista, nasconde a mala pena di stare a capo del Paese più povero d'Europa, quello che ha preso il posto dell'Albania. Pochi manifesti di prodotti occidentali, tanto qui chi hai soldi per comprarli? Arie da città provinciale prima della guerra. Arie di decadenza, dal 1990 il Pil è diminuito ogni anno salvo uno, l'economia (al 700Zo agricola) vale un terzo di quel che era nel 1990. D'altra parte da allora c'è stata la guerra civile con la Transnistria che ha assorbito le ricchezze del Paese e ritardato le riforme economiche. Che pure sarebbero state indispensabili per ogni attività, visto che l'800Zo dei fabbisogni energetici viene dalla Russia e spesso non arriva perché i moldavi non hanno da pagare. Questo spiega anche perché 600 mila moldavi, un terzo della popolazione, la più alta percentuale in Europa, sia andata a lavorare all'estero. Il presidente Vladimir Voronin, uomo forte del Paese, ministro degli Interni nel periodo sovietico, tira la sua morale: «E' immorale avere un Paese così povero al centro dell'Europa. Non vogliamo aspettare troppo in coda prima di diventare membri dell'Ue». Ma intanto un Paese così povero e dal futuro così incerto non può che ribollire. All'inizio dell'anno e per 4 mesi decine di migliaia di dimostranti si sono riversati a Chisinau domandando le dimissioni di Voronin e nuove elezioni. Le motivazioni sembravano etnico culturali: due decreti sulla scuola, uno che rendeva il russo obbligatorio già dalla seconda elementare (non lo era neanche ai tempi sovietici), l'altro che imponeva un'interpretazione della storia moldava palesemente tendenziosa. In realtà lo scontro è fra i nazionalisti che vorrebbero riavvicinarsi, fora' anche riunificarsi, con la Romania (due terzi dei moldavi sono etnicamente e linguisticamente romeni), dall'altra la minoranza russa, più un po' di moldavi, che guarda a Putin. A Mosca piace non tanto l'ideologia ma la disponibilità a rientrare nell'orbita russa e fare da cuscinetto con la Romania che entrerà nella Nato. Anche qui gli scontri fra valori ed etnie fanno da paravento ad altro: dove collocare la Moldavia nello scacchiere intemazionale. Eugenia Ostapciuc, presidente del Parlamento moldavo, florida come una donna dei film del realismo socialista: «Noi siamo per l'economia di mercato, la privatizzazione, andiamo verso l'Europa ma siamo con la Russia che ci aiuta, il 600Zo del nostro export va lì». Ma fra ribellioni popolari antirusse e incertezze nello stesso Parlamento, su limiti, confini e collocazioni della Moldavia, sembra che la storia come al solito non dica una parola chiara. Mentre la Transnistria è graniticamente pro-slava, la Moldavia è un magma. La Russia non interviene apertamente per evitare traumatici episodi di separatismo (vedi Cecenia). Anche se Vlad Cubreacov, uno dei leader dell'opposizione antirussa, è stato rapito il 21 marzo e liberato il 25 maggio da uomini a viso scoperto che parlavano con chiara intonazione russa. Lui non sa chi siano i rapitori né il perché. O almeno non lo dice. «E' difficile essere un oppositore, in un Paese come la Moldavia», racconta dal letto d'ospedale dove sta recuperando dopo la brutta avventura. Forse è difficile anche essere un Paese, per la Moldavia. Europarlamentare di Forza Italia jgawronski@europarl.eu.int II Paese è spaccato in due parti, nessuna delle quali sembra in grado di reggersi da sé. La principale (e sola riconosciuta internazionalmente) ha superato l'Albania come Stato più povero del Continente Il governo si dice comunista ma sogna di entrare nell'Uè L'altra porzione (molto più piccola) si chiama Transnistria È abitata da russi e ucraini, ostili alla maggioranza rumena e che sognano -di riunirsi con Mosca Il regime è stalinista lllivellodivitaèpiùalto ma solo grazie al contrabbando e al traffico di armi Un gruppo di donne cerca di vendere vestiti usati in una strada di Chisinau, poverissima capitale della Moldavia