Sefarad, fra le ombre dell'atroce Novecento
Sefarad, fra le ombre dell'atroce NovecentoSefarad, fra le ombre dell'atroce Novecento SEFARAD» è il nome con il quale gli ebrei, gli ebrei sefarditi, designano tuttora la Spagna, la terra da dove furono espulsi, nel 1492, e cbe dovettero abbandonare nel giro di due mesi, dopo secoli di convivenza, anche culturale, con i cristiani e i musulmani. «Sefarad», per gli ebrei dispersisi lungo le rive del Mediterraneo, è certamente sinonimo di nostalgia, di ricordo, di riconoscimento di radici mai interamente recise, è il motivo per cui chi sa (o crede) di avere origini spagnole si riconosce (o crede di riconoscersi) nella grande letteratura spagnola, magari proprio in quei capolavori, come la Celestina, e perfino le òpere di Santa Teresa di Avila, che vendono attribuiti a ebrei rimasti ih Spagna: quei marranos che, seppure convertiti, spesso non sfuggirono alle persecuzioni e alla morte. Sefarad e il titolo del nuovo, bellissimo romanzo di Antonio Munoz Molina, ma non riguarda soltanto gli ebrei e non soltanto la Spagna. Riguarda, accoglie e ricorda tutti coloro che nell'atroce Ventesimo Secolo, e in particolare tra il Trenta e il Quaranta, sono stati esuli o dispersi, tutti coloro che, per salvarsi, hanno varcato o tenta- RECENAnBian SION ela hini to inutilmente di varcare frontiere (come Walter Benjamin), tutti coloro che dai lager nazisti sono tornati (come Primo Levi e Jean Améry) rimanendone segnati per sempre, altri che, proprio nei campi di concentramento, si trovarono e conobbero (come Milena, il grande amore di Kafka, e Margarete Buber-Neumann). E poi accanto a quelli che persero nome, patria e identità per mano del regime nazifascista, altri che il regime comunista condannò allo stesso fato: Margarete Buber-Neumann, appunto, che in ottemperanza al patto Stalin-Hitler fu ricondotta in Germania e consegnata ai nazisti, e Evgenia Ginzbuj;g, comunista fanatica, spiata per hoVe mesi di seguito e, infine; accusata di tradimento j e trotzkismo."" Le storie, le vicinanze, i destini dei personaggi più celebri s'intrepciano con altri che celebri nflfn sono e servono a dare il senso dell'attualità di un sentimento di lontananza e di distacco che è umano e appartiene a tutti i luoghi e a tutti i paesi: una storia, in parte autobiografica, parla dello spagnolo di oggi, che da Madrid racconta l'infanzia trascorsa a Ubeda (dove Munoz Molina nacque nel 1956), l'altra del giovane, anch'esso spagnolo, che si unì alla Divisione Azul, inviata da Franco ad aiutare i nazisti sul fronte russo, e la ricorda ora, tra sogno e veglia. Romanzo dei romanzi, questo il sottotitolo di Sefarad, ispirato da una frase magistrale del grande romanziere Galdós, tratta dal suo capolavoro Fortunata yJacinta (a tutt'oggi mai tradotto in italiano). «Ovunque vada, l'uomo porta con sé il suo romanzo». Romanzo dei romanzi oppure, come hanno preferito definirlo alcuni critici spagnoli, romanzo degli accusati, degli esuli, mentali o fisici? Non ha importanza: nonostante l'autore non abbia assistito neppure lontanamente al clima da lui descritto, è riuscito a darci un libro commovente e anche grandioso, vorrei dire, perché basato tutto sulla letteratura, sulle testimonianze, quasi tutte vere, anche se segrete e private (bellissima là.storia della ma^. dre e figlia, die tomanq^itop quattro anhrin Francia età dove erano fuggite e non vi rimettono più piede) oppure su una immaginazione che si fa testimonianza e risulta perciò altrettanto autentica. E c'è poi il monito che non può essere ignorato, né relegato al passato. Terribili furono le frontiere da varcare, i treni da prendere, ma «Come sarà», scrive Munoz Molina, «giungere di notte sulla costa di un paese sconosciuto, gettarsi in acqua da una barca che ha navigato nel buio... un uomo solo, senza documenti, senza denaro...?». «Sefarad» è ovunque. RECENSION Angela Bianchini Il nuovo romanzo di Munoz Molina accoglie tutti coloro che sono stati esuli o dispersi, tutti coloro che sono finiti nel gorgo delle scelleratezze nazifasciste e comuniste Rogo di ebrei nella Spagna del '400: Sefarad era per loro il nome di quella terra da cui furono espulsi ed è rimasto sinonimo di tragiche radici 7 Antonio Munoz Molina Sefarad trad. di Maria Nicola e Cristina Stella, Mondadori pp. 425, e 17,20 ROMANZO
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