Uccise moglie e figlia prosciolto in Appello

Uccise moglie e figlia prosciolto in Appello NOVARA, UN ANNO FA ERA STATO CONDANNATO ALL'ERGASTOLO Uccise moglie e figlia prosciolto in Appello Smentita la prima perizia psichiatrica che lo aveva dichiarato capace di intendere e di volere. Ha commesso il delitto nel 2000, sconvolto dalla morte dell'altra figlia, e da allora si è chiuso in un totale mutismo Gianfranco Quaglia Marcello Giordani NOVARA Dall'ergastolo al proscioglimento in Appello, dopo aver ucciso moglie e figlia. Prima riconosciuto in possesso di tutte le facoltà mentali, ora dichiarato totalmente incapace di intendere e volere. E' la storia di un imprenditore di Gozzano, in provincia di Novara sulle rive del Lago d'Orta, che fra pochi giorni lascerà il carcere per essere affidato all'ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere. Nel giro di un anno (il 7 marzo 2001 fu pronunciata la sentenza di primo grado dai giudici di Novara) il futuro di Roberto Erbetta ha subito due svolte. Ma la sua storia era già cambiata prima, il 19 settembre del '99. Una data destinata a sconvolgergli l'esistenza. Artigiano metalmeccanico di Auzate, frazione di Gozzano, patria di' rubinetti e di gènte tutta casa e'lavoro. Ha una moglie che l'ha sempre seguito e due figlie gemelle, Sabrina e Roberta. Crescono bene e in fretta: a 19 anni Sabrina è fidanzata con un ragazzo di Biella. Quella sera è in casa del ragazzo e sono entrambi davanti alla tv: Sabrina ha un malore e si accascia, senza riprendere più conoscenza. Il verdetto: aneurisma cerebrale. Una morte che sconvolge Roberto Erbetta, 47 anni, sino a farlo sprofondare nella più tremenda depressione. Che esploderà il 25 maggio del 2000, quando l'artigiano scaricherà il fucile addosso alla moglie e all'altra figlia Roberta. Poi si lascerà arrestare dai carabinieri, senza dire nulla. Non parlerà più, così come non ha voluto aggiungere più di tanto alla notizia che uno dei due difensori gli ha portato ieri mattina nel carcere di Saluzzo: «Signor Erbetta, l'hanno prosciolto, l'ergastolo è cancellato». Racconta l'avvocato Claudio Maria Papotti, che lo difende con i colleghi Alberto De Sanctis e Mauro Tozzini: «Ha risposto semplicemente di essere contento e basta. E' un uomo incapace di provare emozioni». Aveva reagito con totale indifferenza anche al pronunciamento della prima sentenza, quando il giudice per le indagini preliminari di Novara, Angela Fasano, al termine del rito abbreviato chiesto dall'imputato, lo aveva riconosciuto colpevole del duplice omicidio. Determinante, in quel caso, era stata la perizia psichiatrica eseguita dal professor Eugenio Borgna, ora primario emerito dell'Ospedale Maggiore di Novara, il quale aveva definito l'uomo totalmente capace di intendere e volere nel momento in cui aveva commesso il delitto. Una perizia che aveva fatto discutere, avversata dai difensori. Quel 25 maggio, giorno della tragedia, Roberto Erbetta era entrato nel bar del paese e aveva chiesto al barista: «Secondo te, si può impazzire per la morte di una figlia?». Ed è su questa domanda che è ruotato prima il rito abbreviato e poi il processo d'Appello. Gli avvocati avevano infatti sollecitato un approfondimento psichiatrico. La corte torinese ha accolto la richiesta del consulente di parte, Anselmo Zanalda, e ha deciso di eseguire una nuova perizia affidata al professor Ugo Fornari e alla sua collaboratrice Silvia Coda. «Nella perizia dice Papotti - si è scoperto, tra l'altro, che Erbetta da piccolo aveva sofferto di epilessia e si è concluso che al moménto del fatto era completamente incapace di intendere e volere». L'esame psichiatrico aggiunge che «l'evento scatenante del suo comportamento auto ed eterodistruttivo, la morte della figlia Sabrina, non è stato a tutt'oggi elaborato. Non esiste consapevolezza di malattia, né una sia pur minima elaborazio¬ ne del reato da lui compiuto». In pratica. Erbetta non si sarebbe ancora reso conto della tragedia: per questa ragione, oltre al non luogo a procedere, e quindi all'assoluzione, all'artigiano novarese sono stati imposti cinque anni di degenza nell'ospedale di Castiglione delle Stiviere. «Un'applicazione provvisoria di misura di sicurezza - dice l'avvocato Papotti che dipende dalla pericolosità del soggetto, il quale potrebbe tornare a casa anche prima della scadenza del termine». Il duplice delitto del 2000 si verificò ad Auzate, nella casa che si affaccia sulla piazza del paese