«Terra ai sardi», tre buste esplosive a Milano di Paolo Colonnello

«Terra ai sardi», tre buste esplosive a Milano L'ORDIGNO ERA NASCOSTO NELL'INCAVO DI UN LIBRO, UN BIGLIETTO RIVENDICAVA L'ATTENTATO «Terra ai sardi», tre buste esplosive a Milano Lo scoppio mentre l'impiegato timbrava Paolo Colonnello MILANO «Terra ai sardi. Sardegna ai sardi». E' ancora presto per dire se si tratti davvero di un'azione del rinato indipendentismo sardo, ma è questa la rivendicazione che ha accompagnato ieri l'invio di tre buste infiammabili esplose, nel giro di tre ore e mezzo, presso il centro di smistamento meccanizzato delle Poste di Peschiera Borromeo, la sede da cui passa il traffico della posta a Milano e il 40 per cento di tutt'Italia. Tre buste misteriosissime, visto che le esplosioni, hanno cancellato quasi completamente gli indirizzi dei destinatari, lasciando invece intatto quello del mittente, la «North Universal Europe spa di Foro Bonaparte», ovviamente falso. Gli ordigni, alquanto rudimentali non avrebbero comunque causato gravi danni, tutt'al più una scottatura a chi li avesse maneggiati. Ma mentre una delle missive, la prima, doveva essere ancora smistata, le altre due erano già state infilate in un sacco che avrebbe dovuto raggiungere Cagliari per via aerea e se si fossero incendiate in volo le conseguenze avrebbero potuto essere ben più serie. Il caso invece ha voluto che le piccole esplosioni, una alle cinque meno uh quarto del pomeriggio, le altre, in rapida successione, alle 8 e dietì di sera, avvenissero non solo negli uffici del Centro Meccanizzato ma a una distanza di sicurezza dagli impiegati delle Poste che stavano smistando le tre lette- ' re, prelevate poche ore prima dalle cassette per le lettere sparse per la città. Il che confermerebbe tra l'altro l'empiricità degli attentati; la prima busta, 20 centimetri per 20, è esplosa infatti in seguito al colpo dato da una timbratura, la seconda subito dopo essere stata gettata da un impiegato dell'ufficio posta prioritaria in fondo a un sacco. La terza, è stata innescata dalla seconda, prendendo fuoco nello stesso sacco. Dunque non si capisce se ci si trovi in presenza di imo scherzo pesante o di uno di quegli enigma- tici avvertimenti che ogni tanto, e in maniera non sempre incruenta, attraversano la penisola. Abbastanza inquietante comunque perché ieri sera, dopo la seconda fiammata, nel centro di meccanizzazione delle poste, si recasse un'intera squadra antisabotaggio dei carabinieri per controllare se tra le migliaia di buste e lettere giacenti nei depositi vi fosse qualche altra sorpresa esplosiva. Diffìcile pensare al teirorismo, visto che le ultime azioni di brigatisti e fiancheggiatori sono sempre state rivendicate senza problemi, bombe comprese. Gli inquirenti però ieri parlavano di «atto dimostrativo» da non prendere sotto gamba. Il sospetto è die ci si trovi davanti a ima variante dei sohti groppi di anarchici insurrezionalisti che, tra i tanti legami a livello internazionale e nazionale, vanterebbero anche qualche aggancio con gli autonomisti sardi più estremi. Non a caso la modalità dei due attentati falhti ricorda molto da vicino quella utilizzata nell'estate del '98 dai cosidetti squatter che spedirono cinque buste esplosive a politici, giornalisti e avvocati di Milano e Torino. Il caso di ieri è ancora tutto da capire e decriptare: la rivendicazione, trovata all'interno delle prima busta, quella esplosa alle 17, era scritta a macchina, parte in italiano parte in dialetto sardo, su un foglietto stropicciato inserito in un cilindro tra le pagine di un libro di Gabriele D'Annunzio, «Forse che sì, forse che no», scritto nel 1910. Secondo quanto riferito dai carabinieri della compagnia di San Donato, il rudimentale ordigno era stato na¬ scosto nell'incavo del libro, svuotato dalle pagine e riempito con polvere nera e una pila da 9 volt. H congegno era collegato con dei cavetti in modo da esplodere aprendo a strappo la busta gialla, di un formato tra l'altro che non poteva essere timbrato a mano ma •éolo a macchina. Particolare/orse sconosciuto agli attentatori. È stato così che un impiegato di 44 anni, quando ha dato il colpo di timbro sull'involucro, l'ha visto prendere fuoco. Nemmeno un graffio (grazie al manico piuttosto lungo del timbro) ma tanta paura. «E incredibile quello che è successo - racconta Giovanni Pulvirenti, sindacalista Cobas - quando è scoppiata la prima busta uno dei dirigenti dell'ufficio ha fatto ripulire tutto per non allarmare i dipendenti. Le tracce della busta esplosa che servivano per risalire al destinatario in parte sono andate perse, così come altri particolari utili per le indagini» Nessun feritoia l'impiegato è sotto choc. Le lettere erano indirizzate a Cagliari e avrebbero potuto incendiarsi durante il volo I tre pacchi bomba sono esplosi nel centro meccanizzato delle poste di Peschiera Borromeo nessun ferito ma paura frai dipendenti

Persone citate: Bonaparte, Gabriele D'annunzio, Giovanni Pulvirenti