Su ogni commessa un «pizzo» del 7%

Su ogni commessa un «pizzo» del 7%LE NUOVE SORPRESE DELL'INDAGINE Su ogni commessa un «pizzo» del 7 Un meccanismo ben oliato con imprenditori e faccendieri ninni •mm Ifl'I'VDl I' retroscena -■:;::-Ì;:-.-:;:'.::;:-:;:VV;:::w ROMA SI allarga l'inchiesta di Potenza, quella che ha fatto indignare il Parlamento, che all'unaninaità ha respinto le richieste di arresto di due deputati, uno della maggioranza, Angelo Sanza (Fi), e uno dell'opposizione, Antonio Luongo (Ds). Che ha scatenato l'ira del senatore a vita Francesco Cossiga, perché era stato arrestato un generale dei carabinieri, diventato responsabile operativo del Sisde, Stefano Orlando, e, soprattutto, perché erano state depositate in Parlamento - anche se non utilizzate negli atti giudiziari - intercettazioni ambientali nelle quali erano state catturate frasi di alcuni parlamentari, tra cui lo stesso ex Presidente della Repùbblica. E che ha sollevato, infine, un mare di dubbi sulla stessa genuinità dell'ipotesi accusatoria, ritenuta suggestiva, sull'esistenza dì una «associazione a delinquere» finalizzata alla corruzione. Naturalmente, con il passare dei giorni le polemiche si sono placate, anche di fronte ad altre emergenze, e dell'inchiesta di Potenza tutti si aspettavano soltanto una conclusione. C'erano state delle avvisaglie, è vero, come le indiscrezioni trapelate in quei giorni da quel Palazzo di Giustizia di Potenza, secondo cui alcuni indagati arrestati avevano confermato alcuni episodi e che forse si erano difesi trascinando nell'inchiesta altri personaggi. Ammissioni, nuovi appalti sospetti e probabilmente altre intercettazioni ambientali e telefoniche hanno convinto i magistrati a chiudere il cerchio. L'imponente ordinanza di custodia cautelare che portò, il 28 maggio scorso, ali arresto di una ventina di imprenditori, mediatori, funzionari dell'Inali e politici, documentò che la collaborazione di una «gola profonda», l'autista dell'imprenditore De Sio, e le intercettazioni telefoniche e ambientali erano state il grimaldello per penetrare dentro un mondo che si pensava consegnato al passato: }a corruzione. Gli arresti di ieri, sembra di capire, non sono gli ultimi strascichi della prima inchiesta Woodcock, un secondo tempo di una partita già segnata. Tutt'altro, quelli di ieri rappresentano un campanello d'allarme, l'avvisaglia che la procura di' Potenza sta iniziando ad arare altri campi. Il primo tempo dell'inchiesta aveva al suo centro una famiglia di imprenditori potentini, i De Sio, attorno alla quale girava un mondo rappresentato da faccendieri, intermediari, commercialisti, politici, banchieri e funzionari dell'Inali. La sostanza, la corruzione ipotizzata e contestata, riguardava due tangenti per due appalti, uno realizzato e l'altro non portato a termine, di costruzione di una caserma dei carabinieri di Val D'Agri, e della sede centrale del- l'Inail di Avellino. Il- centro' deiririchiesta che ha portato agli arresti di ieri riguarda l'Inail stessa, il suo direttore generale finito in carcere, Alberigo Ricciotti, insieme con - un altro imprenditore. Luigi Sparaco, e a uno dei tre faccendieri-intermediari della prima tranche dell'inchiesta, Emidio Luciani. L'accusa ipotizza che Ricciotti gestiva tutte le scelte e gli appalti immobiliari dell'Inali stesso: centinaia di miliardi di vecchie lire, con tangenti che rasentavano il 6,707o del totale dei lavori. Dalla lontana Basilicata si arriva così in Lombardia, Emilia, Veneto e Toscana. L'inchiesta ricorda in questo - ma potrebbe essere soltanto una suggestione quello che fu il meccanismo degli appalti Anas scoperto dal pool di Mani Pulite. Un meccanismo garantito, protetto, condiviso da imprenditori e faccendieri (e politici). L'Inail potrebbe essere così l'Anas del 2002, naturalmente con le dovute differenze e tare. E pare di capire che il capitolo Inali potrebbe riservare altre sorprese. Ma nella prima tranche dell'inchiesta si indicavano anche altre storie, altri capitoli della corruzione. Uno sicuramente riguarda la gestione degli appalti dell'Eni- Agip, per esempio. In una intercettazione ambientale, infatti, l'imprenditore Antonio De Sio, diceva, riferendosi al pm Woodcock: «Se arriva all'Agip mi fa male... Io mi auguro che questo scemo chiuda la cosa quanto prima, se no sono e... amari...». Quella inchiesta ha già trovato una verifica importante: il Tribunale del Riesame, pur scarcerando alcuni indagati,' ha confermato la validità delle accuse. La sede dell'Inali di Potenza, da dove è iniziato lo scandalo