Giudice di New York dà un altro colpo alla pena di morte

Giudice di New York dà un altro colpo alla pena di morte Giudice di New York dà un altro colpo alla pena di morte Ha stabilito che la sentenza capitale federale non è costituzionale, la parola ora passa alla Corte d'appello NEW YORK La pena di morte negli Stati Uniti è anticostituzionale. Una sentenza come questa, emessa ieri dal giudice federale di Manhattan Jed Rakoff, non si sentiva da anni, e sferra un altro colpo al sistema delle esecuzioni, anche se il suo impatto è limitato e soggetto al ricorso da parte del govemo. Rakoff sta giudicando il caso di Alan Quinones e Diego Rodriguez, due spacciatori di droga del Bronx accusati di aver torturato e ucciso l'informatore della polizia Edwin Santiago il 27 giugno 1999. In aprile il magistrato aveva avvertito il governo federale che stava pensando di esprimersi contro la pena di morte, perché negli ultimi anni troppe persone innocenti sono state condannate, e quindi il sistema non garantisce un giudizio equo agli imputati. Al momento nei bracci della morte americani ci sono circa 3700 condannati, e in aprile l'Arizona ha liberato il centesimo innocente arrivato ad un passo dall'esecuzione, da quando la pena capitale fu reintrodotta negli Stati Uniti nel 1976. Il 16 maggio scorso il procuratore federale James Comeye aveva presentato la sua risposta a Rakoff, invitandolo a rimandare il suo pronunciamento a dopo il processo in corso contro Quinones e Rodriguez. In ogni caso, secondo Comeye, il giudice di Manhattan non aveva motivo di intervenire; primo, perché la Corte Suprema ha già detto che la correttezza del sistema non garantisce la correttezza delle sentenze al cento per cento; secondo, perché tutti gli innocenti liberati negli anni scorsi erano stati condannati dagli stati e non dal governo federale. Rakoff non si è lasciato convincere, e ieri ha emesso la sua censura. Nel documento di 28 pagine si legge che «da una parte, persone innocenti vengono condannate con maggiore frequenza di quanto si pensasse in passato, e dall'altea le prove della loro innocenza emergono spesso molto dopo le loro condanne». Per capire l'impatto della sentenza del giudice di. Manhattan, bisogna chiarire che la pena di morte negli Stati Uniti è amministrata a due livelli: dai 38 stati che la consentono, e dal governo federale. La maggior parte delle esecuzioni vengono condotte dagli stati, e Rakoff non ha giurisdizione su di essi, perché è un giudice federale^ La sua decisione, quindi, riguarda solo i condannati per reati federali, come ad esempio l'autore della strage di Oklahoma City Timothy McVeigh, pro¬ cessati nel suo distretto. Negli ultimi 14 anni il governo federale ha giustiziato 31 persone, circa la metà di quante ne uccidono gli stati ogni anno, e nessuna è risultata poi innocente. L'amministrazione Bush, che col nuovo ministro della Giustizia Ashcroft ha aumentato il numero di processi per la pena capitale, ha già annunciato che farà ricorso. Se la Corte d'Appello federale confermerà la sentenza di Rakoff, il caso arriverà fino alla Corte Suprema, che ha giurisdizione assoluta su tutto il paese. Se la Corte Suprema desse ragione al giudice federale di Manhattan, la sua sentenza assumerebbe davvero un valore nazionale, tanto a livello federale quanto a livello degli stati. E' difficile che la decisione di Rakoff faccia tanta strada, ma intanto ha dato il terzo colpo alla pena capitale nel giro di due settimane. Nei giorni scorsi, infatti, la Corte Suprema ha già vietato le esecuzioni dei ritardati mentali, e poi ha dichiarato che solo le giurie, e non i singoli giudici, possono condannare a morte. ' [p. mas.) li ministro della Giustizia americano, John Ashcroft

Persone citate: Alan Quinones, Ashcroft, Bush, Diego Rodriguez, Edwin Santiago, John Ashcroft, Quinones, Rodriguez, Timothy Mcveigh