Un samba mondiale per il Brasile-record Ronaldo è tornato re di Roberto Beccantini

Un samba mondiale per il Brasile-record Ronaldo è tornato re DOPPIETTA DELL'INTERISTA NELLA FINALE CONTRO LA GERMANIA Un samba mondiale per il Brasile-record Ronaldo è tornato re La Selegao di Scolari ha vinto tutte le partite, vanta il miglior attacco (18 gol fatti) e il capocannoniere della manifestazione Roberto Beccantini inviato a YOKOHAMA Nel 1998: Francia, Brasile, Croazia, Olanda. Quattro anni dopo: Brasile, Germania, Turchia, Corea. Se non è un colpo di spugna, poco ci manca. Il livello tecnico del primo Mondiale asiatico resta modesto anche se ha vinto il Brasile, alla terza finale consecutiva. Germania appena dignitosa, legata com'era a Ballack e Kahn. Il primo era squalificato, il secondo l'ha tradita dopo averla salvata. Neppure i tedeschi ci credevano, convinti che prima o poi si sarebbero imbattuti nell'Italia... Il Brasile si è aggiudicato sette partite su sette. Vanta il miglior attacco (18 gol) e il capocannoniere della manifestazione, Ronaldo (8 gol): per trovare un goleador altrettanto prolifico bisogna risalire all'edizione messicana del 1970 (Gerd Mùller, IO gol). Scottati dalla Waterloo parigina, e reduci da una tribolata qualificazione, i brasiliani hanno covato in silenzio la grande rivincita. Le mie semifinaliste erano Argentina, Francia, Italia, Spagna. Zero su quattro: mi appello alla clemenza dei lettori. Non credevo nel Brasile, troppo condizionato dai muscoli di Ronaldo e dalle lune di Rivaldo. Scolari l'ha disegnato con sano realismo: non era facile assorbire il ko di Emerson. Fondamentale l'ingresso di Kleberson, centrocampista a tutto tondo, una delle rare novità emerse. Ma neppure il Brasile ha brillato. Si è limitato a cavare il massimo dai suoi solisti. Difesa a tre (con Roque Junior protagonista: un altro segno dei tempi) e Ronaldinho interruttore. Le molle sono state il talento e l'orgoglio. Mondiali tatticamente piatti ma eversivi sul piano gerarchico. Francia, Argentina e Portogallo fuori nella prima fase, Italia negli ottavi, Spagna nei quarti. I campioni uscenti hanno pagato l'usura dell'equipaggio e l'infortunio di Zidane. I sudamericani, la stagione logorante di Veron e il fondamentalismo del et Bielsa; i portoghesi, l'eclissi di Figo e Rui Costa; gli azzurri, le scelte e le mosse del Trap, ma anche il ridotto contributo di alcuni pseudo-fuoriclasse (Totti) e gli scandali arbitrali, in questo sotto braccio agli spagnoli. Troppi favori alla Corea, che Hiddink ha fondato sul ritmo; ma anche a Brasile (con Turchia e Belgio) e a Germania (con gli Stati Uniti). Il problema degli arbitri ha invaso il Mondiale e lo ha tenuto in ostaggio sino alle semifinali. La Fifa e Blatter ne escono con le ossti rotte. Altro argomento: la preparazione atletica. Più determinante che mai. I calendari intasati hanno accentuato flessioni e sorprese. Non ricordo partite memorabili; ricordo, viceversa, un ritomo di fiamma per le ali (la Danimarca di Rommedahl e Gronkjaer). Come simbolo, passerà alla storia Ronaldo, ma non il Ronaldo etichetta 1998, il più forte in assoluto, bensì uno che gli assomiglia ma non è quello. Mi auguro che il delirio del trionfo non gli impedisca di ringraziare Massimo Moratti, il presidente che gli ha permesso di allenarsi in campionato al prezzo di uno scudetto smarrito sul più bello (e sul più facile). Lodevoli, in chiave tecnica, i progressi della Turchia, terza: il suo centrocampo mi è parso il più compatto e versatile (Umit Davala, Tugay, Basturk, Emre). Il Senegal ha offerto sprazzi fiammeggianti, ma ancora una volta l'Africa si è arenata nei quarti. Il passo da gigante l'ha compiuto l'Asia, con la Corea: ma senza l'aglio di Moreno e Ghandur non so come sarebbe andata a finire. Il Brasile ha chiuso in bellezza, giustificando il titolo anche, e soprattutto, nelle tappe con Inghilterra e Turchia. L'Italia ha buttato un'occasione irripetibile. Stati Uniti in progresso, Svezia frenata dalla perdita di Ljungberg, calcio latino polverizzato. Un finimondo. Poi, con il Brasile, il ritomo a casa. L'immagine simbolo del trionfo: Rivaldo e Ronaldo baciano la coppa. Esplode la festa brasiliana, mentre cala il sipario sul Mondiale di Giappone e Corea Lo sconforto di Oliver Kahn, protagonista nel bene e nel male del secondo posto della Germania