La carica dei Verdi ferma i Tir al traforo del Bianco di Vincenzo Tessandori

La carica dei Verdi ferma i Tir al traforo del Bianco LA GIORNATA DI LOTTA E' COMINCIATA ALLO SCOCCARE DELLA MEZZANOTTE La carica dei Verdi ferma i Tir al traforo del Bianco Ordini sul cellulare per gli attivisti francesi e italiani: «E non abbiamo finito» Vincenzo Tessandori inviato AL TRAFORO DEL MONTE BIANCO Charlotte è d'accordò. Del resto, sul passeggino inalbera un perentorio: «Non aux Tir». Charlotte ha 4 anni, un viso paffuto, gli occhi grandi e azzurri, i capelli biondi, il berretto da baseball. È la sua prima manifestazione, dice la madre, Anne Lassman. Sono arrivate nella valle di Chamonix all'alba, provenienti da Londra. «Non si poteva mancare: ne va della salute di tutti, anche della sua», spiega Anne che ha spinto la carrozzella dai piedi della sahta fino quasi all'imbocco del tunnel, lungo un pezzo di strada conteso agli autotreni, quasi metro per metro. Ma ieri i camion non si son visti, nessuno ha tentato di forzare il blocco, del resto ampiamente annunciato. Dalla parte ita- ' liana, un'altra micro-manifestante forse concorda con quanto passa per la testa di Charlotte; si chiama Alice, è ima veterana della protesta perché, a 5 mesi, è già alla seconda, assicura la madre Piera Girardi, di La Salle. «La prima volta aveva tre mesi». Insomma, Charlotte e Alice ne avranno di ricordi fra una manciata di lustri. Anche gli altri, ne avranno di cose su cui riflettere: su questa loro guerra disperata al passaggio degh autotreni che proprio ieri dovevano avere via libera sotto la galleria più contestata d'Europa e, forse, del mondo; sull'indifferenza del potere; sulla poco gradevole sensazione, di essere finiti ai margini delle preoccupazioni dei politici. Il fatto è che se, per farsi ascoltare, gli itahani alzano il tono della voce, i francesi urlano. Se dalla parte valdostana la strada è stata sbarrata al curvone della Palud con cento balle di paglia, di là sono i manifestanti a fare diga: 2500 secondo la Gendarmerie; «almeno 5 mila», assicura George Unia, presidente dell'associazione Arsmb, «Per il rispetto del sito Monte Bianco». Anche lui è salito a piedi fin quasi al tunnel e la sua è stata una bella impresa, anche se di mestiere fa la guida alpina: perché è fresco reduce dall'operazione al menisco della gamba sinistra e si trascina sulle stampelle. Ma sorri- de. «Siamo qui per mostrare il nostro viso pulito, pacifico e chiaro. Che cosa voghamo? Che quelli al governo ci ascoltino. Questa nostra non è una rivoluziuone né una sommossa ma soltanto una provocazione». In testa al corteo variopinto sei sindaci con la sciarpa tricolore, bianco rosso blu, e c'è anche Amanda Jolivet, vicesindaco di Chamonix, le guance color pesca, il fiato grosso, gh occhi sorridenti. Stavolta è toccato a lei: il battagliero «maire» Michel Charlet, dice, «è a combattere da un'altra parte». Perché questa «guerra» si fa anche altrove, a Roma come, o soprattutto, a Parigi. «La nostra posizione è. più dura di quella degh italiani», garantisce Amanda. Di qua e di là di una frontiera pallida pallida. Il fatto è che da noi carabinieri e polizia, preoccupati anche di trovare imo spicchio d'ombra dove ripararsi dai sole feroce, osservano le neppure 200 persone, fra cui Dina Squarzino, consigliera regionale, fare la loro protesta: musica «reggae», la diga di paglia, gh striscioni e il più grande, di un verde squillante, grida: «Boicotta Benetton padrone del tunnel», un altro a fianco: «Lunardi Berlusconi falsi preti, il tunnel è sempre 7 metri». Dall'altra parte la gendarmeria si presenta col viso sereno ma con l'equipaggiamento antisommossa. Paul, il gendarme, ha 40 anni, baffi, media statura, taglia extra-lai^e, sembra la pubbhcità di articoli anti guerriglia. Tuta nera, gambali, scudo in plexiglass di forma medievale più largo in alto, elmo con visiera, maschera antigas, fudlone per i lacrimogeni, manette appese alla cintura, manganello. Suda come un dannato e si vede che muoversi gh costa fatica. A cinque metri danzano le jeunes fihes e i ragazzetti preoccupati, come dice un cartello, per r«avenir de nos montagnes». Ci sarà battaglia, Paul? «Ma no, ma no». Non c'è battaglia, nessuna violenza, è la parola d'ordine e quelli con la tuta bianca e fascia gialla sul braccio con scritto «servizio d'ordine» tengono gh occhi aperti: non si scherza su certi principu. I gendarmi fanno cordone tenendosi per mano come i giocatori di certe nazionah di calcio: nessuno tenta di forzare quel contro-blocco. Tensione solo quando un'auto urta una manifestante: niente di serio, per fortuna. E a mezzanotte, quando una troupe della tv belga tenta di entrare nel tunnel con un camion per filmare il passaggio «del primo Tir». La faccenda non garba ai francesi, memori che la tragedia del 24 marzo '99 fu provocata proprio da un camion belga. Qualche parola accesa, poi Jean Paul Trichet, dell'as- sedazione dei familiari delle vittime, commenta: «Che questi siano belgi è una cosa che fa star male». Il Tir è bloccato, una gomma bucata, 0 carico (pallets di legno) tirato giù e bruciato. Poche ore dopo il bisonte belga, ormai vuoto, inverte la marcia, sembra in direzione del Fréjus. La verità è che si sorride molto ma non si scherza su niente. Anche se la strada, dalla parte francese, viene sbarrata con massi, cartelli stradali sradicati e rami spezzati. Cose di poco conto, la via (ma non il tunnel) toma libera a sera. «Il fatto è che da questo traforo dovrebbe passare un serpente continuo di Tir, il doppio di quanti ne passavano prima della tragedia», osserva Alex Glarey, del Social Forum di Aosta. Ed Edoardo Zanchini, responsabile nazionale Trasporti di Legambiente, rincara: «Il ritomo in massa dei Tir nel tunnel del Bianco è frutto di una decisione senza senso, in tre anni di chiusura non è stato fatto nulla per risolvere realmente il problema del traffico merci attraverso le Alpi». Il Wwf ci aggiunge del suo, sottolinea «lo squilibrio gomma-ferro» e individua 0 problema, almeno in Italia, nel fatto che (di 650Zo del trasporto merci avviene su strada, il 190Zo sulle vie d'acqua e il 160Zo per ferrovia». Stefano Lenzi, responsabile deh «Unita istituzionale», butta lì che «dal '90 al '99 il traffico merci transalpino su gomma è aumentato dell'85%. Bisogna togliere subito le merci pericolose e infiammabili dalla strada, a partire dal Bianco, e trasferire i Tir e le merci sui treni». Daniel Volpi della Sncf all'imbocco francese della galleria parla di un «collettivo franco-svizzero, una ferrovia già esistente capace di assorbire gran parte del traffico. C'è il progetto, la spesa sarebbe di 400 milioni di euro, ma non si vuol far nulla perché tutti i denari sono assegnati aUa Lione-Torino». Una giomata di lotta sotto il sole cominciata quando è scoccata la mezzanotte. Prima una veglia di resistenza, come la chiama Glarey, poi allo il blocco. Cinque camion dovevano passare, gli ambientalisti si sono sdraiati sulla carreggiata, ma sono stati portati via di peso. Nora Gallieni, portavoce dell'associazione difesa del Monte Bianco che coordina la protesta sul versante italiano (e si tiene in contatto via cellulare con Unia e i verdi francesi) racconta: «Uno degli autotreni, tardato in Italia, è entrato nel tunnel senza passare sotto il portale termografico». Il fatto è smentito dalla società che gestisce il traforo. Come si vede, il Manzoni aveva indovinato quando asserì che la verità non è mai da una parte sola. È il tramonto di una giomata di protesta ma «la lotta continua», avverte un nostalgico subito appoggiato dalla Gallieni. Ancora manifestazioni, anche a scacchiere. Dalla Francia filtra l'indiscrezione che non saranno tollerate nuove manifestazioni: chitenterà di bloccare i Tir verrà arrestato. Ma tutti sono d'accordo ad andare avanti, anche Charlotte. Un camion belga tenta di entrare, per primo I parenti delle vittime del '99 si ribellano «Proprio i belgi no» La protesta degli ambientalisti all'ingresso italiano del traforo del Bianco

Luoghi citati: Aosta, Europa, Francia, Italia, La Salle, Londra, Parigi, Roma, Torino