Al mercato delle «armi sporche» dove l'obiettivo è il panico

Al mercato delle «armi sporche» dove l'obiettivo è il panico IL SUPERMARKET DEL CAUCASO Al mercato delle «armi sporche» dove l'obiettivo è il panico Secondo l'Agenzia per l'energia atomica di Vienna, più che morti possono seminare la paura. Nativi: l'Italia non è affatto preparata retroscena Jacopo lacoboni TOKYO 1995, la setta Aum Shinrikyo diffonde gas sarin nella metropolitana, dodici persone muoiono, migliaia vengono intossicate. Novosibirsk 1997, un'ispezione nel laboratorio locale (l'unico in Europa a custodire ceppi come vaiolo. Eboia, febbri emorragiche) lo trova semiabbandonato, gli scienziati sono spariti, l'impianto è custodito da un pugno di guardiani che arraffano quello che possono. Chicago 2002, l'Fbi ferma un americano di nome José Paàilla convertitosi all'Islam e ai rudimenti del «piccolo chimico»: secondo l'intelligence stava preparando una «bomba sporca» da far esplodere a Washington. A detta di Abel Gonzalez, direttore dell'Agenzia per l'Energia atomica di Vienna (laea), una bomba radiologica diffonderebbe sicuramente la paura di massa. Farebbe anche un alto numero di morti o intossicati? Meno probabile. Gas, batteri, «atomiche dei poveri»: nel supermarket degli orrori si scopre l'altra faccia della globalizzazione, «le armi "sporche" produ- cono soprattutto paura». La «riflessione serena» del ministro Martino le evoca tutte: parla esplicitamente di «attacchi di tipo batteriologico», ma implicatamente anche radiologico, «il terrorismo può colpire con strumenti modesti e armi improprie». Il piano d'azione del ministro della Sanità, Girolamo Sirchia, introduce a chiare lettere le armi radiologiche tra i nemici da cui guardarsi con più attenzione. José Padilla un effetto l'ha prodotto già: oltre che di batteri, virus e gas nervini di ultima generazione (il sarin, o il micidiale vx), l'ultimo incubo nella psicologia di massa occidentale è la dirty bomb. Siamo pronti, in Italia, a fronteggiare minacce così? Occoirono esperti di esplosivo oppure psicanalisti? La «bomba sporca» è un dispostivo rudimentale, usa materiale nucleare (facile da trovare sui mercati caldi delle repubbliche caucasiche e sulle frontiere slabbrate della ex Unione Soviatica) assemblato con esplosivo convenzionale: l'eventuale contaminazione delle vittime dipenderebbe dalla quantità radiattiva utilizzata. Il danno più grave possono causarlo l'esplosione (convenzionale), o la difficoltà della successiva decontaminazione. Gli elementi atomici più richiesti sul mercato nero - cui anche le parole di Martino facevano riferimento - sono il cesio-137 e il cobalto-60, tutti e due usati in contesti industriali (per esempio nei trattamenti anticancro). Poi c'è l'uranio arricchito: a metà degli Anni Novanta più di mille libbre sufficienti per consentire ai terroristi di costruire più di venti armi nucleari - giacevano totalmente prive di protezione in Kazakhstan. Riconoscendo il pericolo, l'amministrazione Usa le ha comprate e collocate al sicuro a Oak Ridge, Tennessee. E in Europa? Non risulta che nessun paese abbia fatto qualcosa di simile. Naturalmente, le armi che Martino ha chiamato «improprie» (cioè le «armi di distruzione di massa», anche se per la «bomba sporca» gli esperti preferiscono parlare di «armi di dislocazione di massa») comprendono anche le arcinote chimiche e batteriologiche: dallo spauracchio antrace al vaiolo, che può essere studiato ad Atlanta e rubato, si diceva, a Novosibirsk. Ha lasciato intendere il ministro della Difesa che in materia «non abbiamo ancora un grado di preparazione adeguato» : ammissione tanto onesta quanto, a una prima ricerca, plausibile. Secondo Andrea Nativi, direttore della Rid (Rivista Italiana di Difea), bisogna sperare che un attacco così non arrivi mai, perché «noi non sapremmo da che parte cominciare per difenderci». La Svizzera già dal 95 (l'anno dell'attentato nel metrò di Tokyo) s'è dotata di un sistema di protezione della popolazione civile e ha rafforzato strutture, procedure, mezzi. Noi, dice Nativi, niente. «Il poco che c'è si deve ai militari, oro almeno hanno dei reggimenti Nbc (nucleari, batteriologici, chimici, ndr.) per la protezione dei soldati». I civili? «Le ripeto: speriamo che un attacco così non arrivi». Il mercatino «virus&batteri» ha prezzi più stracciati e diffusione più capillare della dirty bomb: in Asia Iran e Iraq coltivano (e vendono) di tutto. Ù Darpa americano l'Agenzia per i progetti avanzati di ricerca e di difesa) ritiene che 17 paesi posseggano armi chimiche a biologiche - tra loro Cina, Corea del Sud, Cuba, Russia, Sudafrica e la tesi fa il paio con quella sostenuta ieri da Martino (bisogna indagare «dal Sud-Est asiatico al Kashmir, dall'Asia centrale al Medio Oriente, all'Africa, ai Balcani»). Il ceppo dell'antrace è reperibile anche su Internet: basta solo saperlo cercare. Cesio-137ecobalto-60 sono scarti industriali diffusi Per l'uranio arricchito basta andare in Kazakhstan Tra i virus temutissimo il vaiolo: potrebbe esser stato trafugato a Novosibirsk

Persone citate: Abel Gonzalez, Andrea Nativi, Aum Shinrikyo, Girolamo Sirchia, José Padilla, Nativi