La Fallaci, la Corea, Bove Ecco I nuovi «miti celtici»

La Fallaci, la Corea, Bove Ecco I nuovi «miti celtici» LA^RWTRTC^RATTÀT/^GflWE 0NA «SOfflEÌEiAI^PAWA^ La Fallaci, la Corea, Bove Ecco I nuovi «miti celtici» «Gli islamici vogliono l'S per mille? Gli daremo il mille per mille di calci» «Il no global francese si batte contro le multinazionali, proprio come noi» reportage Brunella Giovara inviata a PONTIDA SE mai venisse qui, l'accoglierebbero come una regina. Regina celtica, s'intende. E forse le darebbero anche una corona, o almeno le presterebbero un elmo dotato di coma (celtiche). Perché Oriana Fallaci, che vive le mille miglia lontana da questo prato di Pontida sacro alla Lega, della Lega ha capito tutto. E da ieri ha tutti 1 tìtoli per diventare una vera «sorella padana». Anzi, una nuova dea del Walhalla-leghista, come spiega l'eurodeputato Boi^ghezio che così la benedice: «Descrive gli islamici come noi li vediamo»'e ba il solo torto «di chiamare le cose con il loro nome». Cioè: «Visto che vogliono l'S per mille, noi ai clandestini bastardi gli diamo il mille per mille di calci in culo!». E anche: «Padania libera, senza bastardi trai coglioni». Linguaggio crudo, ma efficace (quello di Borghezio, qui presentato come «il carrarmato della Padania»). Idee chiare (quelle della Fallaci), ma così chiare che «la Francia ha mandato sotto processo il suo libro», anche se «la prima udienza si è risolta con ima difesa della libertà di stampa», spiega Borghezio alla base. La base però si interroga: «Chi sarebbe 'sta Fallaci?». Uno di «Bérghem» (in italiano, Bergamo) spiega che lei ha scritto un libro «sui marocchini che sporcano Firenze. Tutto parte da lì. Insomma, 1' 11 settembre, no?». Ignora (e Borghezio sul punto sorvola) che la Fallaci definisce Bossi «il troglodita dalla camicia verde». Ma che importa? Oriana è una di noi, nel senso dei padani. La sua rabbia e il suo orgogbo sono assolutamente «nostri», e così ieri ha ricevuto la benedizione di Borghezio e ora siede accanto a tutti gli altri eroi della Lega. Alberto da Giussano, come è naturale. E «la nostra cara vec¬ chia amica: la mucca padana», si commuove Borghezio. E la nazionale della Corea del Sud, capace di battere l'odiata squadra italiana e perciò accolta nel Walhalla: «E poi dicono che siamo razzisti... Forza Corea del Sud! Noi tifiamo per tutte le squadre del Sud», e anche questo è un segno dei tempi, assieme al saluto di Angela Maraventano, segretario della Lega Nord di Lampedusa, Sicilia. E il povero Bove? E' l'unico francese rimasto nel cuore dei leghisti. Gli altri («Vergogna Francia! sei solo capace di tradire») hanno ingiustamente processato il libro della Fallaci, e ingiustamente «messo in galera un coraggioso come Bove, che si è battuto da solo con i suoi contadini contro le multinazionali». E poi c'è anche il leader olandese Pym Fortuyn. «Un eroe della nostra battaglia» (anti immigrazione). Peccato che la Lega a Fortuyn non piacesse affatto, e cercasse piuttosto un contatto con Forza Italia. Ma Fortuyn è morto, e invece la Lega è viva e sopporta stoicamente 40 gradi di caldo e l'umidità tropicale e bergamasca del pratone di Pontida. Si celebra il rito dell'orgoglio padano, nel grande happening di inizio estate, ruspante e sudato come tradizione comanda. Con la mano sul cuore e il «Va' pensiero» sulle labbra, seguendo il canto della piccola Jessica Falcieri, 12 anni, chiamata ad esibirsi sul palco insieme agli altri bambini (la maggioranza dei leghisti però non riesce ad andare oltre le «ah dorate», proprio come gh itahani). Ma basta il cuore, come spie- ga il capo della Lega emiliana, Gianluca Tini: «Su questo terreno fa caldo, ma non viene dal tempo, bensì dai nostri cuori!». Basta un paio di coma celtiche sulla testa, appunto, che oltretutto riparano la zucca dal sole. Basta la classica maglietta «Roma ladrona», per sentire di appartenere alla Padania. O quella nuovissima «Immigrazione: alleati non rompete i coglioni». Basta mormorarlo, il «Va' pensiero», perché «il nostro inno nazionale è bello e coinvolgente», arringa Borghezio. Quello di Mameli invece «porta sfiga», con buona pace del presidente Ciampi: «Lo hanno cantato una volta e la loro nazionale è affondata». Si mangia e si beve a rischio congestione, e solo cibi doc padani (piadine, spiedini e assaggi di polenta taragna). E con una pinta di birra in mano, si riflette meglio sui tanti motivi della rabbia leghista. Uno, il più semplice: il sacro prato potrebbe sparire (di fatto è già dimezzato da un supermarket), e far posto ad una strada. Così ha deciso il Comune di Pontida (dove ha vinto una lista civica di centro). «Te la diamo noi la strada! Qui è nata la storia e non sarà un ignorante o una combriccola di ignoranti ad espropriarci», tuona Bossi dal palco ali indirizzo del sindaco nemico (Gabriella Donadoni, per sua fortuna assente). E ai suoi: «Sveglia! Ho dovuto sapere questa novità da terze persone. Sveghatevi perché questo non è un problema urbanistico, ma di libertà. Vogliono farci stare zitti!». Sveglia, sveglia, e intanto si invoca il famoso vento del Nord, che almeno rinfreschi un po'. «Oggi è il giomo più caldo degli ultimi cinquant'anni», commenta consolatorio Bossi. «E tu sei il nostro salvator!», sventola un cartello innalzato dalla prima fila. «Mameli porta sfiga, l'hanno cantato una sola volta e sono usciti dal mondiale» Il sindaco taglierà il prato con una strada? Qui sopra due giovani padani «tifano» per la Corea del Sud, a destra Mario Borghezio solidarizza con il no global francese José Bove