KABUL Gli islamici rialzano la testa

KABUL Gli islamici rialzano la testa i SIGNORI DELLAGUERRAAFGHAWI VOGLIONO m POTERE CENTRALE DESOLE KABUL Gli islamici rialzano la testa reportage KABUL LALoya Jirga è come torrente carsico che scompare e ricompare all'improvviso. Sembrava che Hamid Karzai fosse riuscito a mettere tutto e tutti a posto, con una vittoria plateale, ma ecco che ieri tutti i problemi sono riesplosi in un'assemblea tesa come ima corda di violino, inquieta e recalcitrante. Fino alle spintonate, ad accenni di rissa che hanno costretto il ministro dimissionario degli Interni, il tagiko Qanuni, a intervenire per sedare le tensioni. Il fatto è che la votazione di Karzai non rappresenta questa assemblea, che pure l'ha prodotta. Perché ci sono molti -che ritengono che il voto sia stato tutt'altro che libero, che sia stato contrattato dai grandi capi etnici, ma mal digerito dalla «base». Così adesso scoppia la richiesta di garanzie: ti abbiamo eletto, adesso ci devi dare in cambio ciò che ci è stato promesso. E quello che è stato promesso era un governo trasparente, che non fosse soltanto il frutto di negoziati segreti. Insomma una parte cospicua di questa Loya Jirga. vuole che Hamid Karzai presenti la lista del suo governo prima della chiusura dei lavori. E non vuole, risolutamente, che il nuovo presidente, congedata la Loya Jirga, fatto nominare un Parlamentino di 111 membri che gestiranno l'ordinaria amministrazione, tutto composto di suoi fedeli, agisca poi nel prossimo anno e mezzo come un prò console dotato di poteri assoluti e senza controlli da parte di chicchessia. Ecco perché riemergono le fazioni dei mujaheddin, i residuati (ma forti e danarosi) dei «sette partiti» di Peshawar, dei tempi della guerra contro i sovietici, che vogliono monopolizzare la discussione. Soprattutto vogliono che lo Stato afghano che si sta componendo sia islamico, il più possibile fondamentalista. Una delegata non identificata si alza per gridare che «le fazioni hanno sequestrato il dibattito». Un'altra delegata, Mahba Noor Zai, di Kunduz, dice che i non mujaheddin non sono liberi di parlare perché in ogni villaggio sono i mujaheddin che comandano e chi-ha il coraggio di tornare dopo averli criticati? Vero o non vero che sia, un altro delegato dell'Alleanza del Nord, un tagiko, Fahim Dashti, si alza a parlare per confermare con i mujaheddin sono oltre r8007o dell'assem- blea, ma è giusto che sia così, perché sono loro ad avere difeso la sovranità nazionale contro l'invasore. Il nervosismo cresce a vista d'occhio. Un delegato attacca veementemente il Pakistan per le sue passate ingerenze negli affari intemi afghani, ma viene violentemente rimbeccato da più parti. Si sentono grida come queste: «Smettila, non è il momento di offendere i nostri vicini». Gli viene tolto il microfono tra le proteste sue e di altri. Poi arriva un delegato del Nord (tagiko) che accusa re Zahir di avere tradito il paese restandosene nei lussi di Roma, e un altro (pashtun, del Sud) lo accusa di tradimento per essersi arreso a Karzai. Scoppiano tafferugli brevi e sia ringraziata l'efficienza dei metal detector all'ingresso, che ha scongiurato il peggio. Poi riprendono i lavori, con l'evidente nodo irrisòlto della composizione del governo, ancora sconosciuta. Circolano voci che Karzai confermerebbe quasi tutti gli attuali ministri, salvo Qanuni, che diventerebbe il suo consigliere diretto per la sicurezza nazionale (il modello di amministrazione pare interamente copiato da quello americano). Al suo . posto, al ministero degl'Interni, andrebbe un pashtum. E basta essere stati un'ora dentro quel ministero per capire che tutti gli ufficiali, dal primo all'ultimo sono tagiki, e un pashtun fedele a Karzai avrà la vita difficile in quel posto. I tagiki conserverebbero anche il ministro della Difesa e quello degli Esteri, ma qui la situazione diventa più ingarbugliata e le voci sfumano in chiacchiericci. Kabul conserva gelosa i suoi misteri. Si vedono soltanto i movimenti sotto il tappeto, ma non è facile capire chi si muove e per andare dove. I pashtun, l'etnia maggioritaria, sono divisi come forse non sono mai stati in tutta la loro storia. Almeno tre correnti di fondo si agitano l'una contro l'altra, o sfiorandosi e dividendosi dopo avere fatto convergenze tattiche. Ci sono i pro-Karzai, e ci sono i pro-Zahir Shah, tutti sotto l'ala protettrice di Washington, ma con diversa intensità d'affetti. E lo si vede ad ogni pie' sospinto. Ma ci sono anche i pasthun pro-taliban, in gran parte assenti da que¬ sta Loya Jirga, ma potenti, influenti nelle zone di tutto il Sud e dell'Est. Quelli non hanno cambiato idea, e sono pronti ad appoggiare qualsiasi variante fondamentalista islamica che venisse loro presentata. Tra di loro, comunque, mille sfumature, e ci sono anche pashtun che sono con gli americani nella caccia a Omar e a Osama, ma sono ostili a Karzai. E, anche da questa Loya Jirga democraticamente molto claudicante emergono altre convergenze inedite. La famosa Alleanza del Nord, che l'anno scorso gestì la cacciata dei taliban con l'aiuto determinante degli Stati Uniti, è ormai un residuato bellico irriconoscibile. Gli hazara e gli uzbeki stanno convergendo in alleanza con le fazioni pashtun pro-americane (Karzai e Zahir Shah). Perché? Evidentemente per indebolire l'influenza dei tagiki nel governo. I tagiki fanno paura a tutti perché sono i meglio organizzati. Non è certo per caso se gli Stati Uniti hanno già deciso (e non perdono occasione per farlo sapere) che saranno loro direttamente a riorganizzare, anzi a ricostituire, l'eserci¬ to nazionale afghano. Solo che, in questo momento, sono i tagiki ad avere cominciato l'opera, e non sarà agevole staccarli da questa incombenza. Su un fronte completamente diverso si nota la convergenza, altrettanto inedita della precedente, tra i «signori della Guerra» delle diverse etnie, tutti ugualmente interessati a garantirsi un potere centrale debole. E' così che i capi mujaheddin tagiki, uzbeki, ma anche pasthun, quelli che hanno le armi in pugno - e sono tanti - spingono per ottenere il riconoscimento formale del loro status di eroici combattenti per l'indipendenza nazionale, e il controllo sostanziale del traffico della droga che passa per i loro territori. Un governo centrale forte, che li sostituisca nelle funzioni di vigilanza territoriale privata, che li costringa a regole definite e valide per tutti, significherebbe la fine dei loro introiti favolosi e, quindi, quella dei loro eserciti di ventura. A Karzai e a Bush converrebbe chiudere in fretta quest'assemblea sempre più scomoda. Bisogna vedere se glielo permetteranno. Tensioni, spintoni e accenni di rissa allaLoyaJirga l'assemblea dei capodan che chiede al presidente Karzai di nominare i ministri alla luce del sole I delegati della Loya Jirga attendono l'intervento del neoeletto presidente Karzai, ieri a Kabul. Il Consiglio deve scegliere il governo di transizione: un compito arduo a causa delle divisioni tribali Il presidente afghano Hamid Karzai ieri al suo arrivo alla Loya Jirga

Luoghi citati: Kabul, Pakistan, Roma, Stati Uniti, Washington