Poco di buono, nulla di nuovo

Poco di buono, nulla di nuovo Poco di buono, nulla di nuovo UNA volta il romanzo serviva anche a raccontarci la società in cui vivevamo, la sua composizione, le caratteristiche delle singole parti, le speranze e le rabbie che le distinguevano. Ci portavano neUe case dei ricchi e dei poveri e ci mostravano i luoghi in cui abitavano scoprendo lussi e miserie. Ci dicevano come mangiavano, si vestivano, come parlavano; ci informavano sui loro pensieri, sui loro progetti, i loro successi, i loro fallimenti. Questo era uno dei compiti (non il meno importante) del romanzo ottocentesco che ha dato vita alla stagione narrativa più ricca della cultura letteraria (non solo) europea. Cosa sapremmo della società francese tra repubblica e impero senza Balzac? E cosa della Russia degli ultimi Zar senza Dostoevskij? Ma queste sono cose che tutti sanno; le ricordiamo indotti dalla lettura di Un poco di buono di Angelo Ferracuti. Il romanzo (che di un romanzo si tratta) ci racconta la storia di Andrea, un ragazzo che passa attraverso la droga, il carcere, una comunità di recupero, il ritomo a casa, la ricerca (deludente) di un lavoro, il ritomo di vecchie tentazioni, lo sforzo di resistere, finalmente il RECENAnGug ritomo a una normalità appena sopportabile e poi, per un accidente imprevisto (e imprevedibile), di nuovo l'inferno, il delitto, la colpa. Andrea ha una madre sarta, umile e laboriosa, che per amare il figlio le basta sapere che è suo figlio e un padre ferroviere che al contrario •non riesce a perdonarlo per il dolore e la vergogna che gli ha causato. Ha una fidanzata con la quale ha continuato a scriversi ancora per i primi mesi del suo ricovero in comunità e poi ne ha perso i contatti. Di ritomo a casa si tiene lontano dagli amici di una volta che pure continuano a cercarlo e a tentarlo. Finalmente trova lavoro come spazzino (operatore ecologico) comunale e vi si dedica SIONE elo elmi con serietà e forse bisogno di espiazione. Intanto làmadre muore e la fine del suo amore comprensivo e tollerante per il figlio sfortunato suona come anticipazione della rovina che sta per cadergh addosso. Il percorso di Andrea si conclude e si compie il suo destino che è simile a quello di tanti altri ragazzi e giovani che come lui hanno tentato di uscire dalla morsa della droga e poi quan- do sembrava che ci fossero riusciti sono caduti in un nuovo baratro (dal quale non si risolleveranno più). Di quanti di questi casi abbiamo letto sui giornali e di quanti abbiamo esperienza diretta partecipando all'angoscia che ci comunicano tanto più dolorosa in quanto accompagnata dal convincimento che il mondo in cui viviamo, così duro e ingiusto, non consente o comunque non facilita il tentativo di ricmei^ere una volta che si è caduti? Certo non avevamo bisogno del romanzo di Ferracuti per patire di questi stessi pensieri e farci consapevoli di come va questo nostro mondo, le angosce che ci regala e le ingiustizie che rn riserva. Ma allora non si può scrivere (fare romanzo) di quel che già si sa? Si può fare romanzo utilizzando ogni argomento e materiale ma a lui (al romanzo) chiediamo di portarci attraverso quell'argomento (che già conosciamo) verso zone di sensibilità e di conoscenza ancora a noi ignote. Né basta la poesia se questa si riduce a smemoramenti naturalistici del tipo: «Guardò le vette aguzze del monte Vettore... mentre la neve continuava a scendere e i fiocchi vagavano soffici come fantasmi, depositandosi sulle fronde degli alberi e sopra fratte cespughose di lauroceraso ricamandone i profih». In realtà una cosa la ho imparata leggendo questo romanzo: e cioè che oggi si può anche non avere un soldo in tasca eppur continuare a consumare nei bar, avere una macchina, soggiornare in alberghi e addirittura prestare dieci euro. E ora so che questo è possibile nonostante che la mia meraviglia non si plachi come quando mi accorgo che oggi i bambini pur appartenenti a famiglie in preda a povertà assoluta (come spesso capita nelle regioni del Sud d'Italia) sono rosei e ben pasciuti di cibo (anche se maltrattati e sporchi). E che oggi il problema non è più la sopravvivenza (qui in qualche modo te la cavi); il problema è dare un senso alla propria vita sottraendola alla inutilità. Basta questa piccola verità per giustificare un romanzo? RECENSIONE Angelo Guglielmi Angelo Ferracuti Un poco di buono Rizzoli, pp. 232,6 73.00 ROMANZO ANGELO FERRACUTI E LA STORIA DI UN DROGATO; QUANDO UN ROMANZO NON RIESCE A PORTARCI VERSO ZONE DI SENSIBILITÀ E DI CONOSCENZA ANCORA A NOI IGNOTE Angelo Ferracuti

Persone citate: Angelo Ferracuti, Angelo Guglielmi, Balzac, Dostoevskij, Ferracuti

Luoghi citati: Italia, Russia