Arrestato il «pentito» di piazza Fontana di Paolo Colonnello

Arrestato il «pentito» di piazza Fontana DICEVA DI ESSERE IN COLOMBIA, LO HANNO SCOPERTO VICINO A BRESCIA Arrestato il «pentito» di piazza Fontana Il latitante Zorzi lo avrebbe pagato per ritrattare le accuse Paolo Colonnello MILANO Diceva di essere in Colombia, invece era vicino a Brescia. Scriveva di essere pronto a ritrattare le sue accuse su Piazza Fontana, per «un problema di coscienza». Invece, risulterebbe da un'intercettazione, la crisi di coscienza era stata pagata profumatamente dal suo ex amico Delfo Zorzi, condannato all'ei^astoloper la strage alla Banca dell'Agricoltura del 12 dicembre '69, che costò la vita a 16 persone e aprì la stagione del terrorismo. I carabinieri del Kos lo hanno arrestato due giorni fa, vicino a Brescia, dove viveva nascosto frequentando un giro di trafficanti di opere d'arte. È Martino Siciliano, il principale «pentito» di Piazza Fontana, fuggito nel settembre 2000 dall'Italia a metà del dibattimento, il giorno prima della sua presentazione in aula per testimoniare contro Zorzi. Motivo: «Le 600 mila lire al mese che mi passa il ministero sono troppo poche», scrisse due giorni dopo da Zurigo al suo legale, annunciando che sarebbe ritornato in Colombia, dove già aveva trovato riparo negli anni '70 per sfuggire alle inchieste sull'eversione nera che lo vedevano come protagonista degli attentati di Trieste e Gorizia alla fine degli anni '60 e poi della strage davanti alla Questura nel 1974 (un reato per lui ormai prescritto). Una latitanza che s'interruppe nel 1994 quando, dopo essere stato contattato telefonicamente, deci-se d'incontrare il giudice Guido Salvini e il capitano dei carabinieri Giraudo a Tolosa, in' Francia, per confessare le sue «verità». «Vado in Colombia», fece sapere a giudici e avvocati quando sacppo. Invece era rimasto in Europa, tornando più volte in Italia. Poco dopo l'arresto dell'altro ieri. Siciliano avrebbe tentato il suddio, sventato però dai militari. Tra le accuse anche quella di contrabbando di opere d'arte. Ma ad aggravare la svia posizione ci sarebbero soprattutto delle intercettazioni •nelle quali emergerebbe come Siciliano avrebbe ritrattato le sue testimonianze in seguito alle pressioni e ai soldi'ricevuti da Delfo Zorzi. Non solo: dalle indagini sarebbe emerso anche che l'ex ordinovista, ufficialmente latitante in Giappone, dove da anni vive come ricco imprenditore della moda, sarebbe stato più volte in Europa anche recèntemente, precisamente in Svizzera. E proprio in questo paese sarebbe avvenuta, secondo le accuse, la consegna dei soldi a Siciliano. '^ D quale, rimasto in silenzio per circa un anno, il 18 aprile scorso, si. era rifatto vivo'con un nuovo colpo di scena: in un altro fax (arrivato, si disse, dal Sud America), annunciava con un memoriale di essersi pentito di avere collaborato con la giustizia italiana e di voler scagionare Delfo Zorzi: «Sono a completa disposizione per deporre e confermare queste mie dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria italiana e autorizzo la consegna delle stesse ai difensori degli imputati». Una bomba giudiziaria in grado di metterein crisi l'impianto accusatoriodell'inchiesta Che il 30 giugno dell'anno scorso, dopo 32 anni di indagini, processi e depistaggi, era approdata finalmente a una sentenza mandando all'ergastolo, anche se solo virtualmente, lo stesso Zorzi e gli ex ordinovisti Carlo Maria Maggi . e Giancarlo Rognoni. Non a caso i giudici milanesi, nel motivare la' loro decisione avevano ritenuto tutte attendibili le testimonianze di Siciliano rese in- istruttoria, acquisendole al processo. E riguardo la sua decisione di non presentarsi più in aula, scrissero che era evi-. dente l'intervento di «un fatto estemo» in grado di determinare quella scelta e non tanto lo sdegno pr un compenso a suo giudizio inadeguato. Adesso, con l'operazione portata a termine dai carabinieri del Ros, il sospetto dei giudici sembra diventato certezza. H «fatto estemò» esisterebbe davvero e avrebbe un nome: Delfo Zorzi. Con l'arresto di Siciliano, che insie-' me a Digilio contribuì a far luce sulle stragi nere, si sparigliano nuovamente le carte. Un'immagine della strage di piazza Fontana