I discorsi CASA RIINA

I discorsi CASA RIINA I discorsi CASA RIINA retroscena PALERMO Et ancora forte, casa Riina. Questo dicono i discorsi rubati dall'orecchio elettronico, (juesto dice la storia di una famiglia, arroccata ancora in un paese che è ormai un luogo dell'immaginario collettivo, eppure capace di tessere rapporti e di mantenere il cosiddetto «primato» rispetto alla realtà che le ruota attorno. La roccaforte è ancora 11, via Scorsone, nel paese antico, dove le porte delle case espongono U cuore di Gesù e le donne, facendo appena capolino, ricamano osservando l'esterno come fosse un film. Abita lì, la signora Ninetta Riina. A due passi anche dalla sua famiglia d'origine, 1 Bagarella. Ninetta è sorella di Leoluca, l'irriducibile che non fa mai parlare di sé. Quanti ricordano ancora l'esistenza del boss, che - raccontano i boatos mafiosi - era capace di uccidere un uomo solo perchè riteneva di aver ricevuto uno sguardo torvo? Già, Ninetta. Se ne sta chiusa in via Scorsone, abitazione dignitosa e modesta, concentrata nella difficile gestione di un nucleo familiare che le si sfalda sotto gli occhi, giorno dopo. giorno. Eppure lei non pare rendersene conto. Tutto sembra scivolarle addosso come pioggia sull'impermeabile. Parla, parla coi figli. Parla con gli avvocati, fa la.pendolare con Palenno solo perchè lì-sta il palazzo di giustizia. Pensa, escogita, agisce come se fosse stata investita della «superiore missione» di conservare il sacro fuoco della «famiglia» ter tramandarlo senza (uspergierlo. Il patrimonio di casa Runa; Non ostenta sfarzi, Ninetta. In paese la vedono poco, a differenza dei figli maschi che, quando non erano ancora stati raggiunti dalla «disgrazia», intrattenevano una intensa vita di relazioni, tra pub, localini e amicizie collaudate dalla passione per auto e moto. No, Ninetta preferisce casa sua. Niente a che vedere con la villa che oggi è diventata scuola, per effetto del sequestro dei beni. Quella si che sarebbe stata una residenza adeguata. E invece in via Scorsone non c'è l'ascensore privato. Mancano i tre piani coi marmi e il passamano di legno pregiato, i bagni con le maioliche, le cucine all'americana, i balconi lunghi ingentiliti dai gerani. Quella doveva essere la casa del boss. Poi andò come andò, e il padrino finì all'ergastolo. Neppure 24 ore dopo, Ninetta tornava a Corleone coi figli. Quattro, nati in clandestinità ma)con tutte le garanzie che può dare la clinica Noto, il miglior ospedale privato di Palermo. I figli sono il chiodo fìsso di Ninetta. Ha cercato di tirarli su all'antica: scuola, a messa ogni domenica, tutti a \tavola, a pranzo e a cena. Maria Concetta ora è sposata ed è andata ad abitare vicino alla circdnvalalzione di Corleone. Si era diplomata ma non non aveva voluto/ continuare. Lucia continua a studiare ed è l'unica che le sia rimasta accanto, perchè Giovanni e Giuseppe Salvatore stanno in carcere. Il grande, Giovanni, accusato dì omicidio e già condannato in primo grado. E lei? La signora Riina sembra trovare giustificazione a tutto: per suo marito, «il migliore degli uomini, un padre esemplare», scaricò tutte le responsabilità sugli «infami» che lo avevano ingiustamente, accusato. Lo stesso farà per' . Giovanni e «Salvo». In fondo è una conservatrice, della mafia non rinnega nulla. Ovviamente senza mai nominarla. Proprio «Salvo» ne parla con Giovanni, durante una visita all'Uccìardone, intercettata dagli investigatori. Ninetta parla un po' più del dovuto di una. certa persona, Giovanni, si altera e la ferma, il piccolo. interviene: «Camurria (che scocciatura) che è. La mamma vuole vivere anche di ricordi. E' come i vecchi la mamma fatta, l'hai presente quando i vecchi ti dicono ma tu chi sei, il figlio di zù Turiddu, mii... I vecchi hanno bisogno dì vivere dì ricordi, la mamma sta diventando così». E invece Ninetta, tra un minestrone fresco e una forma di ricotta, è sempre vìgile ed «educa» i figli. Quando Giovanni, sempre in carcere, confida al fratello che «tutto i! discorso della targa di me, di te e qualche altro parte tutto per colpa dì Luca Piraìno» (il riferimento è all'episodio della distruzione della targa in memoria dì Giovanni Falcone), lei interviene ma non per smorzare il rancore che Giovanni tra- smette al piccolo, anzi aggiunge: «Lo stai capendo troppo tardi chi è Luca Piraino», alludendo al fatto rhe quel ragazzo aveva parlato coi carabinieri. Ed aiuta il figlio Giovanni, quando questi impartisce lezioni dì abilità intuitiva a «Salvo». Dice Giovanni, raccontando l'esperienza del carcere coi «palermitani»: «Stando in mézzo ai palermitani, o impari o impari». La madre interviene: «Sono tremendi». E' presente anche la sorella Maria Concetta: «Hanno fantasia». E ancora Ninetta: «Ne sa Una più del diavolo, dice tuo padre». E impara, il secondogenito. Tanto da rivendicare tutta la contrarietà della «famiglia» al progetto di dissociazione di alcuni mafiosi detenuti: «Noi purtroppo siamo di quelli all'antica, noi .ci mangiamo la galera». Da dove viene tanta determinazione? Sentiamo cosa dicevano i Riina, a colloquio con Giovanni il 14 febbraio del 2001. Ninetta: «Ah Gianni; l'hai sentita la nuo¬ va moda, del 2001?». Maria Concetta: «Dei dissociati». Ninetta: «Dei dissociati, me ne parlava l'avvocato Grillo». Giovanni: «Non mi va neanche di parlarne, perchè non ci credo». Ninetta: «Non sono cose che..." non ci interessano. GU ho detto che ognuno è libero di fare quello che vuole, a noi ci basta questo». Il problema della dissociazione sembra proprio un chiodo. Ninetta: «Ho telefonato (all'aw. Fileccia, ndr.) perchè ho sentito nei giornali tutte ste chiacchiere». Giovanni: «... ma uno che si deve dissociare, intanto deve essere associato a qualche cosa». Ninetta: «Ma vero! Se uno non è associato come si dissocia?». Giovanni aggiunge ironicamente che suo padre non è associato neppure al Milan, «disgraziatamente perchè se no a quest'ora vincevamo». E così «Salvo» "può rassicurare i suoi, amici, che gli chiedono se suo ! padre si dissocerà mai: «Quello se ne sbatte la minchia e dice: 'Perchè un morinu tutti ammazzati come i cani?"». Altra «perla», l'educazione dei figli, il rapporto tra Giovanni e «Salvo». Più d'un ricordo sul periodo immediatamente seguente alla Cattura del padre, le preoccupazioni per le intemperanze del grande. «Siete stati sempre come il secchio e la corda», ricorda Ninetta. Quindi i due, smentendo il luogo comune, quasi litigano per contendersi la leadership e la madre interviene. «Salvo» replica: «Vedi che io vengo dalla scuola... quella corleonese». Ninetta: «Meno male, meno male». «Salvo»: «Oh, mio padre è dì Corleone, mia madre di Corleone, che scuola posso avere?» E Ninetta: «Diglielo!! Sangue puro! I». E del padre, il piccolo Riina, sembra aver ereditato anche la scelta politica, anticomunista. A un amico, con cui parla (marzo 2001) durante una passeggiata in macchina spiega che la magistratura continuerà a condannare «fino a maggio». E poi? «Poi cambia tutta la situazione pohtica», dice l'amico, lamentando le sentenze pesanti solo per ì mafiosi e non per ì politici. «La cosa più importante è che non salgano più ì Soviet». «Salvo» concorda: «Minchia, quelli se ne devono andare a fare in culo... l'importante è che il paese si smonta dalla testa. Partiamo da Roma e poi vediamo quello che c'è da fare». Ovviamente tra i Soviet c'è Pippo Ciprianì, il sindaco (oggi non più) «rosso» di Corleone: «Quel cornuto del sindaco, che ci avissi a scattali a vucca quannu parrà». Lo stesso sindaco che Ninetta accusa di «essersi fatto la campagna elettorale sulla nostre pelle». ' Come sembra diverso il quadretto familiare rubato all'intimità dei discorsi privati, da quello dell'ufficiahtà delle relazioni sociali dei Riina. Al matrimonio di Concetta, nella Chiesa Madre dei parroci, con megarinfresco alla «Schera» di Pian della Scala, c'erano centinaia dì invitati. Una folta rappresentanza della buona società corle¬ onese si tirò a lustro per l'occasione. Toni Ciaravello, lo sposo, era già la «vittima del pregiudizio antiraafioso» che gli impediva di costruirsi un avvenire pulito. Mentre il piccolo Riina, Giuseppe «Salvo», era già il capo di questa banda arrestata ieri, anch'egli camuffato da perseguitato per una licenza non concessa. Un grup¬ po di giovanissimi ed agguerriti impresari dell'appalto pubbhco, rinsaldati da vincoli familiari come quello che lega un altro degli arrestati. Salvatore Riina, classe 1975, al figlio di don Totò, essendo - il giovane sposato con la sorella della fidanzata di «Salvo» e quindi cognato. Un vero stereotipo della mafia. Giovanni parla dei-carcere «Stando con 1 palermitani o impari o impari» Mio padre non è del Milan altrimenti vincevamo» Salvo ha le stesse idee politiche dèi boss Durante le elezioni dice: «L'importante è che non salgano i Soviet» B Nome: Totò Riina iìeoniugato con; Antonietta Batjarelfa : 8 4 figli: Maria Concetta, Giovanni, Giuseppe Salvatore detto Salvo, e Lucìa (nati in clandestinità) B Maria Concetta: figlia maggiore, diplomata al liceo classico di Corleone si è sposata . lo scorso anno con Toni Ciaravello (anche lui sottopostò in passato a misure di, prevenzione) HB9I B Giovanni: dopo aver scorrazzato in paese con la sua moto da enduro, spesso rimarie coinvolto in risse. Dopo scontri più consistenti approda anche lui al carcere B Si.!vo: avvia un'attività commerciale e apre una rivendita di macchine agncole, che deve chiudere dopo la revoca della licenza commerciale. In tv aveva protestato dichiarando di pagare per 8 nome del padre, ieri ranisto LA CARTA D'IDENTITÀ DELLA FAMIGLIA Il boss Totò Riina. Asinistra, Ninetta Bagarella con il figlio Giovanni

Luoghi citati: Corleone, Palermo, Pian Della Scala, Roma