I tre palestinesi: «Siamo combattenti, non terroristi» di Guido Ruotolo

I tre palestinesi: «Siamo combattenti, non terroristi» IL MINISTRO SCAJOLA: «NON RAPPRESENTANO UN PERICOLO PER LA SICUREZZA» I tre palestinesi: «Siamo combattenti, non terroristi» Forse a Roma, sotto scorta. Ma uno, appena sposato, vuol fare la luna di miele Guido Ruotolo ROMA Tutti li cercavano fuori Roma e invece i tre miliziani palestinesi, l'altra sera, erano nel centro di Roma: al Viminale. Infatti, nella palazzina dell'ex Ucigos si è tenuto l'incontro tra Ibrahim Abayat, Khaled Najimeh, Mohammed Atallah e il rappresentante in Italia dell'Autorità nazionale palestinese, Nemer Hammad. I tre erano di cattivo umore e la tensione si è stemperata quando hanno raccontato di essere ossessionati dagli spaghetti al pomodoro, la pietanza che avevano mangiato a pranzo, poche ore dopo essere atterrati a Ciampino. I tre hanno ricordato ai rappresentanti dell'Anp, del Viminale e della Farnesina, con i quali stavano discutendo, che nel corso dei 39 giorni di assedio alla basilica della Natività di Betlemme, i frati francescani avevano condiviso con loro, con tutti i palestinesi rifugiati in quel luogo sacro, le ultime scorte di cibo disponibili. E, naturalmente, si trattava di spaghetti. L'esperienza dell'assedio alla Natività, ha raccontato Ibrhaim Abayat ai suoi interlocutori italiani, è stata molto importante. Abayat fa parte delle Brigate «Ezzedine Al Kassam», l'ala militare del movimento islamico Hamas. Quando i tank israeliani fecero irruzione a Betlemme, si rifugiò insieme a duecento palestinesi alla Natività. Nel corso dei 39 giorni di assedio ha potuto conoscere i frati francescani. «E' stata una esperienza molto importante - ha detto Abayat ai suoi interlocutori - che mi ha consentito di conoscere e apprezzare un mondo a me distante):. Il tempo aiuta a sanare le ferite, le delusioni, a fare accettare una realtà che si presenta diversa da quella immaginata. I tre miliziani palestinesi si sentono dei «combattenti» e non dei «terroristi», e non riescono a capire perché, «esiliati» volontariamente - per rispettare gli accordi internazionali -, si ritrovino «in libertà vigilala». Ma già ieri mattina hanno cambiato umore, hanno iniziato ad accettare che almeno per questa prima fase la loro permanenza in Italia sarà segnata da una vita blindata, protetta, nascosta, controllata. «La presenza di questi tre uomini non è motivo di insicurezza per il nostro paese». Anche il ministro dell'Interno, Claudio Scajoia, ha voluto sdrammatizzare la tensione: «L'Italia e l'Europa - ha aggiunto - pagano un prezzo per contribuire alla pace in Medio Oriente». Anche se Israele ha garantito alla Comunità Europea che rispetterà l'accordo, e che dunque i 12 palestinesi ospitati nei sei paesi della Comunità non dovranno temere di essere bersagli o obiettivi di operazioni militari nei loro con-, fronti, i responsabili del Viminale vogliono comunque tutelare l'incolumità dei tre miliziani da eventuali rischi esterni. Naturalmente, non è solo per questo motivo che si ritrovano in «libertà vigilata». Per i servizi segreti israeliani sono dei «terroristi» che hanno avuto e hanno un ruolo nelle missioni dei kamikaze: la «diffidenza» italiana è, dunque, giustificata anche se, a sentire il ministro Scajoia, oggi i «tre non rappresentano un peri- colo». A ognuno dei miliziani è stata assegnata un'auto blindata e una scorta. Per il momento, si troverebbero ancora nella capitale, o almeno gravitano su Roma, anche se potrebbero aver dormito in una struttura istituzionale protetta alla periferia della città. Ma naturalmente le scarne indiscrezioni raccolte in queste ore, secondo cui i tre cambierebbero frequentemente residenza, potrebbero far parte di un tentativo di depistare i giornalisti e non solo loro. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha ribadito ieri che l'ospitalità dei tre deve essere tutelata dalla segretezza. Ne va anche della credibilità italiana ed è per questo che solo i massimi vertici del Viminale conoscono nel dettaglio i piani del loro soggiorno: i tre miliziani sono stati presi in consegna dagli uomini della Digos romana e dell'ex Ucigos del Viminale. «Dovete aver pazienza, dovete accettare queste limitazioni». Ibrahim Abayat, Khaled Najimeh e Mohammed Atallah hanno capito che, per il momento, non si può ipotizzare un congiungimento con le loro famiglie. C'è però, fra i tre, una «emergenza» che potrebbe portare a trasgredire queste regole rigide: il più giovane dei miliziani, Mohammed Atallah; aveva appena sottoscrit^ to il contratto di matrimonio. E avrebbe espresso il desiderio di poter fare la sua.«luna di miele» qui da noi, in Italia. Anche se si trova in «libertà vigilata». Uno dei tre palestinesi ospiti in Italia s'imbarca all'aeroporto di Larnaca