PROUST non portava l'orologio

PROUST non portava l'orologio PROUST non portava l'orologio «Ritrovare il tempo» è il tema della Fiera del Libro di Torino. Sul rapporto fra la scrittura e il tempo in Proust abbiamo chiesto una riflessione a Giovanni Boglìolo, francesista, rettore dell'Università di Urbino, curatore della «Vita di Marcel Proust» di Jean Yves Tadié in uscita a fine mese per i tipi di Mondadori (pp. 902, « 38,80) IL PERCORSO Giovanni Bogliolo- Ci* E'una trasparente con' notazione proustiana nel claim "Ritrovare il i tempo" adottato quest' anno dalla Fiera del Libro, un'allusione non tanto alla ricerca accanita, laboriosa, a lungo frustrante a cui Proust si è votato, quanto all'appagante conquista con cui si è conclusa. E poco importa che il Tempo ritrovato dallo scrittore non sia quello scampolo di ore o di minuti recuperati nella vita quotidiana al piacere e al dovere della lettura a cui ci richiamano i manifesti della Fiera: in un messaggio pubblicitario la banalizzazione è inevitabile e le appropriazioni più o meno debite sono la regola. Del tempo degli orologi Proust si faceva beffe. Nella sua esistenza aveva sovvertito i ritmi della veglia e di quelle brevi e rare pause di sonno che riusciva a strappare all'asma ed all'insonnia e non aveva remore a presentarsi al Ritz al momento della chiusura o a convocare in piena notte un quartetto d'archi nella sua stanza di malato. Nell'arte, chiamava sciocchi quegli scrittori che contano per giorni e per anni e non capiscono che il tempo, per ogni uomo come per ogni personaggio di romanzo, ha una diversa e primaria scansione e subisce le accelerazioni, gli indugi, le pause e le ellissi imposte da quello che Jean-Yves Tadié ha chiamato il "barometro interiore". Ciò non gli ha impedito di delimitare ad un preciso arco temporale, che va dal momento in cui si sposano i genitori del Narratore e Qdette diventa l'amante di Swann alla matinée dalla principessa di Guermantes, l'evoluzione dei suoi personaggi e di ancorarla ad un tempo storico compreso tra l'Esposizione universale del 1878 e la fine della Prima Guerra mondiale e scandito da eventi pubblici come la visita dello zar Nicola II a Parigi, il caso Dreyfus o i Balletti russi. Ma questi sono solo punti di riferimento necessari per restituire al passato quell'ordine cronologico che la memoria, per sottoporlo alle sue strategie di archiviazione, gli ha quasi totalmente sottratto. Valgono per il tempo della storia e per quello della realtà di cui essa vuol essere - o vuol sembrare di essere - la rappresentazione e creano una rete di interferenze che garantisce l'ef- fetto di reale. Il racconto - e quello proustiano in particolare - ha un ben diverso tempo che non segue una progressione rettilinea ma, tra anticipazioni e cesure, omissioni e riprese, scoperte e digressioni, procede, senza tenere in alcun conto la successione cronologica degli avvenimenti, per asso¬ ciazioni mentali e analogie o affidandosi alle fortuite rivelazioni della memoria involontaria. Sono soprattutto queste ultime - il sapore di una petite madeleine inzuppata nel tè che resuscita il perduto mondo dell'infanzia a Combray, la "piccola frase" di Vinteuil che ha il potere di restituire a Swann i momenti felici dell'amore di Odette, il selciato sconnesso del cortile del palazzo dei Guermantes che fa riemergere intatte l'immagine del battistero di San Marco e la luce di Venezia - a caratterizzare, coi loro cortocircuiti temporali e le loro "estasi metacroniche", la Recherche: ne comandano l'assetto narrativo e, soprattutto, ne costituiscono il senso profondo. E' grazie ad esse che, dopo le inutili e spossanti ricerche nella direzione sbagliata della memoria volontaria, il Narratore - che già in qualche modo si colloca fuori del racconto, in un suo presente sovratemporale - ritrova il tempo perduto o meglio giunge alla esaltante percezione dell' essenza delle cose al di fuori della loro dimensione temporale e, affrancandosi in tal modo dall'ordine del tempo, si sottrae all'imperio della morte. Ma non c'è solo il tempo della storia e quello del racconto, con tutte le anacronie prodotte dal loro passo discordante e con la loro sublimazione metafisica che trasforma una un po' futile ricerca del tempo perduto nella scoperta dell'essenza di un'esistenza. C'è, a monte, non più percepibile se non attraverso i tormentati manoscritti ma depositalo in ogni piega dell'opera, dalla grandiosa architettura al lento e sinuoso respiro della frase, iltempo della scrittura: una gestazione lunga e dolorosa, tanti tentativi abortiti e poi, dopo l'intuizione salvatrice, in angosciosa competizione con la morte incombente, la stesura del testo, anche questa non secondo un moto rettilineo che va dall'inizio alla fine, ma che, da un inizio e una fine concepiti e redatti insieme, si sviluppa a dismisura per concrezioni, dilatazióni e aggiunte fino a creare tra loro tutta la distanza di un affollato, polifonico romanzo. E c'è, a valle, spesso dimenticato ma non meno essenziale, il tempo della lettura, quello senza il quale nessun libro realmente esiste e che per ogni libro assume ritrai e valori diversi. Per un libro come la Recherche questi ritmi sono imposti dal flusso avvolgente della frase, dalla precisione del dettaglio e dalla densità dell'enunciato, in cui spesso narrazione. riflessione e analisi si fondono e sollecitano soste di approfondimento e centellinate riletture. E' un libro per lettori forti, di quelli che non si arrendono di fronte alla mole di migliaia di pagine, e insieme docili, che si lasciano guidare dal Narratore, qui non solo voce narrante ma anche protagonista anonimo, e accettano di sacrificargli quasi per intero la loro autonomia di narratori. Un libro che si dovrebbe leggere almeno due volto: non tanto per la sua intrinseca complessità, ma perché è un libro che racconta la sua genesi e la cui fine costituisce i vero principio. E' dunque, malgrado l'uso improprio ma efficace del suo titolo, il libro ideale per una campagna di promozione della lettura (e anche di quell'offerta di lettura ad alta voce che la Fiera vuol far confluire in una "Banca del tempo per leggere" e l'Università di Urbino ha concretato in un progetto di "Libro parlato" destinato agli studenti disabili). Il libro è uno dei più solidi pilastri su cui poggia la complessa architettura della Recherche. Compare all'inizio, nella celeberrima sequenza del bacio negato, che si conclude con la madre che apre il pacco di libri che dovevano costituire il regalo di compleanno e, seduta accanto al letto del figlio finalmente rasserenato, si mette a leggere al lume di candela Francois le Champi. Ricompare alla fine, ed è ancora quel romanzo di George Sancì, a dare al Narratore la certezza che l'opera d'arte sia il solo, infallibile mezzo per fissare le impressioni extratemporali. Affiora nel corso del romanzo, sotto forma di citazioni, nella figura dello scrittore Bergotte o tutte le volte che un personaggio viene caratterizzato attraverso le sue letture preferite; e se ne avverte la continua, sommersa presenza nel solido ordito di intertestualità - Balzac, SaintSimon, i fratelli Goncourt - che sorregge la trama della Recherche. Ma non ce solo la Recherche. Ci sono le pagine mirabili di Giornate di lettura, che costituiscono, con tutta la suggestione evocativa e la sagace asistematicità di cui sole Proust, conosce il segreto, un vero e proprio trattato di estetica, psicologia, sociologia, fisiologia ed etica di quest'atto fondatore della personalità umana, un repertorio dei molti fasti e dei pochi nefasti - in pratica solo quello che conta tra le sue vittime più celebri don Chisciotte e Madame Bovary - che un libro può compiere, un breviario del buon uso della lettura che andrebbe diffuso e commentato nelle scuole. Ha il pregio di essere breve: può far capire anche ai più refrattari che la lettura possiede "le chiavi magiche che aprono, nel profondo di noi, la porta di dimore in cui non avremmo saputo penetrare da soli" e, chissà, indurre qualche lettore debole o indocile a farsi aprire quella della Recherche. Sl FACEVA BEFFE DI OGNI ORDINE CRONOLOGICO NELLA SUA ESISTENZA AVEVA SOVVERTITO I RITMI DELLA VEGLIA E DI QUELLE RARE PAUSE DI SONNO CHE RIUSCIVA A STRAPPARE ALLASMA ED ALL'INSONNIA NELL'ARTE, CHIAMAVA SCIOCCHI QUEGLI SCRITTORI CHE CONTANO PER GIORNI E PER ANNI E NON CAPISCONO CHE IL TEMPO, PER OGNI UOMO COME PER OGNI PERSONAGGIO DI ROMANZO, SUBISCE LE ACCELERAZIONI. GLI INDUGI, LE PAUSE E LE ELLISSI IMPOSTE DAL BAROMETRO INTERIORE IL SUO RACCONTO PROCEDE PER ASSOCIAZIONI MENTALI E ANALOGIE 0 AFFIDANDOSI ALLE FORTUITE RIVELAZIONI DELLA MEMORIA INVOLONTARIA, COME IL SAPORE DI UNA MADELEINENELTE' CHE RESUSCITA IL PERDUTO MONDO DELL'INFANZIA A COMBRAY OGNI CO A A AUSE CIVA MA VA TANO NNI OGNI GNI CE SE E TERIORE GIE LE ONI l'assetto narrativo e, soprato, ne costituiscono il profondo. E' grazie ad essdopo le inutili e sposricerche nella direzionegliata della memoria volria, il Narratore - che gqualche modo si colloca del racconto, in un suo prte sovratemporale - ritrotempo perduto o meglio galla esaltante percezioneessenza delle cose al di della loro dimensione temle e, affrancandosi in tal dall'ordine del tempo, strae all'imperio della morMa non c'è solo il tdella storia e quello del rato, con tutte le anacroniedotte dal loro passo discote e con la loro sublimametafisica che trasformun po' futile ricerca del tperduto nella scoperta dsenza di un'esistenza. monte, non più percepibnon attraverso i tormmanoscritti ma depositaogni piega dell'opera, grandiosa architettura ale sinuoso respiro della frtempo della scrittura: unstazione lunga e dolorosati tentativi abortiti e poil'intuizione salvatrice, insciosa competizione cmorte incombente, sura del testo, questa non seconmoto rettilineo cdall'inizio alla finche, da un iniziofine concepiti e ti insieme, si spa a dismisuconcrezioni, dzióni e aggiunta creare tra lorta la distanza affollato, polifonmanzo. E c'è, a valle, dimenticato ma non essenziale, il tempoDISEGNO DI ETTORE VIOLA PROUST non portava l'orologio

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